I FALÒ E IL MIRACOLO DI SANT’ANTONIO

di Alina Di Mattia

Narra un’antica leggenda che, durante la notte dedicata a Sant’Antonio Abate, agli animali venga concesso il dono di parlare la lingua degli umani. In tempi passati pare che i contadini si tenessero a debita distanza dalle stalle, poiché udire gli animali parlare era considerato un segno di cattivo auspicio.

In realtà in questo giorno si intrecciano magicamente tradizioni religiose e riti pagani che hanno trasformato la festa del santo in uno straordinario momento conviviale. Intorno a “focaracci” scoppiettanti e fragorosi, nelle più disparate piazze italiane si beve vino e si mangiano granati (grano, mais e farro bolliti) e salami, simbolo di “grascia”, ovvero di abbondanza.

Fara Filiorum Petri – Festa delle Farchie

Una delle tante leggende vede il giovane Antonio mettere in fuga i nemici accendendo le querce e trasformandole in torce, un’altra lo racconta errante nel deserto. Nato a metà del III sec. in Egitto da una famiglia benestante, Antonio lascia tutti i suoi averi ai poveri e vive da eremita nella zona desertica della Tebaide, combattendo, secondo la tradizione trasposta anche nei canti popolari, contro le tentazioni del demonio. Sostiene i cristiani durante la persecuzione dell’imperatore Diocleziano, a tal punto che viene chiamato “padre dei monaci“. Muore ultracentenario il 17 gennaio del 357 d.C. e, per coincidenza, proprio durante i giorni di culto del dio celtico Lug, colui che risorge a primavera, tanto che la fantasia popolare lo ha trasformato nei secoli nel santo protettore degli animali, simbolo di abbondanza e di rinnovamento. La festa di Sant’Antonio Abate è quindi la festa che scandisce il tempo tra la semina e il raccolto, un periodo di purificazione e di rinascita: il fuoco acceso al tramonto per scaldare la terra e favorire il ritorno della primavera, il fragore della legna e delle sterpaglie per propiziare il risveglio del sole a partire dal primo mese dell’anno, la benedizione degli animali domestici.

Lo sviluppo del culto in Occidente fu dovuto invece alla sua fama di guaritore. I malati infatti si recavano in pellegrinaggio nella chiesa di Saint-Antoine de Viennois, in Francia, nella quale erano conservate le reliquie del santo. Qui nacque l’Ordine Ospedaliero degli Antoniani specializzati nel curare quello che oggi si chiama herpes zoster, ovvero il “Fuoco di Sant’Antonio“, mediante un unguento a base di grasso di maiale misto ad alcune erbe medicinali.

Non a caso è usanza portare a casa un po’ di brace del falò, considerata sacra e di buon augurio contro l’herpes zoster e contro ogni male, in onore di Sant’Antonio “lu nemiche de lu demonie“, come cantavano Lino Banfi ed i compianti Franco Franchi e Ciccio Ingrassia in questa chicca televisiva. 

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