L’acqua archibugiata di Avezzano era un antico distillato a base di decine di erbe medicinali raccolte sul Velino e in particolar modo sulla vetta della Majella.
Se ne trova testimonianza nel libro “Viaggio attraverso l’Abruzzo nel 1789 scritto da Carlo Ulisse De Salis Marschlins: «Si deve alle erbe aromatiche di queste sconosciute contrade d’Italia, la preparazione della così detta acqua archibugiata di Avezzano, tanto famosa per guarire le ferite. La nobile signora che mi ospitava aveva l’arte di prepararla alla perfezione; e me ne diede una certa quantità per curarmi alcune ferite insignificanti che mi s’erano prodotte, facendomi prima lavare le parti, e poi legandovi delle compresse ben imbevute della miracolosa acqua.
Queste erbe medicinali famose vengono raccolte sul Velino, e ancora più sulla vetta più alta della Majella; ma però tutta la giogaia di quella zona è rinomata per la produzione di ogni sorta di erbe medicinali, in modo che alla data stagione, è frequentatissima da speziali ed erborizzatori di ogni paese e di ogni regione.
Anche nei tempi più remoti dell’antichità, la giogaia dei monti Marsiani godeva fama speciale per la produzione delle sue erbe medicinali; ed io ritengo, insieme ai comentatori dell’Ostìensis, che la leggenda della Dea Angitia, alla quale si vuole fosse consacrato un tempio in un boschetto nei pressi di Luco, per aver insegnata l’arte di curare le malattie con l’applicazione di certe date erbe, debba essere derivata dall’abbondanza sempre esistita in questi luoghi, di erbe medicinali. E si spiega anche così la nomèa di stregoni che avevano presso i Marsi, gli empirici ed i preti, i quali, in ispecial modo e per i loro fini ascosi, usavano di questa cura primitiva per guarire miracolosamente le morsicature di bestie velenose».