STORIE DI GUERRA DIMENTICATE – QUANDO MUSSOLINI INTERNO’ I CINESI

Durante il fascismo 167 cinesi sono stati deportati nei campi d’internamento italiani nella provincia di Teramo. Lo rivelano due elenchi sepolti nei faldoni degli archivi dei Comuni di TossiciaIsola del Gran Sasso. Nel 1940 con un decreto regio Benito Mussolini ordina l’internamento di tutti gli immigrati provenienti dai Paesi nemici o non graditi agli alleati italiani (all’epoca Germania e Giappone). Ci sono rom, slavi, ebrei dell’Europa centrale. E cinesi. Almeno 167, stando agli elenchi abruzzesi. C’era un terzo campo a Ferramonti di Tarsia (Cosenza), dove i cinesi sono stati internati in condizioni peggiori, a quanto raccontano le (poche) fonti storiche. Fino ad oggi si è pensato che fossero in tutto 116, così come scriveva nel 1983 Philippe Kwok, autore del libro “I cinesi in Italia durante il fascismo”, finito nel dimenticatoio ma “riesumato” da Lidia Casti e Mario Portanova nel volume “Chi ha paura dei cinesi” (Bur 2007). “È la fonte da cui tutti sono partiti per ricostruire questa vicenda”, spiega Daniele Cologna, ricercatore di lingua cinese presso l’Università dell’Insubria e socio fondatore dell’Agenzia di ricerca sociale Codici, di Milano. È lui che ha accompagnato Terre di mezzo street magazine nella riscoperta di questa storia. A lieto fine, nonostante tutto. Nel giugno 1944, gli alleati hanno liberato l’Abruzzo, dando fine all’internamento. Gli internati erano sistemati in abitazioni e ostelli riconvertiti per l’occasione. Le condizioni igieniche erano dignitose, a quanto riportano le fonti dell’epoca. Le abitazioni erano contrassegnate da uno schizzo del volto del Duce accanto alla porta. Gli internati erano liberi di circolare nel territorio comunale e di lasciarlo dopo aver ottenuto il permesso del podestà. Così, molti, una volta liberi hanno deciso di restare nella provincia, dove ormai si erano integrati. Alcuni si sono anche sposati e hanno avuto figli. La comunità cinese della provincia di Teramo, che conta almeno quattro famiglie, è ormai alla quarta generazione. Di cui le ultime tre non hanno mai avuto contatti con il loro Paese d’origine.

 
 ( Cicchetti Ivan )

 

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