Quando la legge difende solo una parte dei suoi cittadini

La protezione, la sicurezza e la tutela della salute dei cittadini sono principi sacri che dovrebbero indiscutibilmente essere tra le priorità di qualsiasi governo ed amministrazione, indipendentemente dall’orientamento politico. Quello che invece può essere materia di dibattito è come questi obiettivi vengono raggiunti e cosa si intende per tutela dei cittadini.

Un esempio chiaro di questo tipo di problema, ci viene dal settore del gioco d’azzardo che ormai da mesi è al centro delle conversioni politiche italiane.

L’incredibile crescita registrata negli ultimi anni da questo settore, non solo ha creato uno dei comparti economici più forti, dinamici e profittevoli in Italia, ma anche preoccupazioni sociali per il concomitante aumento dei casi di azzardopatia.

Mentre i cittadini che sono appassionati di questa forma di intrattenimento sono impegnati a dare la caccia al miglior casino con bonus senza deposito 2019 oppure al Gratta e Vinci fortunato che potrebbe dare una svolta rilevante alla loro vita, l’opinione pubblica e la politica stanno animatamente discutendo come regolamentare il settore in modo da proteggere gli interessi di tutti gli italiani, non solo di una parte.

A livello nazionale, dal luglio del 2018 ad oggi, in nome del contrasto al gioco patologico, è stato approvato il divieto totale di pubblicità al gioco d’azzardo, provvedimento contenuto all’interno del Decreto Dignità e sono stati votati ripetuti aumenti del prelievo fiscale sugli apparecchi di gioco (Preu) e sulle opzioni di scommessa offerte a distanza. A queste misure si sono poi andate ad aggiungere una serie di regolamenti approvati dalle amministrazioni locali che hanno sancito la limitazione degli orari di funzionamento degli apparecchi e la distanza minima degli stessi dai luoghi sensibili. Messe tutte insieme queste nuove regole hanno da un lato raccolto il plauso di tutti coloro sono impegnati nella lotta al gioco patologico, ma dall’altro hanno sollevato non solo dubbi sull’efficacia delle stesse rispetto all’obiettivo posto, ma anche grandissima preoccupazione in un’altra porzione della cittadinanza, quella cioè degli imprenditori che operano nel settore del gioco autorizzato e di tutti i lavoratori in esso impiegati. L’aumento della tassazione, le norme che spingono le sale giochi fuori dai centri cittadini, il divieto di pubblicità e la generale penalizzazione del settore, minacciano la sopravvivenza di migliaia di imprese, con buona pace della criminalità organizzata che non vede l’ora di occupare i posti lasciati liberi da chi ha sempre operato in base alla legge. Da un punto di vista occupazionale, il dramma è reale, si parla infatti della possibile perdita di oltre 150.000 posti di lavoro.

Lo scorso novembre, era stata organizzata una manifestazione a livello nazionale, indetta dalle federazioni nazionali di categoria Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs che, con lo slogan “Vogliamo un gioco pulito”, puntavano a riaprire il dibattito chiedendo una regolamentazione del settore che tenesse in considerazione tutti i portatori di interesse. Questa iniziativa, che aveva portato migliaia di lavoratori nelle piazze, era stata preceduta da una raccolta firme online, lanciata sul sito di Change.org ed ancora attiva.  L’appello promosso dal movimento “Non siamo solo numeri” e rivolto a Luigi Di Maio, chiede di salvare il futuro dei 150 mila lavoratori italiani del settore Gioco di Stato, ed ha già superato quota 14.000 firme, sulle 15.000 richieste. Al momento, tuttavia, non vi sono all’orizzonte tavoli di discussione che puntino ad un approccio organico, complesso ed approfondito al tema, che lasci da parte demagogia e facili allarmismi, per concentrarsi invece su dati oggettivi, esperienze di altri paesi ed un approccio scientifico.

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