La più grande risorsa naturale Abruzzese è l’ambiente
Il carciofo di Cupello è un prodotto autoctono della zona dl vastese, proprio nel comune di Cupello, e nelle terre limitrofi.
Un territorio dove nel corso dei secoli si è sviluppata una civiltà rurale ricca di tradizione e un notevole patrimonio di prodotti tipici.
Cynara scolymus, questo il nome botanico scelto da Linneo, nel 1753, per designare il carciofo. Cynara è il termine romano, indifferentemente utilizzato per cardo e carciofo; si riferisce, secondo Columella, all’uso di cospargere con cenere (cinis) il terreno destinato a ospitarne la coltura, ma può anche essere un riferimento al riflesso grigio-verde delle foglie.
C’è poi una spiegazione mitologica, con l’immancabile fanciulla dagli splendidi capelli color cenere trasformata in carciofo dal sempre innamorato Giove. Scolymus, termine di derivazione greca, significa appuntito ed allude alla forma allungata dei capolini o alla spinosità delle brattee, le “finte foglie” che avvolgono il cuore del carciofo. Il termine italiano, invece, deriva con tutta probabilità dall’arabo kharshuf, harshuf o harshaf, utilizzato negli antichi manoscritti per designare, anche qui, sia il cardo sia il carciofo.
Questa coincidenza avvalora l’ipotesi che il definitivo miglioramento del cardo in carciofo sia avvenuto solo in età moderna e che i nostri antenati abbiano conosciuto solo versioni semi-domesticate del cardo selvatico.
Fu Serafino Razzi, padre domenicano, a tratteggiare nel XVI Secolo il primo ritratto di Cupello e dei suoi antichi fondatori, gli Slavi Schiavoni. Era sempre stata una terra fertile, quella di Cupello, fin dai tempi dell’antica Roma, una terra talmente generosa che ai guerrieri più valorosi dell’Impero veniva offerta in dono sotto forma di ville, millenarie antenate delle aziende agricole di oggi.
Posto lungo la strada più antica del mondo, la via della transumanza, in realtà il sito di Cupello era già frequentato in epoca preromana, in un tempo dove, lungo i millenari tratturi e diffusamente in tutta la campagna circostante, il Carciofo cresceva, spontaneo o coltivato nell’orto. Dapprima destinato all’autoconsumo e solo in minima parte alla vendita, il Carciofo costeggia tutta la storia di Cupello, come riporta Lorenzo Giustiniani nel suo “Dizionario Geografico – Ragionato del Regno di Napoli”, dove nel 1797 descrisse gli abitanti di Cupello, o Villa Cupello, come “tutti addetti all’agricoltura, e le cui produzioni consistono in grano, orzo, legumi”. Il Carciofo, infatti, seppure coltivato diffusamente, era destinato al consumo familiare. Eppure la pianta del Carciofo era conosciuta in tutta la regione fin dal XVIII secolo. Sempre più abbondantemente coltivato, il Carciofo cominciò a diventare, dopo l’orto e la tavola, anche il protagonista del mercato: in quello di Lanciano, nel XVIII secolo, si potevano acquistare carciofi locali. Infatti in una nota del monastero di Santa Chiara di Lanciano, risalente al 20 maggio del 1757, viene riportato l’acquisto al mercato di alcuni carciofi utilizzati per l’alimentazione delle Clarisse. Dal Catasto Agrario del 1929 si hanno notizie dell’esistenza di carciofaie in produzione nel sessennio 1923-1928. Risulta inoltre che nel comune di Vasto, all’epoca, esistevano circa 19 ettari coltivati a carciofi. La proprietà terriera, nel vastese come anche nel territorio Abruzzese, è sempre stata grandemente frazionata.
Ad eccezione delle grandi aziende agricole dei D’Avalos nel Vastese, sono sempre stati i piccoli agricoltori i protagonisti della storia della terra. Dall’iniziativa diretta dei coltivatori è dipeso il destino della campagna, e troppo spesso le limitate risorse economiche hanno impedito un’adeguata diffusione dei mezzi agricoli meccanici.
Era la fine degli anni Cinquanta e l’inizio degli anni Sessanta intrapresero una coltivazione più razionale del Carciofo, che di fatto chiuse la stagione delle produzioni estensive per inaugurare la felice stagione di quelle intensive, ossia basate sull’impiego di lavoro e mezzi qualificati prima che sull’estensione terriera. Fu così che introdussero la varietà Mazzaferrata, Cynara scolymus L.spp., ecotipo a ciclo tardivo, con maturazione che ha inizio nei mesi di Marzo e Aprile, derivato dal Campagnano, una varietà del carciofo Romanesco. È solo a partire dagli anni Cinquanta che il Mazzaferrata, questa particolare e pregiata varietà conosciuta come Carciofo di Cupello, viene coltivato con sempre maggiore attenzione. E molti altri anni sarebbero ancora passati prima che l’importante “Marchio Collettivo Comunitario”, ne attestasse l’eccellenza.
Incoraggiati dalla crescente diffusione della coltura, gli agricoltori di Cupello decisero di riunirsi in una Cooperativa al fine di commercializzare il prodotto, era il 1961.