Don Aldo Antonelli: " Dio Onnipotente!"

Ieri sera sono andato a letto molto presto e stanotte, verso le 2,00 ero già sveglio. Girandomi e rigirandomi sotto le leggere lenzuola (le coperte le ho smesse ormai de settimane…), i pensieri si facevano pesanti al punto di alzarmi e mettermi a scrivere.

«Ma perché, mi chiedevo, questa malattia schifosa (quella del carrierismo), che disumanizza e fa star male, stravolge i pensieri e infetta i sogni; perché questo virus devastante trova terreno così fertile presso gli esseri umani, siano essi uomini o donne, preti o  laici?».

Sì, perché la voglia di far carriera, quella di emergere, quella di primeggiare è figlia e madre, allo stesso tempo, di quella mania di grandezza che ha stravolto anche il nostro immaginario oltre a deformare tutti i nostri concetti e categorie di pensiero.

Essa ha colonizzato a tal punto il nostro pensiero e la nostra coscienza al punto di sostituire tutte le nostre categorie, quelle morali (del bene), quelle estetiche (del bello) e quelle economiche e quelle religiose con l’unica categoria che conta, quella che “pesa”, quella che affascina e che ubriaca: la categoria della grandezza. Sostituendo la qualità con la quantità, traducendo in numeri anche i sentimenti. In questo processo di perversione noi credenti abbiamo coinvolto anche Dio, imbalsamandolo nel concetto di “Dio Onnipotente” e coartando il Vangelo del servizio nel suo contrario, “gerarchizzando” i “servi”!

A questo proposito ricordo che in un convegno del 2013, a Romena, Gianni Marmorini ebbe a dire che «nel nostro immaginario Dio è sempre pensato come l’Onnipotente. In realtà la parola ebraica “El Shaddai”, che viene tradotta come “Onnipotente” significa Il Dio del crinale delle colline”, che è un modo per dire il seno di una madre che allatta”. Quando noi diciamo Dio onnipotente, non c’è l’idea della forza del guerriero che vince la battaglie, ma quella di tutte le donne che hanno allattato i figli».

Sollecitato da questo ricordo, ieri ho preso i vangeli ed ho voluto contare quante volte in essi Dio viene chiamato “Dio” e non, come lo chiama Gesù “Padre”.

Volete sapere il risultato?

12 a 166!

Cioè Gesù chiama Dio col nome (volgare e pagano) di “dio” solo 12 volte (6 in Matteo, 2 in Marco e 4 in Giovanni) mentre lo chiama Padre ben 166 volte (31 in Matteo, 1 in Marco, 6 in Luca e 65 in Giovanni).

Diciamocelo chiaro allora, papale papale: l’espressione “Dio Onnipotente” con la quale iniziano spesso le Orazioni liturgiche delle Messe, non è altro che una bestemmia. Già il fatto che Gesù lo chiami sempre Padre, invece che Dio, fa una bella differenza. Cosa vuol dire, per esempio la raccomandazione di Gesù: “Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste” (Mt 5, 48)?.

Essere come Dio è il sogno dell’uomo da sempre. Dio pensato però come espressione massima del potere e forse anche dell’arbitrio. Gesù invece ce lo consegna come figura di quell’abissale debolezza, a cui si condanna sempre chi ama. Il commento di alcuni amici brasiliani della comunità do barrio dal Brasile dice: «Privo di ogni traccia di amor proprio, morto ad ogni ricatto dell’io, pronto, perciò, a spogliarsi di ogni dignità che si consideri offesa, pur di incontrare nuovamente, risparmiandosi ogni giudizio  di condanna o anche il semplice rimprovero, ogni figlio o figlia, che possa essersene allontanato o averlo rinnegato. “Amate i vostri nemici”, come il Padre ama i suoi. Letteralmente. Se no sarebbe alla stregua di un qualsiasi dio pagano». (Fraternitade do Bairro – 17.6.2014)

Non voglio prolungarmi oltre, anche perché vorrei rimettermi a letto, visto che sono appena le ore 3,30. Ma mi permetto di consigliare, a che volesse andare oltre nello studio e nella ricerca, la lettura del bellissimo libro di Carmine Di Sante “Dio e i suoi Volti” Ediz. San Paolo), dove nelle pagine 49-50, scrive: «I capitoli dell’Esodo (4,1-15,21) sono il racconto glorioso dell’onnipotenza divina che trionfa sulla potenza del faraone, realizzando l’uscita (l’ex-odòs) degli Ebrei dall’Egitto. La prima parte del racconto esodico è il racconto dello scontro tra due “poteri”: quello del faraone e quello di Yhwh. Ma non si tratta di due poteri qualitativamente simmetrici, dove l’unica differenza sarebbe quella quantitativa, come nella gara di due belligeranti in cui a vincere sarebbe il più forte; si tratta di due poteri qualitativamente asimmetrici, dove il faraone è la personificazione della potenza come forza, mentre Yhwh è la personificazione del Pathos: negazione della potenza come forza che opprime e svelamento della potenza come forza – la forza della misericordia – che promuove e fa fiorire la vita di chi non ha vita. La potenza di Dio che trionfa sulla potenza del faraone non è la potenza della forza ma della misericordia».

Un abbraccio

Aldo

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