Torna a L’Aquila Marco Bellocchio regista, sceneggiatore e produttore cinematografico accolto da un pubblico di appassionati di tutte le età nella cornice dell’Auditorium di Renzo Piano, sfolgorante, come si deve nelle grandi occasioni. Leone d’argento nel 1967 a Venezia per la regia del film La Cina è vicina. Orso d’argento nel 1991 al Festival internazionale del cinema di Berlino per il film La condanna.
A L’Aquila Film Festival, l’XI edizione, il regista, riservato ma generoso, si concede ai giornalisti ripercorrendo le tappe principali della sua carriera artistica. Regista tra i più anticonformisti della storia del cinema italiano, si racconta con la capacità di raccontare ogni cosa in modo personale e personale è un aggettivo che usa molto spesso. Sono passati cinquant’anni anni dall’uscita de I Pugni in tasca e quella voglia, mai velata, di raccontare la storia e la società da prospettive scomode e mai scontate non sembra dover finire. Dalla prima fase ribelle e antiborghese, Nel nome del padre (1972) alla più recente nella quale affronta con uno stile personalissimo temi molto controversi della storia italiana recente, come il terrorismo Buongiorno notte (2003), dedicato alla prigionia di Aldo Moro e l’eutanasia Bella addormentata (2013), dedicato al caso Englaro. E c’è ancora il rapporto con la madre al centro del suo ultimo film Fai bei sogni tratto dal romanzo di Massimo Gramellini.
Si racconta il regista piacentino a chi lo intervista, Massimo Fusillo, docente di Letterature comparate presso l’Università degli Studi dell’Aquila. Chiede della nostra città, della ricostruzione dopo il terremoto. Parla di forza e fragilità dei suoi personaggi per spiegare il suo modo personale di raccontare la storia. Parla della sua amicizia con il maestro Carlo Crivelli, fondatore dell’orchestra “Città aperta” che a Fossa, piccolo paese a pochi chilometri dal’Aquila, che registra grandi colonne sonore.
Parla del cinema italiano e sottolinea, con interesse, l’emergere di nuovi talenti, attori giovani che nonostante nuove forme di espressione e comunicazione dimostrano di avere una grande passione per il vecchio cinema. L’appuntamento con Bellocchio si chiude con un prolungato ammirato applauso e con un graditissimo arrivederci.
L.P.