PSR: Il perché di un fallimento. Come rimediare.

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO

Questo è il primo dei motivi del fallimento del PSR.

Un PSR scritto male anche dal punto di vista sintattico, da consulenti che non avevano la benché minima idea dell’agricoltura Abruzzese, cosa che ha causato un numero imponente di contenziosi interpretativi. Un PSR di oltre 621 pagine, cui bisogna aggiungere altre migliaia di pagine di documenti di corollario e quelle per del Manuale delle procedure e dei bandi.

Questo è il secondo dei motivi del fallimento del PSR.

La scellerata ristrutturazione voluta dall’ex Presidente D’Alfonso che ha pensionato centinaia di funzionari esperti senza garantire l’affiancamento e la continuità amministrativa. A questi funzionari gli abbiamo pagato anche il mancato preavviso di sei mesi.

Siamo stati l’unica organizzazione a presentare proposte scritte sulla riorganizzazione del dipartimento agricoltura. I problemi che avevamo segnalato sono emersi tutti: caos all’interno degli uffici, necessità di affidare all’esterno i controlli PAC e PSR (un tempo eseguiti dalla Regione), confusione sui ruoli, disorientamento degli agricoltori a relazionarsi con gli uffici. E’ stata alimentata una gigantesca guerra di posizione mettendo i dipendenti gli uni contro gli altri, spostandoli a destra e manca senza alcuna visione senza alcun progetto senza il rispetto delle professionalità e di quello che facevano, senza curarsi se quello di cui si occupavano era utile ai cittadini-utenti-contribuenti-agricoltori.

Questo è il terzo dei motivi del fallimento del PSR.

Una dispersione di risorse senza pari. La politica politicante dell’allora maggioranza, con un codazzo di tecnici e consulenti, che, ventre a terra, è andata paese per paese, frazione per frazione a vendere a sindaci, amministratori, cittadini, associazioni di ogni genere l’oro contenuto nel PSR, alimentando pie illusioni. Le tabelle finanziarie proposte e approvate da Bruxelles hanno allargato gli interventi ai  comuni, enti pubblici e parapubblici per finalità sociali, pseudo ambientali e cultural folcloristiche.

Questo è il quarto dei motivi del fallimento del PSR

Un numero spropositato di bandi, viste le 38 sotto misure ed i 47 interventi difficile da gestire da parte di una struttura molto depotenziata di dirigenti e funzionari. Non era per niente semplice, neppure per un addetto ai lavori, conoscere per tempo sui quali risorse fare affidamento per la realizzazione di un progetto. Ad esempio un’azienda agricola-zootecnica in zona montana, è stata costretta, per esempio, a presentare 10 domande: una ristrutturare una stalla, una per modificare l’impianto di irrigazione, una per la conservazione del suolo, una per l’incremento della sostanza organica, una per le recinzioni, una per la formazione ed una per la consulenza, oltre quelle annuali: indennità compensativa, prati pascoli e agricoltura biologica. Vogliamo ricordare che 10 domande sono 10 bandi, 10 istruttorie, 10 controlli ecc. e con lo stato del Dipartimento tutto si è inceppato.

Questo è il quinto dei motivi del fallimento del PSR

Mancanza di un sistema informativo regionale (unica regione in Italia a non averlo) che ha reso difficile se non impossibile le relazioni tra la struttura regionale e l’AGEA. Una totale mancanza di comunicazione che ha determinato un continuo rimpallo di competenze e responsabilità tra il Dipartimento Agricoltura, il SIAN (Sistema informativo agricolo Nazionale-AGEA, i CAA (Centro di assistenza agricolo) con in mezzo gli agricoltori che attendono il pagamento delle domande fatte.

Questo è il sesto dei motivi del fallimento del PSR

L’Assessore Dino Pepe non ha mai presidiato il Dipartimento agricoltura, è stato in perenne campagna elettorale (infatti, nonostante il disastro cui deve ritenersi responsabile è stato rieletto) non aveva una segreteria tecnica con personale competente che lo potessero supportare ad eccezione di alcuni giovani ed inesperti consulenti, che hanno imposto le loro idee del tutto fuori dalla realtà. La presenza ingombrante e invasiva del Presidente D’Alfonso, il direttore del Dipartimento che ha impostato le procedure dei bandi e delle istruttorie improntate alla pedissequa applicazione di rigidissimi protocolli e criteri meramente burocratici, fonte di numerosissimi contenziosi e blocchi delle procedure.

Le nostre proposte al nuovo assessore Imprudente

·         Innanzitutto di presidiare il Dipartimento che ha bisogno di una guida salda perché è sempre la politica che fa la scelta sulle priorità;

  • Con il nuovo direttore del Dipartimento deve avviare un’interlocuzione con il Ministero e con la Commissione europea per trovare una exit strategy modificando il PSR, semplificando e eliminando misure ed azioni e, per le misure strutturali, avviare bandi a sportello.
  • concentrare l’intera struttura del Dipartimento alla conclusione delle istruttorie dell’ammissibilità di tutti i bandi in itinere e alla pubblicazione delle graduatorie in modo da accelerare al massimo la spesa del programma;
  • ricostituire e rendere operativo il gruppo di lavoro formato da funzionari regionali, AGEA, SIN e tecnici dei CAA per risolvere le anomalie sulle istruttorie delle domande a superficie riferite agli anni 2016/2017/2018; accelerare la liquidazione delle misure a superficie non pagate: agricoltura integrata, semina su sodo.
  • considerato i tempi per le domande pacchetto giovani (ancora oggi non istruite!!!!) sarebbe indispensabile, nel prossimo bando, allungare da 6 mesi a 24 mesi la data dell’insediamento.
  • Chiediamo che il Tavolo Verde, sia a livello tecnico sia politico sia aperto in via permanente per esaminare le questioni sollevate.

Stefano Fabrizi

Direttore Confagricoltura Abruzzo

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