LA PRIMAVERA MUSICALE DE “I SOLISTI AQUILANI” LUNGA 60 ANNI

di Amedeo Esposito

 

L’AQUILA – Furono “i Solisti Aquilani” di Vittorio Antonellini che diedero il via, il 21 aprile del 1968, alla “primavera musicale aquilana”, con il loro iniziale concerto nell’Auditorium del Castello cinquecentesco. “Primavera musicale” che ancor oggi va diffondendosi nelle “cattedrali” della musica del Vecchio Continente, fino a giungere, a ottobre scorso, entro la Filarmonica di Berlino. Dove “I Solisti”, con il direttore artistico Maurizio Cocciolito, hanno inaugurato la loro quarantanovesima stagione concertistica che prosegue sì, all’Aquila, ma soprattutto al Teatro Argentina di Roma, al “Carlo Felice” di Genova, al Teatro Sociale di Como, in quello di Sondrio ed ancora Milano, Mestre, BergamoViterbo e da ultimo Venezia, eseguendo i grandi classici della musica colta, da Mozart a Vivaldi, con attenzione particolare al repertorio del ‘900 anche quando il sisma del 2009 fermò la città e serrò tutte le sedi collegate alla cultura.

 

Che cosa fu, se non un lenimento degli animi sconvolti, quel refolo suscitato a “capo piazza” dai violini di due giovani, le cui brevi melodiose note si elevarono al sorgere della luce, pur velata dalla polvere, uscita dalla buia notte del 9 aprile del 2009 di distruzione, di lacrime e dolorose morti della città? Eco certamente della “Primavera musicale aquilana” risorta da subito per la caparbietà degli stessi “Solisti”, dell’orchestra stabile dell’Isa, della Società dei Concerti “Barattelli” e del Conservatorio “Casella”. Tutti, pur privati degli usati luoghi dell’ascolto, proseguirono l’attività dapprima entro l’auditorium della Scuola della Guardi Finanza, poi nel Ridotto del Teatro Comunale, fra i “legni” di Renzo Piano del Parco del Castello e all’interno delle sale della musica del nuovo conservatorio “Casella”. Facendolo con impegno per ri-creare quella comunità musicale disorientata entro la diaspora aquilana, ancora lontana dal ritrovare la forza generatrice della propria anima.

 

Pur con questo, non può negarsi che una buona parte dell’aquilanità musicale si avverta, per effetto della grande musica del gruppo cameristico, ormai inalienabile patrimonio culturale della città, la cui cifra indicativa, con l’uscita della grande musica colta dai confini del Paese, sottintende, a qualunque livello, una delle grandi questioni insite nell’essenza stessa del concetto d’Europa. Di qui, e non solo, l’immenso patrimonio musicale che va preservato per i futuri abruzzesi-europei o “popolo dell’Erasmus”, poiché è convinzione di ognuno che una città musicale è anche spirituale. Ciò che al momento non può dirsi dell’Aquila, non meno che dell’Abruzzo.

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