Argomento piuttosto delicato quello di cui andiamo ad occuparci in questo capitolo della rubrica “Wellness Revolution, futuro e salute” data la complessità di questi due sistemi adatti sia come coadiuvanti all’attività sportiva sia come valide metodiche nella riabilitazione. Possiamo così individuare per principio i campi di applicazioni di questi sistemi relativamente recenti e cioè sportivo, estetico, terapeutico, preventivo. Soffermiamoci per primo sulle origini di uno degli attrezzi più studiati a livello scientifico e medico a partire dagli studi sulle vibrazioni che il nostro apparato muscolare e osseo ricevono quando camminiamo, compreso anche il nostro sistema circolatorio e articolare: la pedana vibrante.
Risale già al tempo dei greci e dei romani, il fenomeno vibratorio tanto che nel 1912 Snow ne studiò la pratica del massaggio vibratorio che veniva utilizzato nell’antica Grecia per alleviare il dolore, come forma di massaggio e vigore fisico; anche durante l’ impero romano ritroviamo utilizzi nelle classi sociali più agiate. Testimonianze del XVI secolo attestano l’ utilizzo della vibrazione meccanica manuale per il trattamento delle contratture. Fu nei primi del ‘900 che fecero il loro ingresso i primi macchinari vibromassaggianti ma ancora con funzione limitata esclusivamente al rilassamento e riattivazione circolatoria (Brown 1914). Effetti vibratori vennero studiati anche nel campo della medicina del lavoro valutandone gli effetti negativi in caso di altissime frequenze vibratorie con enormi accelerazioni di gravità associate ad una cronicità nelle sollecitazioni, con evidenti conseguenze sulla struttura muscolo-scheletrica ed articolare. Tale e’ la potenza in termini di effetti delle vibrazioni, che lo stesso meccanismo viene usato per generare effetti positivi qualora il meccanismo fisico-meccanico sia controllato. Nasce quindi l’ applicazione terapeutica con sperimentazioni scientifiche a partire dal 1949, per arrivare nel 1956 con Hettinger, a dimostrare come l’ utilizzo di vibrazioni sui 50 hz, permettesse una rilevante crescita della sezione trasversa del muscolo e una diminuzione della massa adiposa.
Si approda così negli ani ’80 alla definizione della stimolazione vibratoria in maniera ritmica neuromuscolare, per il miglioramento delle qualità fisiche, quindi forza, mobilità articolare e capacità motorie negli sportivi. Numerosi quindi gli studi pubblicati in seguito, definendo così vari sistemi di vibrazione come Total Body (vibrazione totale)/VS (vibrazione locale)/Hand Harm (vibrazione mano-braccio), fino ad arrivare ad applicazioni sugli astronauti per le loro missioni spaziali. Fu proprio uno scienziato italiano, il professor Carmelo Bosco che più approfonditamente scoprì che i principi delle vibrazioni potevano toccare anche problematiche legate alla perdita di densità ossea e atrofia muscolare: fu così che la sua equipe, nel 2002 partecipò alla preparazione della missione aerospaziale Marco Polo.
Definiamo ora tecnicamente cosa è una vibrazione ossia una sollecitazione meccanica che da origine al moto, quindi un corpo che descrive un movimento oscillatorio rispetto ad un sistema di riferimento, determinato da tre parametri quali la frequenza in Hertz (Hz), l’ampiezza in mm, l’accelerazione in g. La frequenza ci dà la velocità dei cicli di oscillazioni, quindi il numero di vibrazioni nell’unita di tempo. L’ ampiezza è rappresentata dalle dimensioni di ogni ciclo oscillatorio, mentre l’ accelerazione è il rapporto tra forza peso e la massa sottoposta a questa forza; i macchinari sono in grado di riprodurre vibrazioni controllabili mentre le vibrazioni random sono quelle incontrollabili descritte esclusivamente attraverso calcoli statistici. Si pensi che già nell’impatto del tallone col suolo durante la locomozione, genera un insieme di onde urto lungo tutto il corpo. Nello specifico le vibrazioni controllabili sono date da sollecitazioni meccaniche ad oscillazioni verticali sinusoidali (che si ripetono ritmicamente, con parametri come spazio cioè ampiezza della vibrazione, tempo come frequenza della vibrazione etc. ). I benefici dipendono dal tipo di pedana utilizzata, considerando che ne esistono alla fine 3 tipi: pedana vibrante basculante (con un movimento laterale della pedana), pedana vibrante sussultoria(verticale), pedana vibrante massaggiante. La pedana vibrante si valuta in base alle sue funzioni, ai suoi programmi che rispettano parametri come ampiezza, frequenza, durata. Se dovessimo poi elencare le posizioni più comuni della pedana vibrante, avremo che in tutte le pedane sono utili sostanzialmente tre posizioni.
La posizione in piedi, quella a gambe leggermente piegate e la posizione squat con un piegamento a 90 gradi. La posizione in piedi è la più comune per tutti i tipi di pedane. Con la posizione in piedi e le mani appoggiate davanti o di fianco si riescono a sentire i benefici delle vibrazioni a varia frequenza che la pedana propone. Le vibrazioni salgono per tutta la colonna arrivando al collo ed alla testa. Questa posizione è perfetta per sentire i benefici in tutte le ossa, schiena soprattutto. Se si vuole avere un beneficio anche di rafforzamento delle articolazioni delle gambe, si dovrebbe piegare le gambe di poco per le prime volte fino ad arrivare ad una posizione squat o mezzo squat: infatti quest’ultima posizione è la più difficoltosa, perfetta per le pedane sussultorie, essa è in grado di rafforzare la struttura ossea ed articolare facendo anche un’azione di rafforzamento dei muscoli delle gambe (quadricipiti soprattutto) che stanno già lavorando grazie alla posizione assunta. Ci sono delle controindicazioni sull’uso della pedana vibrante? Con la pedana vibrante solitamente non si parla di controindicazioni perché è stato dimostrato che la vibrazione non porta a complicazioni o controindicazioni.
Quindi la pedana vibrante non ha concettualmente controindicazioni. Bisogna però specificare che se ci si mette a fare degli esercizi scomposti o non propriamente associati alla pedana vibrante possiamo avere dei problemi di varia natura che però non sono riconducibili all’attrezzo di per sé. Ci sono però dei casi in cui le controindicazioni sono di natura precauzionale ed quindi è meglio evitare l’uso della pedana vibrante in gravidanza, evitare per seri problemi cardiovascolari, infezioni, crisi epilettiche, problemi plantari, evitare inoltre se abbiamo una lesione articolare alle ginocchia o alle caviglie ( non in riabilitazione ma una lesione non curata come ad esempio un legamento del ginocchio rotto ma non operato) evitare infine se abbiamo una lesione muscolare (la pedana non è un elettrostimolatore). Quindi possiamo dire che la pedana vibrante per un rafforzamento articolare e muscolare è perfetta: infatti meglio una pedana vibrante perché l’elettrostimolatore è più lento a dare risultati.
Ci vuole pero’ una pedana che sviluppi almeno 2,5 G di accellerazione. La pedana su cui sono stati fatti i primi test, quella su cui nel 1966 il professore Biermann nella DDR fece i primi studi e quella con cui l’ente aerospaziale russo nel 1970 fece lavorare i suoi astronauti, era una pedana basculante. Probabile, ma non è menzionata nel database , in ogni caso il Vibration Training moderno, da cui poi Bosco ha trasferito gli studi in ambito atletico, nasce all’università di Colonia negli anni 90, per cercare di ridare tonicità muscolare ai bambini affetti da “Glass Bone” che non potevano svolgere esercizi di condizionamento muscolare convenzionale, quindi in condizioni tali da non poter sopportare carico articolare. La pedana basculante teoricamente è quindi migliore.
In pratica ha gravi problemi strutturali e di concetto, che grazie agli studi arrivati in seguito, grazie anche a quelli di Bosco, si è ovviato alle problematiche con la pedana VIBRANTE SUSSULTORIA o VERTICALE. Molti pensano che la pedana basculante sia molto meglio della sussultoria dato che ci fa muovere i GLUTEI ( perchè come dicono molti venditori riproduce la camminata): vediamo ora di confutare questa inesattezza.
Il dottor Bosco ha cambiato rotta dedicandosi interamente alle pedane VIBRANTI per eliminare i problemi delle basculanti fondando poi la BOSCO SYSTEM con un prodotto di nome NEMES mentre i suoi primi test erano svolti sulla Galileo, per l’appunto una pedana basculante, ma con problematiche ben note..
Il parametro è solo l’accelerazione, che è dato dall’escursione del piatto e dalla frequenza. Mettiamo 10G di accelerazione, un’intensità elevata. Con escursioni basse per avere la stessa intensità si devono usare frequenze alte sui 50Hz per pedane con escursione di 2,2mm. Con escursioni maggiori tipo 6-7mm a 27Hz si ha la stessa accelerazione. Casomai varrebbe la pena soffermarsi quale combinazione sia quella ottimale, ma non ci sono grosse differenze, tutto sommato.
Prima di tutto gli HZ devono esser precisissimi anche perché si sa che tra i 3 e i 10 sono dannosi, dato che a queste frequenze si mandano in risonanza i nostri organi interni, quindi creando nausee, svenimenti, mal di pancia, emicranie, vomito, mal di schiena. Quindi a favore della pedana VIBRANTE VERTICALE dato che le più serie stanno tra un range di 20 e 50 hz,sopra i 50 hz fanno tanto male, bisogna solo essere ben preparati. Tornando invece all’ argomento elettro stimolazione, fino agli anni passati, essa ha avuto enorme successo per poi scemare pian piano. Osannata dai più per un breve periodo, si sono registrate vendite incredibili, ma l’ utilizzo dello stimolo elettrico probabilmente è stato male interpretato: andiamo per prima cosa a capire meglio come è strutturato un impulso elettrico generato da un macchinario. La nostra pelle non tollera facilmente un tipo di corrente continua perché il suo passaggio determina un fenomeno chiamato elettrolisi di ionizzazione, per questo motivo il suo funzionamento è determinato da un’ onda quadra seguita da un’altra onda quadra ma di segno opposto, con conseguente media elettrica pari a zero per cui nessuna fastidiosa polarizzazione dei tessuti attraversati dalla corrente. La frequenza degli impulsi, condiziona il tipo di fibre stimolato, quindi a frequenze più basse le fibre lente di tipo 1(slow twitch a contrazione lenta), a frequenze più alte le fibre veloci di tipo 2 (fast twitch a contrazione rapida).
Le frequenze di lavoro si attestano quindi dai 25 ai 50 hz per le fibre lente e resistenti, dai 50 agli 80hz per le fibre intermedie, dai 70 ai 100hz per le fibre bianche. Quando un muscolo viene stimolato attraverso l’ elettrostimolazione, il muscolo si contrae anche se l’ impulso non proviene dal cervello, quindi stimolo/uguale contrazione. Tens antalgico, potenziamento, drenaggio, molti campi anche qui dall’ estetica alla riabilitazione allo sport, terapia del dolore..etc. Gli studi scientifici sull’elettrostimolazione seguiti in paesi che vanno dal Canada alla Francia all’Italia, hanno dimostrato come con il muscolo in condizione di isometria contro una resistenza che blocca il movimento articolare, si ottengano i migliori risultati. Durante la seduta il muscolo deve avere una lunghezza a meta’ rispetto al suo capo estremo, facendo attenzione a mantenere l’ arto ne completamente disteso ne completamente flesso, dato che il muscolo completamente accorciato darebbe origine a fastidiosi crampi. L’ applicazione dello stimolo elettrico collegato al muscolo resta vantaggiosa nei casi di allettamento, nelle forme di inerzia forzata, in situazioni post traumatiche e post operatorie contro l’ atrofia muscolare. Inoltre l’effetto terapeutico analgesico delle correnti TENS (transcuteaneous electrical nerve stimulation), risulta essere molto valido nel campo della terapia del dolore.
Diverso invece il discorso se si parla di risposte neuromuscolari, in cui il rapporto elettro stimolazione/risposta muscolare e funzionalità biomeccanica risulta alquanto sfavorevole a differenza di quello vibrazione/risposta muscolare, perché il primo è’ sempre circoscritto ad una risposta locale non prevedendo il coinvolgimento di sistemi propriocettivi, gravitazionali, con effetti a livello tendineo, articolare, osseo, ormonale.(Hennman 1965) ed (Enoka), importanti figure nel campo della neurofisiologia, giustamente sottolineavano il fatto che lo stimolo elettrico, a livello di reclutamento di fibre, non rispettasse i principi naturali in quanto c’ era confusione sul tipo di reclutamento che si verrebbe a generare: se cioè sono prima le ST(fibre lente) o le FT (fibre veloci) a contrarsi, come si realizzerebbe in natura. Ma una grande limitazione è rappresentata dal fatto che il movimento umano rispetta la regolazione degli interventi dei muscoli agonisti e antagonisti, la quale non coincide con i sistemi di elettro stimolazione, in cui la contrazione e’ dei soli muscoli agonisti: l’assenza di una stimolazione dello sistemi propriocettivi andrebbe a svantaggio delle funzioni di coordinazione intermuscolare, così’ come manca un fisiologico allungamento-accorciamento. Possiamo concludere che lo stimolo vibratorio, al contrario, sembri rispettare tutti i principi di neurofisiologia del movimento involontario p(straordinariamente anche una componente attiva nell’ assorbimento di ossigeno a livello muscolare durante la contrazione). Ne deriva che ponendo maggiore attenzione al rapporto tra stimolo meccanico vibratorio e l’uomo, potremmo parlare di una simbiosi insita nel termine biomeccanica come scienza che studia il sistema macchina uomo, poiché è nello stesso termine che si individuano due scienze legate, molto importanti: la biologia(bios/vita, logos/studio) e la meccanica.
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