LAquila. Onde Gravitazionali dalla fusione di due stelle di Neutroni (FOTO)

La prima luce di Onde Gravitazionali dalla fusione di due stelle di Neutroni nella osservazione diretta multispettrale inaugurata da Ligo, Virgo e altri 70 Osservatori terrestri e spaziali. Chilonova! È l’atto di nascita dell’Astronomia Gravitazionale Elettromagnetica: Gw170817, Grb170817A e Sss17a, queste le sigle con le quali gli astrofisici hanno identificato i tre episodi del fenomeno. C’è stata un’abbondanza di importanti osservazioni fatte a diverse lunghezze d’onda elettromagnetiche, come pure misure di flusso di neutrini. Osservatori di neutrini hanno cercato neutrini di alta energia emessi in coincidenza di GW170817 dalla sua zona di provenienza. Nessun neutrino è stato identificato dalla direzione di GW170817 e nessun segnale impulsivo di neutrini da supernova è stato osservato in coincidenza con la fusione. A seguito dell’identificazione della galassia ospite dell’evento, è stata condotta una estesa ricerca di neutrini nella direzione di NGC 4993 per due settimane dopo la fusione, senza che o nessuna significativa emissione di neutrini sia stata trovata. È la trama della coalescenza di due stelle di neutroni. È l’atto di nascita di una nuova era per l’Astrofisica. Le masse degli oggetti spiraleggianti sono state stimate da 1,1 a 1,6 volte la massa del Sole, quindi nell’intervallo previsto per le stelle di neutroni. È la rivelazione della prima onda gravitazionale dove sia stato possibile registrare la controparte elettromagnetica di un nuovo potente astro neutronico di supermateria. Un evento esplosivo circa 1000 volte più brillante di una tipica Nova. Gli astronomi hanno osservato per la prima volta il momento iniziale in cui la stella è talmente piccola e compatta che nessun fotone esce dalla regione emittente, quindi soltanto lo strato esterno della radiazione, la fotosfera, senza vedere nessun fotone che viene fuori. Ed è una sorgente calda descritta puramente dalla sua temperatura, come tutte le sorgenti di corpo nero. È la luce, la prima luce, emessa da questa sorta di “palla di fuoco”, in inglese “firewall”, prodotta dalla coalescenza delle due stelle di neutroni. Le Chilonovae sono state proposte più di 30 anni fa, ma questa è la prima osservazione confermata. Il telescopio Swope da 1 metro di diametro è stato il primo ad annunciare una nuova sorgente di luce, molto vicina alla galassia NGC 4993, una lenticolare dell’Idra, mentre quasi nello stesso momento le osservazioni del telescopio Vista identificavano la stessa sorgente a lunghezze d’onda infrarosse. Dopo la fusione delle due stelle di neutroni, un’esplosione di elementi chimici pesanti in rapida espansione ha lasciato la Chilonova, muovendosi a una velocità pari a un quinto della velocità della luce. Il colore della Chilonova è passato da un intenso blu a un intenso rosso nel corso dei giorni successivi, un cambiamento più rapido di quanto mai osservato in un’esplosione stellare. Le osservazioni confermano la formazione di elementi più pesanti del Ferro per mezzo di reazioni nucleari all’interno di oggetti stellari di alta densità, noti come “processi-r” di nucleosintesi, o di nucleosintesi con cattura rapida di neutroni, finora solo prevista dalla teoria. Nell’oceano cosmico dell’Universo sono state viste sollevarsi insieme, dallo stesso fenomeno, onde elettromagnetiche e onde gravitazionali. Un evento che segna una svolta senza precedenti nell’Astrofisica Multimessaggero. L’evento cosmico GW170817 è avvenuto alla periferia della NGC4993, in direzione della costellazione dell’Idra, circa 130 milioni di anni luce dalla Terra. Le due stelle di neutroni, a conclusione del loro inesorabile e sempre più frenetico processo di avvicinamento, hanno spiraleggiato una intorno all’altra, emettendo onde gravitazionali che sono state osservate per circa 100 secondi. Quando si sono scontrate, hanno emesso un lampo di luce sotto forma di raggi gamma, osservato nello spazio circa due secondi dopo l’emissione delle onde gravitazionali dal satellite Fermi della Nasa e quindi confermato dal satellite Integral dell’Esa. Nei giorni e nelle settimane successivi allo scontro cosmico è stata individuata l’emissione di onde elettromagnetiche in altre lunghezze d’onda, tra cui raggi X, ultravioletti, luce visibile, infrarossi e onde radio. I telescopi dell’Eso osservano la prima luce emessa da una sorgente di onde gravitazionali. La fusione di due stelle di Neutroni sparge Oro, Platino, Cesio, Tellurio, Selenio, Ittrio, Rutenio e altri elementi pesanti fino all’Uranio, nello spazio interstellare. Questa “prima volta” indica la soluzione del mistero dei lampi gamma, racconta finalmente come vengono prodotti gli elementi pesanti, e cioè dove sono le fabbriche dell’Oro nell’Universo. Quelle che fanno gola agli Alieni ET più feroci ma anche più benigni. Le osservazioni fatte dal Very Large Telescope, guidate da ricercatori italiani, rivelano evidenze della sintesi di elementi pesanti scaturiti in seguito all’immane esplosione, come l’Oro e il Platino, risolvendo così il mistero, vivo da decine di anni, sull’origine di quasi la metà di tutti gli elementi più pesanti del Ferro! Un fenomeno accaduto nel Cretaceo quando i dinosauri ancora abitavano il nostro pianeta e da poco si erano sviluppate piante e fiori. Evento storico per l’Astronomia Multimessaggero. Coinvolte la National Science Foundation, l’ESO e migliaia di scienziati delle collaborazioni astrofisiche mondiali. Il segnale gravitazionale GW170817 è stato registrato il 17 Agosto alle 14:41 ora italiana. La rivelazione è stata fatta dai due rivelatori gemelli Ligo, situati a Hanford, nella stato di Washington e Livingston, in Louisiana, e le informazioni fornite dal terzo rivelatore, Virgo, hanno permesso la precisa localizzazione dell’evento cosmico. L’annuncio è stato diramato Lunedì 16 Ottobre 2017 dalla National Science Foundation di Washington Dc nel corso di una lunga conferenza stampa internazionale alla presenza di decine di scienziati. La scoperta è stata realizzata grazie alla sinergia tra i due Laser Interferometer Gravitational-Wave Observatory (Ligo) negli Stati Uniti d’America insieme al rivelatore Virgo, in Europa, abbinata alle osservazioni e alle indagini nella banda elettromagnetica ottenute da 70 telescopi a terra, tra cui REM, VST, VLT, e osservatori spaziali, come Fermi e Integral, Swift, Chandra, Hubble, che hanno permesso di caratterizzare in modo chiaro l’origine dell’onda. Anche la Dark Energy Camera ha immortalato l’evento. Lo studio è stato presentato in una serie di articoli pubblicati dalle riviste Nature, Nature Astronomy e Astrophysical Journal Letters. Il team guidato da Elena Pian dell’Istituto nazionale di astrofisica è stato il primo a ottenerne lo spettro, grazie allo strumento X-Shooter del Vlt. I risultati sono descritti su Nature. L’Italia è tra i protagonisti a livello mondiale di questo straordinario risultato con l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, che ha fondato il rivelatore per onde gravitazionali Virgo a Càscina (Pisa), l’Istituto Nazionale di Astrofisica, che ha fotografato e quindi riconosciuto e caratterizzato, tra i primi al mondo con strumenti da terra e dallo spazio, la sorgente denominata AT2017gfo e l’Agenzia Spaziale Italiana che partecipa con missioni dedicate all’Astrofisica delle Alte Energie. Le misure iniziali di raggi gamma, combinate con la rivelazione dell’onda gravitazionale, forniscono anche l’ulteriore conferma della Relatività Generale di Albert Einstein, secondo cui le onde gravitazionali viaggiano alla velocità della luce. Ci auguriamo che l’Italia, abbandonando i programmi nucleari bellici della Nato (e le 90 bombe H americane stoccate nel Belpaese) che invoca 100 milioni di euro al giorno contro la Santa Russia, sia messa in condizione di mantenere il ruolo di protagonista che si è meritata in quest’occasione. Grazie all’interferometro Virgo, gestito dall’Infn insieme al Cnrs francese. Grazie ai telescopi spaziali a forte partecipazione italiana come Fermi, Integral, Agile e Swift, ma anche Hubble e Chandra. Grazie allo spettacolare lavoro di telescopi da terra d’avanguardia, quelli grandi come il VLT dell’Eso e quelli piccoli come Rem. Ma grazie soprattutto alle scienziate e agli scienziati che hanno reso possibile questo risultato fino a pochi anni fa inimmaginabile. Da Monaco, Elena Pian dell’Inaf, e da Washington Dc, Marica Branchesi del Gssi per Virgo, Laura Cadonati della Georgia Tech per Ligo, Eleonora Troja della Nasa e Alessandra Corsi della Texas Tech University. I premi Nobel per la Fisica assegnati a donne, fino a oggi, sono stati due. L’ultimo nel 1963, oltre mezzo secolo fa. Chissà le onde gravitazionali ed elettromagnetiche sollevate dalla fusione di due stelle di neutroni non arrivino a lambire Stoccolma! La Scienza è un “gioco” di squadra.

(di Nicola Facciolini)

 

Le onde precedenti nascevano da buchi neri e non erano osservabili dai telescopi: è accaduto tutto all’improvviso, rapidamente. Ciò che abbiamo sentito era il segnale di un’onda, lunghissimo, novantanove secondi. Un tempo infinito considerando che il segnale della prima onda ricevuta, quella dei due buchi neri, era durata un quinto di secondo”. (Marica Branchesi). “Ci sono rare occasioni in cui uno scienziato ha la possibilità di assistere all’inizio di una nuova era, e questo è uno di quei momenti!” (Elena Pian). “È un modo completamente nuovo di cercare risposte alle nostre domande sull’Universo. È questo il significato della scoperta che oggi celebriamo. Un risultato che ci fa gioire” (Fernando Ferroni). Chilonova! Gw170817, Grb170817A e Sss17a, queste le sigle con le quali gli astrofisici hanno identificato i tre episodi del fenomeno. È la trama della coalescenza di due stelle di neutroni. È l’atto di nascita dell’Astronomia Gravitazionale Elettromagnetica. Là fuori i Neutroni e i Protoni diventano Piombo, Oro, Platino, Cesio, Tellurio, Selenio, Ittrio, Rutenio e altri elementi pesanti fino all’Uranio. Grazie alla “coalescenza” di due stelle molto speciali, fatte letteralmente di supermateria di Neutroni, pesantissime, osservate per la prima volta sia con le onde gravitazionali dagli interferometri Ligo e Virgo, sia con la radiazione elettromagnetica da 70 telescopi a terra e nello spazio. Determinante per l’identificazione del segnale gravitazionale GW170817 e per la caratterizzazione della sorgente è stato il contributo italiano, con una grande partecipazione di strumenti e ricercatori coinvolti. Per la prima volta nella storia umana nell’osservazione dell’Universo, è stata rivelata un’onda gravitazionale prodotta dalla fusione di due stelle di neutroni e captata, dalle onde radio fino ai raggi gamma, la radiazione elettromagnetica associata alla poderosa esplosione avvenuta durante il fenomeno che ha generato una nuova stella di neutroni. È la prima volta che un evento cosmico viene osservato sia nelle onde gravitazionali sia elettromagnetiche, avviando così l’era dell’Astronomia Multimessaggero, che estende notevolmente il nostro modo di vedere e di ascoltare il Cosmo e suoi Abitanti. La scoperta è stata realizzata grazie alla sinergia tra i due Laser Interferometer Gravitational-Wave Observatory (www.ligo.caltech.edu) negli Stati Uniti d’America insieme al rivelatore Virgo (http://www.virgo-gw.eu/), in Europa, abbinata alle osservazioni e alle indagini nella banda elettromagnetica ottenute da 70 telescopi a terra, tra cui REM, VST, VLT, e osservatori spaziali, come Fermi e Integral, Swift, Chandra, Hubble, che hanno permesso di caratterizzare in modo chiaro l’origine dell’onda. L’Italia è tra i protagonisti a livello mondiale di questo straordinario risultato con l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, che ha fondato il rivelatore per onde gravitazionali Virgo a Càscina (Pisa), l’Istituto Nazionale di Astrofisica, che ha fotografato e quindi riconosciuto e caratterizzato, tra i primi al mondo con strumenti da terra e dallo spazio, la sorgente denominata AT2017gfo e l’Agenzia Spaziale Italiana che partecipa con missioni dedicate all’Astrofisica delle Alte Energie. L’evento è avvenuto a circa 130 milioni di anni luce dalla Terra, alla periferia della galassia NGC4993, in direzione della costellazione australe dell’Idra. Le due stelle di neutroni, a conclusione del loro inesorabile e sempre più frenetico processo di avvicinamento, hanno spiraleggiato una intorno all’altra, emettendo onde gravitazionali che sono state osservate per circa 100 secondi. Quando si sono scontrate, hanno emesso un lampo di luce sotto forma di raggi gamma, osservato nello spazio circa due secondi dopo l’emissione delle onde gravitazionali dal satellite Fermi della Nasa e quindi confermato dal satellite Integral dell’Esa. Nei giorni e nelle settimane successive allo scontro cosmico è stata individuata l’emissione di onde elettromagnetiche in altre lunghezze d’onda, tra cui raggi X, ultravioletti, luce visibile, infrarossi e onde radio. I ricercatori italiani dell’Inaf hanno potuto raccogliere e analizzare, grazie al telescopio REM (Rapid Eye Mount) e quelli dell’Eso al VST (VLT survey telescope) e al Very Large Telescope una preziosissima messe di informazioni sul fenomeno. Decisivo è stato anche il contributo fornito dai dati provenienti dallo spazio grazie alle missioni Integral e Swift, che vedono la partecipazione dell’Agenzia Spaziale italiana, Chandra (Nasa) e Hubble (Nasa-Esa). Gli astronomi hanno avuto un’opportunità senza precedenti per sondare, con tutti i migliori strumenti dell’Universo profondo oggi in funzione, la collisione di due stelle di neutroni. Le osservazioni fatte dal Very Large Telescope, guidate da ricercatori italiani, rivelano evidenze della sintesi di elementi pesanti scaturiti in seguito all’immane esplosione, come l’Oro e il Platino, risolvendo così il mistero, vivo da decine di anni, sull’origine di quasi la metà di tutti gli elementi più pesanti del Ferro! Alle stesse conclusioni conducono i dati raccolti dal Telescopio Spaziale Hubble. Gli scienziati hanno avuto la prima conferma diretta che le collisioni tra stelle di neutroni danno origine ai famosi Lampi di Raggi Gamma (Gamma-Ray Burst, GRB) di breve durata. I risultati di Ligo-Virgo sono pubblicati nella rivista Physical Review Letters, mentre molti altri articoli sia delle collaborazioni Ligo e Virgo sia della comunità astronomica legata ai telescopi spaziali come Integral, Fermi, Swift e Agile, sono stati presentati o accettati per la pubblicazione in varie riviste, e vedono protagonisti moltissimi ricercatori italiani, alcuni dei quali come primi autori. Due articoli su Nature hanno come primi autori scienziati dell’Inaf. La Scienza è un “gioco” di squadra. Il segnale gravitazionale GW170817 è stato registrato il 17 Agosto alle 14:41 ora italiana. La rivelazione è stata fatta dai due rivelatori gemelli Ligo, situati a Hanford, nella stato di Washington e Livingston, in Louisiana, e le informazioni fornite dal terzo rivelatore, Virgo, hanno permesso la precisa localizzazione dell’evento cosmico. L’annuncio è stato diramato Lunedì 16 Ottobre 2017 dalla National Science Foundation di Washington Dc nel corso di una lunga conferenza stampa internazionale alla presenza di decine di scienziati. Sempre il 17 Agosto 2017, quasi in contemporanea, il Gamma-ray Burst Monitor del telescopio spaziale Fermi ha rivelato un lampo di raggi gamma di breve durata, osservazione poi confermata dal satellite Integral. Il software di analisi Ligo-Virgo ha messo insieme i due segnali, da cui si è dedotto che era altamente improbabile che si trattasse di una coincidenza casuale. Un’ulteriore analisi automatica ha dedotto la presenza di un segnale gravitazionale coincidente nel secondo rivelatore Ligo. L’onda gravitazionale è stata captata prima dai rivelatori Ligo negli Stati Uniti, e poi da VIRGO in Italia, che ha giocato un ruolo fondamentale in questo risultato. A causa del suo orientamento rispetto alla sorgente al momento della rivelazione, Virgo ha registrato un segnale che, combinato con le dimensioni e la tempistica del segnale nei rivelatori Ligo, ha consentito agli scienziati di triangolare con precisione la posizione nel Cielo della sorgente. Dopo aver eseguito un approfondito controllo per assicurarsi che i segnali non fossero un artefatto degli strumenti di rivelazione, gli scienziati hanno concluso che l’onda gravitazionale veniva da un’area relativamente piccola, di appena 35 gradi quadrati, nel Cielo dell’emisfero terrestre meridionale. La rapida rivelazione dell’onda gravitazionale da parte della collaborazione Ligo-Virgo, associata con il picco di raggi gamma registrati da Fermi, ha permesso il lancio del programma di “follow-up” dei telescopi in tutto il mondo. Il record di precisione nella localizzazione ha dunque permesso agli astronomi di eseguire in tempi brevissimi osservazioni in sequenza che hanno portato a una inedita ricchezza di eccezionali risultati. Sono le prove generali per la validazione della scoperta di altre Civiltà aliene là fuori? Grazie all’inedita precisione nella localizzazione dell’evento gravitazionale, decine di osservatori in tutto il mondo sono stati in grado, ore più tardi, di iniziare a scandagliare la regione del Cielo da cui si pensava che il segnale provenisse. Per primi sono stati i telescopi ottici a individuare un nuovo punto di luce, simile a una nuova stella. Anche l’Italia ha risposto con i telescopi e il personale dell’Inaf, già pronti e organizzati a seguire tempestivamente gli allerta di Ligo e Virgo, ed è così riuscita tra i primi al mondo a raccogliere le immagini della sorgente. In seguito, circa 70 telescopi a terra e nello spazio hanno osservato l’evento alle varie lunghezze d’onda. Dai dati, frutto di questo straordinario lavoro di squadra tra tutti gli osservatori che hanno potuto rivelare il segnale, emerge un’immagine generale di conferma ulteriore che la sorgente delle onde gravitazionali sia stato un evento di fusione di una coppia di stelle di neutroni. I dati di Ligo-Virgo indicano che due oggetti astrofisici situati alla distanza di circa 130 milioni di anni luce dalla Terra avevano orbitato l’uno intorno all’altro per poi fondersi in un unico corpo, e suggeriscono che gli oggetti non fossero massicci come le coppie di buchi neri individuate da Ligo e Virgo in precedenti osservazioni. Le masse degli oggetti spiraleggianti sono state, infatti, stimate da 1,1 a 1,6 volte la massa del Sole, quindi nell’intervallo di massa previsto per le stelle di neutroni. Si tratta degli astri più piccoli e più densi esistenti che si formano quando stelle di grandi dimensioni esplodono in Supernovae. Una stella di neutroni ha un diametro di circa 20 chilometri ed è così densa che un cucchiaino della materia di cui è composta pesa circa un miliardo di tonnellate.Mentre i sistemi binari di buchi neri producono segnali (“chirp”) che durano una frazione di secondo nella banda sensibile di Ligo e Virgo, il chirp del 17 Agosto è durato circa 100 secondi ed è stato visto attraverso l’intero intervallo di frequenza di Ligo, simile a quello dei comuni strumenti musicali. Gli scienziati hanno così potuto identificare la sorgente del segnale in oggetti che erano molto meno massicci dei buchi neri finora osservati. Secondo le ipotesi teoriche, quando le stelle di neutroni si fondono, dovrebbero produrre onde gravitazionali e raggi gamma, insieme a potenti getti di luce attraverso tutto lo spettro elettromagnetico. Le nuove osservazioni confermano così che almeno alcuni dei GRB sono generati dalla fusione di stelle di neutroni, fatto che finora era stato solo teorizzato ma mai provato sperimentalmente. Mentre un mistero sembra essere risolto, nuovi enigma sono emersi. L’esplosione di raggi gamma osservata è stata una delle più vicine alla Terra viste finora, ma è sorprendentemente debole per la sua distanza. Sappiamo che l’emissione dei lampi gamma viene incanalata lungo due “getti” simili a due coni che si dipartono in direzioni opposte. Ciò significa che noi possiamo vedere bene solo i lampi gamma il cui getto luminoso è orientato verso la Terra: circa uno ogni 100-200 eventi, secondo le più recenti stime. Il lampo gamma associato all’evento gravitazionale del 17 Agosto 2017 potrebbe essere debole perché visto “di sbieco”. Le osservazioni X e radio sembrano confermare questa ipotesi affascinante. Gli scienziati stanno già cominciando a proporre nuovi modelli per spiegare questo fenomeno e nuove interessanti osservazioni sono attese nei prossimi anni. Dunque, circa 130 milioni di anni fa, le due stelle di neutroni, separate solo da circa 300 chilometri, erano nei loro ultimi momenti di vita orbitale l’una attorno all’altra, accumulando velocità mano a mano che la distanza tra loro diminuiva. Mentre le stelle ruotavano sempre più veloci e più vicine, stiravano e distorcevano lo spaziotempo circostante, emettendo una grande quantità energia sotto forma di onde gravitazionali, prima di fondersi l’una nell’altra. Al momento della collisione, gran parte della massa delle due stelle di neutroni si è fusa in un oggetto densissimo, emettendo un lampo di raggi gamma. Le misure iniziali di raggi gamma, combinate con la rivelazione dell’onda gravitazionale, forniscono anche l’ulteriore conferma della Relatività Generale di Albert Einstein, secondo cui le onde gravitazionali viaggiano alla velocità della luce.Ciò che segue la fusione di due stelle di neutroni è una “kilonova”, un fenomeno durante il quale il materiale rilasciato dalla collisione degli astri di neutroni viene lanciato violentemente lontano nello spazio dando origine a processi di nucleosintesi di elementi pesanti. Le nuove osservazioni basate sulla luce mostrano che in queste collisioni vengono creati elementi pesanti, come il Piombo e l’Oro, che vengono così successivamente distribuiti in tutto l’Universo, dunque presenti anche negli oggetti di uso quotidiano qui sulla Terra.Nelle settimane e nei prossimi mesi, i telescopi di tutto il mondo continueranno a osservare l’evoluzione della collisione delle stelle di neutroni e a raccogliere ulteriori prove sulle varie fasi della loro fusione e interazione con l’ambiente circostante, nonché i processi che producono gli elementi più pesanti dell’Universo, compresa la Vita. La sfida dell’Astrofisica di Eventi Multimessaggeri è appena stata lanciata e gli scienziati italiani sono pronti a raccoglierla. Il Popolo italiano si congratula con tutta la comunità scientifica mondiale che ha avuto la volontà e la capacità di coordinarsi in modo così efficace da portare a realizzazione il progetto, perseguito da anni, di dare inizio a una Nuova Astronomia Cosmica. È motivo di soddisfazione il ruolo che ha avuto l’Italia, grazie all’Infn con Virgo, l’esperimento che ha rivelato le onde gravitazionali consentendo di localizzare la sorgente nel cielo, all’Inaf con i telescopi REM, VST e VLT, e all’Asi con i satelliti Integral e Swift, che tutti assieme con le loro osservazioni hanno ricavato l’eccezionale abbondanza di risultati scientifici presentati. E grazie a tutti i ricercatori italiani, alle moltissime donne scienziato, che con grande passione, dedizione e visione hanno lavorato a questo straordinario progetto di ricerca, mettendo a frutto le formidabili competenze scientifiche distribuite nei tre enti nazionali che dovrebbero tutte “convergere” nella Fondazione Nazionale della Scienza di auspicabile creazione. Lo sforzo congiunto di tutti loro ha permesso il conseguimento di questo meraviglioso risultato, ottenuto in virtuosa collaborazione con i 3500 colleghi dei maggiori centri di ricerca del mondo. Per Fernando Ferroni, Presidente dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, la Scienza è di fronte a “un modo completamente nuovo di cercare risposte alle nostre domande sull’Universo. È questo il significato della scoperta che oggi celebriamo. Un risultato che ci fa gioire. Come donne e uomini di scienza, perché avere a disposizione nuovi strumenti di indagine è bello quanto avere nuovi interrogativi cui dare risposta. E come persone, perché questo traguardo è stato conquistato grazie all’impegno congiunto di migliaia di noi. In particolare, come Infn, siamo felici perché abbiamo dato un contributo fondamentale per l’ottenimento di questo risultato, e ciò rappresenta il coronamento di un progetto ambizioso, Virgo, iniziato oltre vent’anni fa dal visionario e tenace fisico Adalberto Giazotto”. Secondo Roberto Battiston, Presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana, “è una giornata storica per la scienza e si apre una nuova era per la ricerca spaziale. Da anni attendevamo la nascita dell’Astronomia Multimessaggero che sfrutta i vari tipi di radiazione che raggiungono la Terra dagli angoli più remoti dell’Universo. I risultati presentati oggi da osservatori terrestri e spaziali, gravitazionali ed elettromagnetici aprono una nuova era nello studio dell’Universo. È stata confermata, ancora una volta, la validità della Teoria della Relatività di Einstein che prevede che anche le onde gravitazionali viaggino alla velocità della luce. La ricerca italiana ha avuto una parte importantissima dimostrando di saper coordinare i diversi ambiti e diversi tipi di strumentazione, a terra e nello spazio, facendo parte a pieno titolo dei più importanti network di ricerca mondiali. L’Asi è già impegnata per raggiungere la prossima frontiera, la realizzazione del grande interferometro Lisa per la rivelazione delle onde gravitazionali nello spazio, capace di moltiplicare di ordini di grandezza la sensibilità a questo nuovo tipo radiazione”. Per Nichi D’Amico, Presidente dell’Istituto Nazionale di Astrofisica, è “un grande successo per il Paese e un grande successo per il nostro Ente, l’unico al mondo che possiede al suo interno tutte le risorse intellettuali e strumentali per osservare l’Universo a tutte le lunghezze d’onda, da terra e dallo spazio. La presenza autorevole delle nostre ricercatrici e dei nostri ricercatori nel torrente di articoli che straripano oggi nelle più prestigiose riviste scientifiche internazionali è per noi motivo di grande soddisfazione e orgoglio”. La compagine di telescopi dello European Southern Observatory (ESO) in Cile ha così rivelato la prima controparte visibile di una sorgente di onde gravitazionali. Queste storiche osservazioni suggeriscono che l’oggetto, l’unico per ora ossia il primo, sia il risultato della fusione di due stelle di neutroni. Le conseguenze catastrofiche dell’incontro fatale, previsto da tempo e chiamato “chilonova”, hanno diffuso elementi pesanti nell’Universo. La scoperta, pubblicata in diversi articoli su Nature e altre riviste, fornisce la più solida evidenza finora che i lampi di luce gamma corti siano causati dalla fusione di stelle di neutroni. Per la prima volta in assoluto, gli astronomi hanno osservato sia le onde gravitazionali sia la luce (radiazione elettromagnetica) dallo stesso evento, grazie a uno sforzo di collaborazione globale e alla reazione rapida delle strutture dell’Eso e di altri gruppi in tutto il mondo. Il 17 agosto 2017, Ligo della NSF, insieme all’Interferometro Virgo, hanno rilevato onde gravitazionali di Chilonova che hanno raggiunto la Terra. GW170817 è il quinto evento gravitazionale osservato. Circa due secondi più tardi, due osservatori spaziali, il Fermi Gamma-ray Space Telescope e l’INTErnational Gamma Ray Astrophysics Laboratory, hanno rilevato un lampo di luce gamma “corto” dalla stessa area del Cielo. La rete di osservatori Ligo-Virgo aveva circoscritto la posizione della sorgente all’interno di in un’ampia regione cosmic australe, della dimensione di parecchie centinaia di volte quella della Luna piena, che contiene miliardi di stelle ma poche galassie, circa 35 gradi quadrati. Appena scesa la notte in Cile, molti telescopi sono stati diretti verso questa zona di Cielo, alla ricerca di un nuovo punto luminoso. Tra questi: VISTA (Visible and Infrared Survey Telescope for Astronomy) e VST (VLT Survey Telescope) dell’Eso all’Osservatorio del Paranal, il telescopio italiano REM (Rapid Eye Mount) installato all’Osservatorio Eso di La Silla, il telescopio LCO da 0,4 metri di diametro all’Osservatorio di Las Cumbres, l’americano DECcam all’Osservatorio Interamericano di Cerro Tololo. Il telescopio Swope da 1 metro di diametro è stato il primo ad annunciare una nuova sorgente di luce, molto vicina alla galassia NGC 4993, una galassia lenticolare nella costellazione dell’Idra, mentre quasi nello stesso momento le osservazioni di VISTA identificavano la stessa sorgente a lunghezze d’onda infrarosse. Mentre la notte scendeva sempre più a Ovest sul globo, i telescopi delle Hawaii Pan-STARSS e Subaru si rivolgevano verso la sorgente per vederla evolvere rapidamente. “Ci sono rare occasioni in cui uno scienziato ha la possibilità di assistere all’inizio di una nuova era – rivela Elena Pian, astronoma dell’Inaf e prima autrice di uno degli articoli pubblicati da Nature – e questo è uno di quei momenti!”. L’Eso ha lanciato una delle più grandi campagne osservative per “target of opportunity”, cioè per oggetti variabili o comunque non noti in precedenza, e molti telescopi Eso o a cui l’Osservatore Australe Europeo partecipa hanno osservato l’oggetto nelle settimane dopo la scoperta. La galassia in questione era osservabile di sera solo in Agosto, mentre da Settembre era troppo vicina al Sole. Il VLT, l’NTT (New Technology Telescope), il VST, il telescopio da 2,2 metri dell’MPG/ESO e ALMA (Atacama Large Millimeter/submillimeter Array) hanno tutti osservato l’evento e la sua evoluzione successiva in un grande intervallo di lunghezze d’onda. Sul VLT, le osservazioni sono stata realizzate con: lo spettrografo X-shooter su UT2; FORS2 (FOcal Reducer and low dispersion Spectrograph 2) e NACO (Nasmyth Adaptive Optics System (NAOS) – Near-Infrared Imager and Spectrograph (CONICA) su UT1; VIMOS (VIsible Multi-Object Spectrograph) e VISIR (VLT Imager and Spectrometer for mid-Infrared) su UT3; MUSE (Multi Unit Spectroscopic Explorer) e HAWK-I (High Acuity Wide-field K-band Imager) su UT4. Le osservazioni con VST hanno utilizzato la OmegaCAM mentre VISTA montava la VIRCAM (VISTA InfraRed CAMera). Nell’ambito del programma ePESSTO, l’NTT ha raccolto spettri nella banda del visibile con lo spettrografo EFOSC2 (ESO Faint Object Spectrograph and Camera 2) e spettri infrarossi con lo spettrografo SOFI (Son of ISAAC). Il telescopio da 2,2 metri dell’MPG/ESO ha osservato con lo strumento GROND (Gamma-Ray burst Optical/Near-infrared Detector). Circa 70 osservatori in tutto il mondo, tra cui l’HST, sono stati puntati sulla sorgente. Le stime di distanza prodotte sia dai dati delle onde gravitazionali sia da altre osservazioni sono concordi nel posizionare GW170817 alla stessa distanza di NGC 4993, a circa 130 milioni di anni luce dalla Terra. Ciò rende la sorgente sia l’evento di onde gravitazionali più vicino mai visto finora sia uno dei più vicini lampi di luce gamma mai osservato. La distanza relativamente piccola tra la Terra e le due stelle di neutroni in fusione, ha reso possibili le osservazioni dal momento che la coalescenza di simili astri produce un’onda gravitazionale più debole della fusione dei buchi neri che invece rappresentano la probabile controparte dei primi quattro eventi di onde gravitazionali osservati. Le increspature dello spaziotempo note come onde gravitazionali vengono create da masse-energia in movimento, ma solo le più intense, prodotte da rapidi cambiamenti della velocità di oggetti molto massicci, sono oggi osservabili. Uno di questi eventi è la fusione di stelle di neutroni, il resto estremamente denso del nucleo collassato di una stella di alta massa, ciò che rimane dopo un’esplosione di Supernova. Quando le stelle di neutroni sono in orbita in un sistema binario, perdono energia emettendo onde gravitazionali. Si avvicinano sempre di più finché, quando alla fine si scontrano, parte della massa del resto stellare viene convertita in energia, come descritto dalla famosa equazione di Einstein E=mc2, sotto forma di un violento impulso di onde gravitazionali. Queste fusioni erano ritenute anche la spiegazione più convincente per spiegare i lampi di luce gamma corti. Un evento esplosivo circa 1000 volte più brillante di una tipica Nova, noto perciò come Chilonova, è previsto dopo uno di questi lampi gamma! La detezione quasi simultanea di onde gravitazionali e raggi gamma da GW170817 aveva fatto ben sperare che questo oggetto fosse dunque una delle tanto cercate Chilonovae e le osservazioni con i telescopi dell’Eso hanno mostrato proprietà molto vicine alle previsioni teoriche. Le Chilonovae sono state proposte più di 30 anni fa, ma questa è la prima osservazione confermata. Dopo la fusione delle due stelle di neutroni, un’esplosione di elementi chimici pesanti in rapida espansione ha lasciato la Chilonova, muovendosi a una velocità pari a un quinto della velocità della luce. Il colore della chilonova è passato da un intenso blu a un intenso rosso nel corso dei giorni successivi, un cambiamento più rapido di quanto mai osservato in un’esplosione stellare. “Quando lo spettro è comparso sui nostri schermi mi sono reso conto che questo è l’oggetto transiente più strano che io abbia mai visto – osserva Stephen Smartt, capo delle osservazioni con l’NTT nell’ambito del programma osservativo ePESSTO (extended Public ESO Spectroscopic Survey of Transient Objects), l’estensione della survey pubblica dell’Eso per l’osservazione spettroscopica di oggetti transienti – non avevo mai visto nulla di simile! I nostri dati, insieme a quelli di altri gruppi, hanno dimostrato a tutti che questa non era una Supernova o una stella variabile di primo piano, ma qualcosa di veramente notevole”. Gli spettri ottenuti da ePESSTO e dallo strumento X-shooter montato sul VLT suggeriscono la presenza di Cesio e Tellurio, espulsi dalle stelle di neutroni in fusione. Questi e altri elementi pesanti, prodotti proprio durante la fusione di stelle di neutroni, sarebbero lanciati nello spazio dalla Chilonova che segue. Le osservazioni confermano la formazione di elementi più pesanti del Ferro per mezzo di reazioni nucleari all’interno di oggetti stellari di alta densità, noti come “processi-r” di nucleosintesi, o di nucleosintesi con cattura rapida di neutroni, finora solo prevista dalla teoria. “I dati ottenuti finora collimano perfettamente con le previsioni teoriche – assicura Stefano Covino, primo autore di uno degli articoli su Nature Astronomy – è un vero trionfo per i teorici, una conferma che gli eventi Ligo-Virgo sono assolutamente reali e un successo per l’Eso che è riuscito a raccogliere un tale messe di dati sulla Chilonova”. Annche per Andrew Levan, primo autore di uno degli altri articoli, “la grande forza dell’Eso è di avere un’ampia gamma di telescopi e strumenti per affrontare rapidamente progetti astronomici complessi e di ampio respiro. Siamo entrati in una nuova era, quella dell’Astronomia Multivettore!”. Gli studi Eso sulla Chilonova figlia dell’evento GW170817 sono stati presentato in una serie di articoli pubblicati dalle riviste Nature, Nature Astronomy e Astrophysical Journal Letters. Un po’ come quando avviene un omicidio, anche in Astrofisica c’è chi si occupa di scattare le prime foto e chi ha il compito di scoprire nel più breve tempo possibile l’identità della vittima. Nella maggior parte dei casi basta guardare nelle tasche, ma a volte le cose sono più complicate. È il caso dell’evento annunciato in primis dalla National Science Foundation e nel corso di più conferenze stampa tenutesi in simultanea nel mondo: la rivelazione della prima onda gravitazionale della quale sia stato possibile registrare la controparte elettromagnetica di un nuovo potente astro neutronico di supermateria. Dopo il “merging” (fusione) delle due stelle di neutroni, dopo lo “sparo” del lampo gamma, quello rimasto a brillare per qualche tempo lassù nella galassia NGC 4993 che razza di oggetto è diventato? Per stabilirlo è necessaria un’accurata analisi spettroscopica. Analisi condotta usando i grandi telescopi cileni dell’Eso da alcuni team di scienziati. C’è il gruppo di Stephen Smartt, del quale fanno parte anche astrofisici dell’Inaf, e che ritroviamo su Nature. C’è quello di Stefano Covino dell’Inaf di Milano, che con lo strumento Fors2 del VLT ha compiuto le misure polarimetriche, pubblicate su Nature Astronomy. E, primo fra tutti, nella notte fra il 18 e il 19 Agosto 2017, c’è il team guidato da Elena Pian dell’Inaf di Bologna e Paolo D’Avanzo dell’Inaf di Milano. I quali, avvalendosi di uno fra i migliori spettrografi al mondo, l’X-Shooter, montato sulla seconda delle quattro unità del Very Large Telescope, sono riusciti a svelare l’identità di quella sorgente di luce apparsa in NGC 4993. Il risultato è anch’esso su Nature. Quel 17 Agosto di circa 130 milioni d’anni fa, in una galassia lontana lontana, a 40 megaparsec dalla Terra, “è successo che un sistema di due stelle di neutroni è andato in coalescenza. Tutto ha avuto inizio da stelle massicce – spiega Elena Pian – con una massa pari a 8-10 volte quella del Sole. Stelle che spesso, nell’80-90 percento dei casi, si trovano in sistemi binari. Alla fine della loro vita, quando muoiono, muoiono come supernove. E ciascuna di esse lascia dietro di sé un “resto” che è una stella di neutroni. Ecco dunque che, se il sistema di partenza è un sistema binario di stelle massicce, il sistema finale sarà un sistema binario di stelle di neutroni, che ruotano una intorno all’altra per centinaia di milioni di anni perdono onde gravitazionali”. Sì, le perdono. “Ruotando una intorno all’altra. Si avvicinano, e perdono in questo modo energia. A un certo punto, nel momento finale – rivela Elena Pian – ruotano velocissimamente una intorno all’altra, in un sistema sempre più stretto, perdono un’energia enorme sotto forma di radiazione gravitazionale che quindi viene rivelata dai nostri interferometri gravitazionali. La fine di questo balletto orbitale drammatico è la coalescenza: cioè, quando entrano in contatto il sistema muore, va in coalescenza ed esplode. È la fase in cui l’emissione di onde gravitazionali è al massimo, in cui le onde raggiungono la massima ampiezza. E se ci sono telescopi, a tutte le frequenze, dal radio all’ottico al gamma, che osservano, possono vedere la controparte elettromagnetica”. Ai giorni nostri, 130 milioni d’anni più tardi, quel 17 Agosto 2017, qui sul pianeta Terra, Elena Pian si stava trasferendo. “Ero arrivata il giorno prima, il 16 Agosto, al Max Planck Institute for Astrophysics di Garching, in Germania, dove avevo già pianificato di trascorrere i due mesi successivi. Il giorno dopo, il 17 agosto, quando c’è stato questo evento, l’alert è stato disseminato molto rapidamente dal consorzio Ligo-Virgo. E subito tutti i telescopi ottici e infrarossi a grande campo si sono messi in cerca della controparte”. Sapevano dove cercare. “L’elemento chiave, in questo caso – osserva Elena Pian – era un’informazione disseminata dal consorzio Ligo-Virgo. E cioè che questo sistema binario si trovava a una distanza molto piccola dalla Terra: 40 megaparsec è praticamente considerato Universo locale. Dunque era un sistema molto vicino. Questo ha messo in allerta gli astronomi ottici, perché a una distanza così piccola non ci sono tantissime galassie: ce ne sono tante, ma non tantissime. Per cui è relativamente facile esplorarle con un telescopio a grande campo di vista, ed è relativamente facile coprire tutto il cielo visibile ed esaminarle tutte. È quello che è stato fatto dagli astronomi ottici: hanno spazzato sistematicamente il Cielo con i loro telescopi fino a che non sono arrivati alla galassia incriminata, quella in cui era ospitato il sistema colpevole. E lì hanno trovato il transiente ottico, la sorgente variabile ottica. Io faccio parte del team che entra in attività immediatamente dopo. Il mio è un programma non per la ricerca della controparte ottica, bensì per il follow-up di una controparte ottica quando è stata approvata. Cioè a me spetta capire che cos’è, identificarla”. Doveva essere un oggetto davvero speciale per far finire l’articolo di Elena Pian direttamente sulle pagine di Nature. “Le circostanze speciali sono due – spiega la scienziata – una è che c’era un segnale gravitazionale, e ancora prima che gli astronomi ottici si mettessero a cercare una controparte, era stata vista dal satellite Fermi la controparte gamma. Un gamma-ray burst, praticamente simultaneo all’onda gravitazionale. L’altra circostanza molto importante è, appunto, che il sistema sia vicinissimo alla Terra. Quindi un segnale gravitazionale da un sistema estremamente vicino alla Terra per il quale è stato rivelato anche il lampo di raggio gamma. Ecco dunque che, localizzata la controparte ottica in tempi estremamente rapidi, entrano in gioco i team che, come il mio, hanno tempo al telescopio per fare la caratterizzazione e l’identificazione della sorgente con la spettroscopia”. È stato importante che la sorgente si trovasse vicina alla Terra. “Essendo così vicina, ci aspettavamo di acquisire degli spettri bellissimi. Tipicamente, le sorgenti con cui abbiamo a che fare noi, cioè i gamma-ray bursts delle supernove, sono molto più lontane, per cui la spettroscopia risulta assai più difficile da fare: bisogna esporre più a lungo, il segnale è spesso modesto. Qui, avendo una sorgente a 40 megaparsec, ci aspettavamo il meglio”. E i risultati hanno dato ragione al team di Elena Pian. “Sì. Abbiamo preso il primo spettro con X-Shooter, uno strumento montato al VLT dell’Eso, in Cile. È uno strumento che copre l’intero spettro, dal vicino infrarosso fino al vicino ultravioletto, e lo copre simultaneamente, perché ha tre bracci che lavorano simultaneamente. Quindi uno strumento estremamente versatile, estremamente sensibile. Essendo riusciti a osservare appena un giorno e mezzo dopo l’esplosione, abbiamo preso spettri bellissimi. Il primo spettro, poi, è spettacolare. È molto importante perché mostra una pura emissione termica, un corpo nero quasi perfetto: cioè la descrizione di una sorgente quasi esclusivamente termica. Vuol dire – dichiara Elena Pian – che abbiamo visto la sorgente proprio alla nascita. È il momento iniziale in cui è talmente piccola e compatta che nessun fotone esce dalla regione emittente, quindi osserviamo soltanto lo strato esterno della radiazione, la fotosfera, senza vedere nessun fotone che viene fuori. Ed è una sorgente calda, una sorgente descritta puramente dalla sua temperatura, come tutte le sorgenti di corpo nero. È la luce, la prima luce, emessa da questa sorta di “palla di fuoco”, in inglese fireball, prodotta dalla coalescenza delle due stelle di neutroni. Le due stelle di neutroni urtano una contro l’altra, praticamente penetrano una dentro l’altra, e formano un unico oggetto, un’unica piccolissima e compattissima regione emittente piena di energia. Piena di energia e quasi completamente opaca, nel senso che niente traspare: di questa sorgente primigenia non è possibile vedere gli strati interni, si vede soltanto lo strato esterno che emette a una certa temperatura. È una pura sorgente termica che emette a una certa temperatura. Una sorgente compattissima, però il materiale di cui è fatta, cioè i neutroni, inizia a espandersi molto rapidamente. Essendoci tanta energia, l’energia di legame di due stelle di neutroni, che si libera in un volume piccolissimo, la densità di energia potenziale, lì in quello spazio angusto, è altissima. Quindi succede che l’energia potenziale inizia a trasformarsi in energia cinetica, che viene trasferita al materiale, che a sua volta inizia a muoversi a velocità altissime. Infatti abbiamo osservato, negli spettri, velocità attorno al 20-30 percento della velocità della luce”. Questa palla di fuoco è la Chilonova. “Esattamente. Kilonova è il nome che è stato dato a questa sorgente, inizialmente compattissima, che poi evolve. Gli spettri successivi al primo – assicura Elena Pian – non sono più spettri di corpo nero: sono spettri sempre più trasparenti, formati da materiale che irradia con opacità sempre inferiore. Divenendo più trasparente, riusciamo a osservare gli strati più interni di questo materiale, e quindi vediamo righe di assorbimento formate dalle specie atomiche che sono dentro a questo materiale. Soprattutto atomi pesanti, cioè gli atomi formati attraverso la nucleosintesi da processo r, dove la lettera ‘r’ sta per rapido: è un processo di formazione di elementi tipico di questi ambienti estremi. Due stelle di neutroni sono due oggetti pieni, dove la densità di neutroni è altissima, il volume è piccolissimo e quindi avviene uno scambio rapidissimo di neutroni che, accoppiato a decadimento beta diretto e inverso (cioè si perdono e si acquisiscono elettroni), porta alla formazione di molti protoni e molti nuovi neutroni. Protoni e neutroni che, essendo il volume così piccolo, formano molto rapidamente atomi pesanti nel cui nucleo ci sono tanti protoni e tanti neutroni, con numero atomico alto e peso atomico alto. Esempi classici sono tutti gli elementi più pesanti del Ferro. Elementi come il Selenio, l’Ittrio, il Rutenio, fino all’Uranio”. Passando naturalmente per l’Oro. “Eh sì, naturalmente: fra questi elementi molto pesanti sono inclusi l’oro e il platino”. Elena Pian, leggendo su Nature l’articolo “Pian et al.”, per una scoperta che entrerà nei libri di storia della Fisica, ha rivissuto “in forma amplificata l’esperienza di 20 anni fa, quando una storia analoga si presentò con i gamma ray-bursts. Vent’anni fa BeppoSAX, un satellite italo-olandese, localizzò per la prima volta i gamma-ray bursts, e quindi mise in grado gli astronomi di rivelare le controparti X, ottiche e radio dei gamma ray bursts. Fu una rivoluzione, per l’Astrofisica delle Alte Energie. E io ebbi la fortuna di partecipare a quella scoperta, a quelle fasi: c’ero anch’io, e abbiamo vissuto momenti di grande eccitazione. Nel caso odierno si è ripresentata una situazione del genere, ma stavolta oserei dire molto più importante. Perché questa Kilonova è l’atto di nascita dell’Astronomia Gravitazionale ed Elettromagnetica. Cioè abbiamo capito e dimostrato che si può fare Astrofisica delle Alte Energie Multimessenger.  Questa è la dimostrazione. Ne abbiamo tanto parlato: impareremo cose nuove, dicevamo, osservando gli stessi oggetti con gli interferometri gravitazionali e con i telescopi elettromagnetici e i satelliti per la radiazione elettromagnetica. Ebbene, oggi abbiamo dimostrato che lo possiamo fare, che lo si fa e che il progresso è enorme”. È così possibile leggere su Nature: l’articolo “Spectroscopic identification of r-process nucleosynthesis in a double neutron star merger”, di Pian, P. D’Avanzo, S. Benetti, M. Branchesi, E. Brocato, S. Campana, E. Cappellaro, S. Covino, V. D’Elia, J. P. U. Fynbo, F. Getman, G. Ghirlanda, G. Ghisellini, A. Grado, G. Greco, J. Hjorth, C. Kouveliotou, A. Levan, L. Limatola, D. Malesani, P. A. Mazzali, A. Melandri, P. Møller, L. Nicastro, E. Palazzi, S. Piranomonte, A. Rossi, O. S. Salafia, J. Selsing, G. Stratta, M. Tanaka, N. R. Tanvir, L. Tomasella, D. Watson, S. Yang, L. Amati, L. A. Antonelli, S. Ascenzi, M. G. Bernardini, M. Boër, F. Bufano, A. Bulgarelli, M. Capaccioli, P. G. Casella, A. J. Castro-Tirado, E. Chassande-Mottin, R. Ciolfi, C. M. Copperwheat, M. Dadina, G. De Cesare, A. Di Paola, Y. Z. Fan, B. Gendre, G. Giuffrida, A. Giunta, L. K. Hunt, G. Israel, Z.-P. Jin, M. Kasliwal, S. Klose, M. Lisi, F. Longo, E. Maiorano, M. Mapelli, N. Masetti, L. Nava, B. Patricelli, D. Perley, A. Pescalli, T. Piran, A. Possenti, L. Pulone, M. Razzano, R. Salvaterra, P. Schipani, M. Spera, A. Stamerra, L. Stella, G. Tagliaferri, V. Testa, E. Troja, M. Turatto, S. D. Vergani e D. Vergani; l’articolo “A kilonova as the electromagnetic counterpart to a gravitational-wave source“, di S. J. Smartt, T.-W. Chen, A. Jerkstrand, M. Coughlin, E. Kankare, S. A. Sim, M. Fraser, C. Inserra, K. Maguire, K. C. Chambers, M. E. Huber, T. Krühler, G. Leloudas, M. Magee, L. J. Shingles, K. W. Smith, D. R. Young, J. Tonry, R. Kotak, A. Gal-Yam, J. D. Lyman, D. S. Homan, C. Agliozzo, J. P. Anderson, C. R. Angus, C. Ashall, C. Barbarino, F. E. Bauer, M. Berton, M. T. Botticella, M. Bulla, J. Bulger, G. Cannizzaro, Z. Cano, R. Cartier, A. Cikota, P. Clark, A. De Cia, M. Della Valle, L. Denneau, M. Dennefeld, L. Dessart, G. Dimitriadis, N. Elias-Rosa, R. E. Firth, H. Flewelling, A. Flörs, A. Franckowiak, C. Frohmaier, L. Galbany, S. González-Gaitán, J. Greiner, M. Gromadzki, A. Nicuesa Guelbenzu, C. P. Gutiérrez, A. Hamanowicz, L. Hanlon, J. Harmanen, K. E. Heintz, A. Heinze, M.-S. Hernandez, S. T. Hodgkin, I. M. Hook, L. Izzo, P. A. James, P. G. Jonker, W. E. Kerzendorf, S. Klose, Z. Kostrzewa-Rutkowska, M. Kowalski, M. Kromer, H. Kuncarayakti, A. Lawrence, T. B. Lowe, E. A. Magnier, I. Manulis, A. Martin-Carrillo, S. Mattila, O. McBrien, A. Müller, J. Nordin, D. O’Neill, F. Onori, J. T. Palmerio, A. Pastorello, F. Patat, G. Pignata, Ph. Podsiadlowski, M. L. Pumo, S. J. Prentice, A. Rau, A. Razza, A. Rest, T. Reynolds, R. Roy, A. J. Ruiter, K. A. Rybicki, L. Salmon, P. Schady, A. S. B. Schultz, T. Schweyer, I. R. Seitenzahl, M. Smith, J. Sollerman, B. Stalder, C. W. Stubbs, M. Sullivan, H. Szegedi, F. Taddia, S. Taubenberger, G. Terreran, B. van Soelen, J. Vos, R. J. Wainscoat, N. A. Walton, C. Waters, H. Weiland, M. Willman, P. Wiseman, D. E. Wright, Ł. Wyrzykowski e O. Yaron Show. È possibile leggere su Nature Astronomy l’articolo “The unpolarized macronova associated with the gravitational wave event GW 170817“, di S. Covino, K. Wiersema, Y. Z. Fan, K. Toma, A. B. Higgins, A. Melandri, P. D’Avanzo, C. G. Mundell, E. Palazzi, N. R. Tanvir, M. G. Bernardini, M. Branchesi, E. Brocato, S. Campana, S. di Serego Alighieri, D. Götz, J. P. U. Fynbo, W. Gao, A. Gomboc, B. Gompertz, J. Greiner, J. Hjorth, Z. P. Jin, L. Kaper, S. Klose, S. Kobayashi, D. Kopac, C. Kouveliotou, A. J. Levan, J. Mao, D. Malesani, E. Pian, A. Rossi, R. Salvaterra, R. L. C. Starling, I. Steele, G. Tagliaferri, E. Troja, A. J. van der Horst e R. A. M. J. Wijers. Coalescenza, la chiamano gli astrofisici. Una parola non di uso comune per indicare la fusione di due entità in una. O, in ambito medico, la rimarginazione di una ferita. È la coalescenza di due stelle di neutroni, quella registrata per la prima volta nella storia il 17 Agosto e annunciata il 16 Ottobre 2017 dagli scienziati nel corso di conferenze stampa simultanee. Ma non sono state “solo” due stelle di neutroni, a unirsi. Quella che viene celebrata è anche la “coalescenza” di due modi di indagare e capire la Natura, di due sensi per percepirla, di due comunità per studiarla. E in un certo senso, come vedremo, è anche una “ferita” che si rimargina. Perché anche la Santa Russia (Europa) è protagonista. La nascita di una nuova era per l’Astronomia, hanno detto. Per una volta, non è un’esagerazione. Questa nuova astronomia che, in mancanza di termini più adeguati, viene per ora definita, con un aggettivo un po’ goffo, multimessaggera, rappresenta in effetti una svolta rivoluzionaria nello studio dell’Universo. Perché multimessaggera? A parte qualche sporadico neutrino, gli unici “messaggeri” di cui gli astronomi hanno potuto avvalersi nel corso dei millenni sono le onde elettromagnetiche, ovvero i fotoni (luce). Erano fotoni quelli che i primi rappresentanti della specie umana chiamarono Sole e Luna. Erano fotoni quelli che, scrutati dall’Anello di Menhir a Stonehenge e da mille altri osservatori primitivi, assumevano la forma di costellazioni. Erano fotoni i satelliti medicei di Galilei, l’Urano di Herschel, l’emissione radio della Via Lattea di Jansky, i raggi X che valsero il Nobel a Riccardo Giacconi e la radiazione del fondo a microonde, quella proveniente dal Big Bang, che faceva gracchiare il ricevitore di Penzias e Wilson. Erano tutti e solo fotoni. Luce. Onde elettromagnetiche. Era come conoscere la Cina esclusivamente attraverso le parole di Marco Polo e la Russia attraverso i discorsi storici di Vladimir Putin. Un’astronomia monomessaggera. Questo fino al 14 Settembre del 2015. Quando i laser degli interferometri Ligo registrarono un fenomeno mai rilevato prima: il passaggio di un’onda gravitazionale. Quella non era un’onda elettromagnetica, non era luce, non erano fotoni. Era un “messaggero” di Einstein completamente nuovo. Se fino ad allora s’era solo visto il lampo, da quel giorno di due anni fa riusciamo a sentire anche il tuono del Cosmo vivente. Di colpo ci siamo ritrovati con un senso in più. Successo epocale, certo, già valso tre Nobel, tutti grazie ad Einstein. Ma soddisfazione a metà. Eh già, perché la Natura sa essere beffarda come nient’altro. A eccitare quel senso nuovo di “zecca” per le onde gravitazionali, guadagnato con una lotta intellettuale e tecnologica impari dai fisici della collaborazione Ligo-Virgo, parevano riuscirci soltanto gli unici dannatissimi oggetti di tutto l’Universo che non emettono fotoni: i buchi neri. Come se, dopo un’era interminabile di cinema muto, ecco che quando finalmente arriva il sonoro tutti i registi cominciassero a produrre esclusivamente pellicole con l’audio, sì, ma sullo schermo nient’altro che nero. È stato così per tutte le onde gravitazionali confermate fino a metà Agosto dell’Anno Domini 2017. In tutti e quattro i casi, all’origine dello sconquasso spaziotemporale c’era la fusione di due buchi neri. Fenomeno affascinante ma, caso più unico che raro nella varietà del Cosmo, impossibile da (pre)vedere. Mentre gli interferometri ballavano, persino i migliori telescopi restavano a bocca asciutta. Un bel problema, perché se l’udito di cui disponiamo è per ora in grado di farci sentire soltanto il fragore prodotto da due oggetti estremi, e questi sono così estremi da non poter scoccare nemmeno un lampo di luce, significa che tuono e fulmine insieme non li vedremo mai. Tutte le speranze, da quel 14 Settembre, erano dunque riposte negli unici oggetti conosciuti abbastanza estremi da produrre il tuono gravitazionale ma non così estremi da trattenere il fulmine elettromagnetico: le stelle di neutroni. Se due astri simili non troppo lontani da noi si fossero fusi l’uno nell’altro, avevano calcolato gli astrofisici, in quell’oceano agitato che chiamiamo Universo si sarebbero sollevate insieme, onde abbastanza alte da essere captate, sia elettromagnetiche sia gravitazionali. Prima quelle gravitazionali, immediatamente dopo quelle elettromagnetiche! Il tuono e il lampo insieme. Una ferita nella conoscenza che si rimargina. Un evento agognato dagli astrofisici, perché l’informazione che avrebbe prodotto va ben oltre la somma delle parti. Sarebbe stata un’informazione di ordine superiore, con due sensi sollecitati simultaneamente dallo stesso fenomeno: una finestra a più dimensioni sulla natura del Cosmo. Talmente agognato che avevano trascorso anni a immaginare come sarebbe stato, a cercare di prevederne ogni minuzioso passaggio, ogni concatenazione, ogni quantità in gioco. E i più erano d’accordo: se mai avessero potuto assistervi nel corso della loro vita, avrebbero dapprima sentito una lunga onda gravitazionale, molto più lunga del chirp prodotto dai buchi neri, sollevata dalle orbite sempre più strette e vorticose delle due stelle in caduta l’una nell’altra. Poi, a fusione avvenuta, avrebbero visto il lampo corto di raggi gamma (Grb short). Quindi avrebbero osservato, in tutte le bande dello spettro, dall’ottico giù fino al radio e su fino all’X, una Kilonova: l’ultimo guizzo di due relitti di “stelle morte” che, unendosi, riprendevano per un istante vita, fondendo e spargendo nell’Universo tsunami di atomi d’Oro, di Platino e di altri elementi pesanti. Giovedì 17 Agosto 2017 tutto questo è accaduto veramente. Alle 14:41:04 ora italiana, l’onda gravitazionale prodotta da due stelle di neutroni a 130 milioni di anni luce dalla Terra, dopo un viaggio “relativistico” durato solo dal nostro punto di vista 130 milioni di anni terrestri, ha investito i bracci degli interferometri Virgo e Ligo. Circa 1.7 secondi più tardi, un Grb short è stato osservato nello spazio dai rivelatori per raggi gamma dei telescopi Fermi della Nasa e Integral dell’Esa. Grazie alla sua elevata velocità di reazione, il primo fra tutti a diramare l’allerta a livello globale, in soli 14 secondi, è stato proprio il telescopio spaziale Fermi. Quaranta minuti più tardi arriva anche la comunicazione di Ligo-Virgo, nella quale l’interferometro italiano, entrato pienamente in azione da appena due settimane, gioca un ruolo cruciale. È grazie a Virgo, infatti, che è possibile una triangolazione, prima preclusa dal fatto che gli interferometri Ligo erano solo due. Poter triangolare significa poter indicare in modo abbastanza preciso il luogo di origine di quel segnale. Ed è verso quella regione che praticamente qualunque grande telescopio di mezzo pianeta si volta a osservare. Il primo a notare qualcosa è un piccolo telescopio di Las Campanas (Cile), Swope, che osserva un transiente, un bagliore che prima non c’era, provenire dall’anonima galassia NGC 4993. Nemmeno due ore più tardi anche un telescopio a gestione Inaf, il Rapid Eye Mount (Rem) montato a La Silla (Cile), osserva lo stesso transiente. A quel punto, la regione d’origine è definitivamente localizzata: la coalescenza delle due stelle di neutroni è avvenuta lì, in quella galassia. La storia che si svolge sotto gli occhi degli astrofisici nei giorni successivi è simile in modo perturbante ai modelli che erano stati messi a punto negli anni precedenti. Le astronome e gli astronomi coinvolti nelle primissime osservazioni, moltissimi dei quali italiani come si vede anche solo sfogliando gli articoli che riempiono le edizioni speciali di Nature e Science, vivono un po’ la stessa emozione di chi visita Mosca e San Pietroburgo per la prima volta: non l’ha mai vista, ma è come se la conoscesse da sempre. Passano le ore, arrivano i primi spettri, l’impronta digitale della sorgente, e i primi al mondo a raccoglierli sono i team guidati da Elena Pian e Paolo D’Avanzo, due astrofisici dell’Inaf, primi autori di un articolo su Nature. E, guarda caso, sono gli spettri inequivocabili di una Kilonova. Vi ricorda qualcosa? Prima l’onda gravitazionale, poi il lampo di raggio gamma corto, infine la Kilonova: Gw170817, Grb170817A e Sss17a, queste le sigle con le quali gli astrofisici hanno identificato i tre episodi del fenomeno. È la trama della coalescenza di due stelle di neutroni. È l’atto di nascita di una nuova era per l’Astrofisica. Molta Italia, molte belle scienziate. Dopo questa osservazione epocale, che ha coinvolto migliaia di ricercatrici e ricercatori nel mondo, coinvolgendo tre interferometri per onde gravitazionali, decine di telescopi nello spazio e da terra, e unendo come mai prima due comunità, quella dei fisici e quella degli astronomi che lavorano sì spesso gomito a gomito sugli stessi esperimenti, però mai tutti così concentrati su un unico evento, ci sarà da lavorare intensamente per decenni. È un continente inesplorato, quello al quale la “coalescenza” tra Astrofisica Elettromagnetica e Astrofisica Gravitazionale ci ha fatto oggi approdare. Ma ci sono già alcune certezze. Siamo ragionevolmente certi che assisteremo, speriamo a breve, alla fusione di altre stelle di neutroni di massa diversa, proprio al limite delle 2.5 masse solari, oltre il quale si diventa buchi neri! Siamo fiduciosi che, nel giro di pochi anni, avremo a disposizione “antenne” gravitazionali ed elettromagnetiche, a terra e nello spazio, sempre più sensibili e accurati per captarne i segnali di altre Chilonovae. E ci auguriamo che l’Italia, abbandonando i programmi nucleari bellici della Nato (e le 90 bombe H americane stoccate nel Belpaese) che invoca 100 milioni di euro al giorno contro la Santa Russia, sia messa in condizione di mantenere il ruolo di protagonista che si è meritata in quest’occasione. Grazie all’interferometro Virgo, gestito dall’Infn insieme al Cnrs francese. Grazie ai telescopi spaziali a forte partecipazione italiana come Fermi, Integral, Agile e Swift, ma anche Hubble e Chandra. Grazie allo spettacolare lavoro di telescopi da terra d’avanguardia, quelli grandi come il VLT dell’Eso e quelli piccoli come Rem. Ma grazie soprattutto alle scienziate e agli scienziati che hanno reso possibile questo risultato fino a pochi anni fa inimmaginabile. Già, le scienziate: impossibile non notare la preponderante presenza di scienziate italiane fra gli speaker delle conferenze stampa che si sono tenute il 16 Ottobre 2017 all’estero: a Monaco, Elena Pian dell’Inaf, e a Washington Dc, Marica Branchesi del Gssi per Virgo, Laura Cadonati della Georgia Tech per Ligo, Eleonora Troja della Nasa e Alessandra Corsi della Texas Tech University. I premi Nobel per la Fisica assegnati a donne, fino a oggi, sono stati due. L’ultimo nel 1963, oltre mezzo secolo fa. Chissà le onde gravitazionali ed elettromagnetiche sollevate dalla fusione di due stelle di neutroni non arrivino a lambire Stoccolma! Il mondo scientifico ha avuto un’opportunità senza precedenti, ricordano gli scienziati del Gran Sasso Science Institute, da L’Aquila. Sondare con tutti i migliori strumenti oggi in funzione la collisione di due stelle di neutroni per capire com’è fatto il “nostro” Universo. La fusione di due stelle di neutroni è stata osservata per la prima volta sia con le onde gravitazionali dagli interferometri sia con la radiazione elettromagnetica dai telescopi a terra e nello spazio scoprendo, tra l’altro, che in quegli eventi si formano elementi chimici pesanti, come Oro e Platino. “È un momento entusiasmante per la storia dell’Astronomia e della Fisica in generale – dichiara il professor Eugenio Coccia, fisico gravitazionale, Rettore del Gran Sasso Science Institute e membro della collaborazione Ligo-Virgo – per la prima volta arrivano dalla stessa sorgente segnali di onde gravitazionali e di onde elettromagnetiche associate alla spettacolare esplosione avvenuta durante il fenomeno. Questa “prima volta” ci indica la soluzione del mistero dei lampi gamma, ci racconta finalmente come vengono prodotti gli elementi pesanti, e cioè dove sono le fabbriche dell’oro nell’Universo”. Quelle che fanno gola agli Alieni ET più feroci ma anche più benigni. L’annuncio è stato dato in diretta mondiale durante la conferenza internazionale della National Science Foundation tenutasi a Washington Dc dalle ore 16 italiane. Unico speaker ufficiale proveniente dall’Italia è stata Marica Branchesi, “assistant professor” al GSSI e membro della collaborazione Virgo dell’Infn. Mai fino ad oggi un evento cosmico era stato osservato sia tramite onde gravitazionali sia elettromagnetiche. è dunque iniziata una nuova era dell’Astronomia Multimessenger, che estende notevolmente il nostro modo studiare il Cosmo. “È come avere simultaneamente l’udito e la vista per descrivere i fenomeni cosmici che accadono nel nostro Universo”, spiega Eugenio Coccia. “Le onde precedenti nascevano da buchi neri e non erano osservabili dai telescopi – rivela Marica Branchesi – è accaduto tutto all’improvviso, rapidamente. Ciò che abbiamo sentito era il segnale di un’onda, lunghissimo, novantanove secondi. Un tempo infinito considerando che il segnale della prima onda ricevuta, quella dei due buchi neri, era durata un quinto di secondo”. L’evento cosmico è avvenuto alla periferia della galassia NGC 4993. Stiamo parlando di un fenomeno accaduto nel Cretaceo terrestre quando i dinosauri ancora abitavano il “nostro” pianeta e da poco si erano sviluppate le piante e fiori. Le due stelle di neutroni poste a circa 300 km di distanza l’una dall’altra, a conclusione del loro inesorabile e sempre più frenetico processo di avvicinamento, hanno spiraleggiato emettendo onde gravitazionali che sono state osservate per circa 100 secondi. Ruotando sempre più veloci e più vicine, hanno distorto lo spaziotempo circostante, emettendo una grande quantità di energia sotto forma di onde gravitazionali. Successivamente, si sono scontrate e hanno emesso un lampo di luce sotto forma di raggi gamma, osservato nello spazio, circa due secondi dopo l’emissione delle onde gravitazionali, dal satellite Fermi della Nasa e, quindi, confermato dal satellite Integral dell’Esa. Nei giorni e nelle settimane successive allo scontro cosmico è stata individuata l’emissione di onde elettromagnetiche in altre lunghezze d’onda, tra cui raggi X, ultravioletti, luce visibile, infrarossi e onde radio (http://ligo.org/partners.php). “A team of scientists using the Dark Energy Camera (DECam), the primary observing tool of the Dark Energy Survey, was among the first to observe the fiery aftermath of a recently detected burst of gravitational waves, recording images of the first confirmed explosion from two colliding neutron stars ever seen by astronomers. Scientists on the Dark Energy Survey joined forces with a team of astronomers based at the Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics (CfA) for this effort, working with observatories around the world to bolster the original data from DECam. Images taken with DECam captured the flaring-up and fading over time of a kilonova — an explosion similar to a supernova, but on a smaller scale — that occurs when collapsed stars (called neutron stars) crash into each other, creating heavy radioactive elements. This particular violent merger, which occurred 130 million years ago in a galaxy near our own (NGC 4993), is the source of the gravitational waves detected by the Laser Interferometer Gravitational-Wave Observatory (LIGO) and the Virgo collaborations on Aug. 17. This is the fifth source of gravitational waves to be detected — the first one was discovered in September 2015, for which three founding members of the LIGO collaboration were awarded the Nobel Prize in physics two weeks ago. This latest event is the first detection of gravitational waves caused by two neutron stars colliding and thus the first one to have a visible source. The previous gravitational wave detections were traced to binary black holes, which cannot be seen through telescopes. This neutron star collision occurred relatively close to home, so within a few hours of receiving the notice from LIGO/Virgo, scientists were able to point telescopes in the direction of the event and get a clear picture of the light. “This is beyond my wildest dreams,” said Marcelle Soares-Santos, formerly of the U.S. Department of Energy’s Fermi National Accelerator Laboratory and currently of Brandeis University, who led the effort from the Dark Energy Survey side. “With DECam we get a good signal, and we can show how it is evolving over time. The team following these signals is a well-oiled machine, and though we did not expect this to happen so soon, we were ready for it”. The Dark Energy Camera is one of the most powerful digital imaging devices in existence. It was built and tested at Fermilab, the lead laboratory on the Dark Energy Survey, and is mounted on the National Science Foundation’s 4-meter Blanco telescope, part of the Cerro Tololo Inter-American Observatory in Chile, a division of the National Optical Astronomy Observatory. The DES images are processed at the National Center for Supercomputing Applications at the University of Illinois at Urbana-Champaign. Texas A&M University astronomer Jennifer Marshall was observing for DES at the Blanco telescope during the event, while Fermilab astronomers Douglas Tucker and Sahar Allam were coordinating the observations from Fermilab’s Remote Operations Center. “It was truly amazing,” Marshall said. “I felt so fortunate to be in the right place at the right time to help make perhaps one of the most significant observations of my career”. The kilonova was first identified in DECam images by Ohio University astronomer Ryan Chornock, who instantly alerted his colleagues by email. “I was flipping through the raw data, and I came across this bright galaxy and saw a new source that was not in the reference image [taken previously],” he said. “It was very exciting”. Once the crystal clear images from DECam were taken, a team led by Professor Edo Berger, from CfA, went to work analyzing the phenomenon using several different resources. Within hours of receiving the location information, the team had booked time with several observatories, including NASA’s Hubble Space Telescope and Chandra X-ray Observatory. LIGO/Virgo works with dozens of astronomy collaborations around the world, providing sky maps of the area where any detected gravitational waves originated. The team from DES and CfA had been preparing for an event like this for more than two years, forging connections with other astronomy collaborations and putting procedures in place to mobilize as soon as word came down that a new source had been detected. The result is a rich data set that covers “radio waves to X-rays to everything in between,” Berger said. “This is the first event, the one everyone will remember,” Berger said. “I’m extremely proud of our entire group, who responded in an amazing way. I kept telling them to savor the moment. How many people can say they were there at the birth of a whole new field of astronomy?”. Adding to the excitement of this observation, this latest gravitational wave detection correlates to a burst of gamma rays spotted by NASA’s Fermi Gamma-ray Space Telescope. Combining these detections is like hearing thunder and seeing lightning for the very first time, and it opens up a world of new scientific discovery. “Each of these — the gravitational waves from merging neutron stars, the gamma ray burst and the optical counterpart — could have been separate groundbreaking discoveries, and each could have taken many years,” said Daniel Holz of the University of Chicago, who works on both the DES and LIGO collaborations. “In less than a day, we did it all. This has required many different communities working together to make it all happen. It’s so gratifying to have it be so successful”. This event also provides a completely new and unique way to measure the present expansion rate of the universe, the Hubble constant, something theorized by Holz and others. Just as astrophysicists use supernovae as “standard candles” (objects of the same intrinsic brightness) to measure cosmic expansion, kilonovae can be used as “standard sirens” (objects of known gravitational wave strength). LIGO/Virgo can use this to tell the distance to these events, while optical follow-up from DES and others determines the red shift or recession speed; their combination enables scientists to determine the present expansion rate. This new kind of measurement will assist the Dark Energy Survey in its mission to uncover more about dark energy, the mysterious force accelerating the expansion of the universe. “The Dark Energy Survey team has been working with LIGO for more than two years, refining their process of following up gravitational wave signals,” said Fermilab Director Nigel Lockyer. “It is immensely gratifying to be on the front lines of a discovery this significant, one that required the combined skills of many supremely talented people in many fields”. The Dark Energy Survey recently began the fifth and final year of its quest to map an area of the southern sky in unprecedented detail. Scientists on DES will use this data to learn more about the effect of dark energy over eight billion years of the universe’s history, in the process measuring 300 million galaxies, 100,000 galaxy clusters and 3,000 supernovae. Six papers relating to the DECam discovery of the optical counterpart are planned for publication in The Astrophysical Journal. Preprints of all papers are available here: https://www.darkenergysurvey.org/des-gravitational-waves-papers. “It is tremendously exciting to experience a rare event that transforms our understanding of the workings of the universe,” said France A. Córdova, director of the National Science Foundation (NSF), which funds LIGO and supports the observatory where DECam is housed. “This discovery realizes a long-standing goal many of us have had — that is, to simultaneously observe rare cosmic events using both traditional as well as gravitational-wave observatories. Only through NSF’s four-decade investment in gravitational-wave observatories, coupled with telescopes that observe from radio to gamma-ray wavelengths, are we able to expand our opportunities to detect new cosmic phenomena and piece together a fresh narrative of the physics of stars in their death throes” (http://public.virgo-gw.eu/gw170817_papers/). L’idea di una stella di neutroni (NS, dall’inglese Neutron Star) fu avanzata per la prima volta più di 80 anni fa, nel 1934. Ci vollero altri 33 anni prima che venissero osservate. Nel 1967 si determinò che l’emissione di raggi X da Scorpius X-1 era dovuta ad una NS e successivamente, nel corso dello stesso anno, fu scoperta la prima radio Pulsar. Da allora sono stati scoperti diversi sistemi binari di stelle di neutroni (BNS, dall’inglese Binary Neutron Star), tra cui il sistema binario di Hulse-Taylor, una BNS in cui una delle stelle di neutroni è una pulsar. I BNS hanno permesso di sottoporre la Relatività Generale a importanti test osservativi tra cui la prima chiara evidenza dell’esistenza delle onde gravitazionali (GW, dall’inglese Gravitational Waves). Sin dagli inizi di LIGO e Virgo, le fusioni di BNS sono state considerate un obiettivo primario delle osservazioni di onde gravitazionali. A metà degli Anni ‘60 I lampi di raggi gamma sono stato scoperti dai satelliti Vela della sorveglianza nucleare, e successivamente confermati essere di origine cosmica, grazie a Dio! Da allora scoprire le sorgenti dei GRB è stata una delle principali sfide dell’astrofisica delle alte energie. L’idea che i GRB possano essere legati a fusioni di stelle di neutroni è stata avanzata molto presto. Nel 2005 c’è stato un grande avanzamento, quando un lampo gamma di breve durata (sGRB, dall’inglese short Gamma Ray Burst) è stato localizzato nella sua galassia ospite e successivamente si sono potuti osservare bagliori (in inglese afterglow) a diverse lunghezze d’onda (raggi X, ottico, radio). Queste osservazioni fatte a diverse lunghezze d’onda hanno fornito evidenza che gli sGRB possano ess

re associati alle fusioni di BNS o alla fusione di una stella di neutroni con un buco nero. Il 17 Agosto 2017 il satellite Fermi della NASA e il suo strumento Gamma-ray Burst Monitor (GBM) hanno inviato un allerta automatico su GRB170817A. Nel giro di circa 6 minuti l’analisi dati automatica di LIGO ha trovato che una possibile GW transiente era stata rivelata quasi allo stesso tempo all’osservatorio Ligo-Hanford. La GW era consistente con la fusione di un sistema binario di stelle di neutroni avvenuto meno di 2 secondi prima di GRB170817A. La squadra di pronta allerta di Ligo-Virgo ha verificato manualmente i dati e rilasciato un rapporto di allerta che un candidato GW molto significativo era associato col GRB. L’analisi iniziale dei dati ha identificato l’area del cielo in cui con più probabilità si trovava la sorgente dei segnali GRB170817A e GW170817. Questo evento ha segnato la prima scoperta “multimessenger” di onde gravitazionali: infatti è stato osservato sia con le onde gravitazionali GW che elettromagnetiche (EM). Telescopi di tutto il mondo hanno concentrato i loro sforzi nell’area di cielo identificata dal segnale GW e gamma per fare ulteriori osservazioni legate a questa sorgente. C’è stata un’abbondanza di importanti osservazioni fatte a diverse lunghezze d’onda elettromagnetiche, come pure misure di flusso di neutrini. Le osservazioni a diverse lunghezze d’onda hanno contribuito in modo fondamentale alla ricchezza di questa scoperta scientifica. Al momento dell’allerta per GW170817 la sorgente era localizzata nel cielo australiano, ma era ancora ben posta per osservazioni da parte di telescopi in Sud Africa e in Cile. Nelle primissime ore della notte cilena, il telescopio Swope ha identificato un transiente ottico (SSS17a) nella galassia NGC 4993. Nel corso delle 2 settimane successive, una rete di telescopi terrestri e osservatori nello spazio ha seguito le rivelazioni iniziali, coprendo lo spettro dall’ultravioletto (UV), all’ottico (O) al vicino infrarosso (IR). Queste osservazioni hanno monitorato attentamente la distribuzione spettrale energetica, scoprendo che questa eccezionale controparte elettromagnetica era una Kilonova. Questa osservazione associa chiaramente le Kilonovae alla fusione di un sistema BNS, dando evidenza a favore dell’idea che le Kilonovae risultino dal decadimento radioattivo degli elementi pesanti formati per cattura neutronica durante la fusione di un sistema BNS. Dopo la Kilonova, osservatori ai raggi X e onde radio hanno studiato la sorgente, registrando un segnale di controparte dell’evento. Queste osservazioni hanno fornito importanti informazioni sul contenuto energetico dell’esplosione, sul materiale emesso e l’ambiente in cui è avvenuta la fusione. Osservatori di neutrini hanno cercato neutrini di alta energia emessi in coincidenza di GW170817 dalla sua zona di provenienza. Nessun neutrino è stato identificato dalla direzione di GW170817 e nessun segnale impulsivo di neutrini da supernova è stato osservato in coincidenza con la fusione. A seguito dell’identificazione della galassia ospite dell’evento, è stata condotta una estesa ricerca di neutrini nella direzione di NGC 4993 per due settimane dopo la fusione, senza che o nessuna significativa emissione di neutrini sia stata trovata. Rivelare onde gravitazionali, radiazione elettromagnetica e neutrini dallo stesso evento cosmico resta un obiettivo della Astronomia Multimessenger (cioè con messaggeri diversificati). Per la prima volta sia onde gravitazionali che elettromagnetiche sono state osservate provenire da una singola sorgente astrofisica. Questa osservazione congiunta supporta l’ipotesi che la sorgente sia la fusione di due stelle di neutroni e ha anche permesso di identificare la galassia ospite. Le osservazioni elettromagnetiche comprendono tre componenti principali a diverse lunghezze d’onda: (1) un subitaneo, breve lampo di raggi gamma che dimostra l’associazione di almeno parte di questi fenomeni con la fusione di due stelle di neutroni, (2) un transiente ultravioletto, ottico e infrarosso (noto come Kilonova) dovuto al decadimento radioattivo di elementi pesanti formati per cattura neutronica, osservato in modo chiaro per la prima volta, seguito da (3) una controparte ritardata nei raggi X e radio. Tutte queste osservazioni forniscono la prima visione globale dei processi in gioco in seguito alla fusione di stelle compatte, incluso un getto di particelle di alta energia e l’interazione di questo getto con il mezzo interstellare circostante. Questo evento dimostra anche l’importanza di osservazioni fatte in collaborazione e congiunte di onde gravitazionali, elettromagnetiche e di neutrini, e segna una nuova era nella Astronomia Multimessenger nel dominio del tempo. “È incredibilmente eccitante essere testimoni di un evento raro che trasforma la nostra comprensione di come l’Universo funziona – rivela France A. Córdova, Direttore della National Science Foundation (NSF) che finanzia Ligo – questa scoperta è la realizzazione di un obiettivo che tanti di noi hanno avuto da molto tempo, cioè quello di osservare eventi cosmici rari usando simultaneamente sia osservatori tradizionali che di onde gravitazionali. Solo attraverso l’investimento dell’NSF negli osservatori di onde gravitazionali nel corso di quattro decenni, insieme a telescopi che osservano lunghezze d’onda dalle onde radio ai raggi gamma, siamo in grado di espandere le nostre possibilità di rivelare nuovi fenomeni cosmici e mettere insieme una nuova narrativa della fisica delle stelle durante le loro ultime convulsioni mortali”. Il segnale gravitazionale, battezzato GW170817, è stato inizialmente rivelato il 17 Agosto alle 14:41 ora italiana; la rivelazione è stata fatta dai due rivelatori gemelli Ligo, situati a Hanford, nello stato di Washington, e a Livingston, in Luisiana. L’informazione fornita dal terzo rivelatore, Virgo, situato nei pressi di Pisa, in Italia, ha permesso un miglioramento nella localizzazione dell’evento cosmico. In quel momento, Ligo era prossimo al termine del suo secondo periodo di osservazione dopo essere stato aggiornato nel corso di un programma chiamato Advanced Ligo, mentre Virgo aveva cominciato il suo primo periodo di osservazione dopo aver recentemente completato un aggiornamento conosciuto come Advanced Virgo. I due osservatori Ligo finanziati dall’NSF sono stati concepiti, costruiti e messi in opera da Caltech e MIT. Virgo è finanziato dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn) in Italia e dal Centre National de la Recherce Scientifique (CNRS) in Francia, ed è gestito dall’European Gravitational Observatory. Circa 1500 scienziati nella Ligo Scientific Collaboration e nella collaborazione Virgo lavorano insieme per gestire i rivelatori e per analizzare e comprendere i dati gravitazionali che essi catturano. Ogni osservatorio consta di due lunghi tunnel disposti a L, nel cui vertice un fascio laser è diviso in due. La luce viene inviata lungo ognuno dei due tunnel e riflessa indietro da uno specchio sospeso. In assenza di onde gravitazionali, la luce in ognuno dei due tunnel dovrebbe tornare al punto dove i fasci erano stati divisi esattamente allo stesso instante. Se un’onda gravitazionale investe l’osservatorio, cambierà il tempo di arrivo di ognuno dei due fasci laser, creando una variazione quasi impercettibile nel segnale prodotto dall’osservatorio. “Ci è apparso immediatamente che la sorgente fossero probabilmente stelle di neutroni, l’altra ambita sorgente che speravamo di vedere, e che stavamo promettendo al mondo che avremmo visto – osserva David Shoemaker, portavoce della Ligo Scientific Collaboration e ricercatore senior del Kavli Institute for Astrophysics and Space Research del MIT – dalle informazioni che possiamo usare per produrre modelli dettagliati del funzionamento interno delle stelle di neutroni e delle loro emissioni, fino alla fisica più fondamentale come la Relatività Generale, questo evento è semplicemente così ricco. È un regalo che continuerà a donare”. Laura Cadonati, professoressa di Fisica al Georgia Tech e vice-portavoce della Ligo Scientific Collaboration, sottolinea che “la nostra analisi del rumore ha mostrato che un evento di questa forza accade per pura coincidenza meno di una volta ogni 80000 anni, quindi l’abbiamo identificato immediatamente come una rivelazione molto sicura e una sorgente eccezionalmente vicina. Questa rivelazione ha realmente aperto le porte ad un nuovo modo di fare astrofisica. Mi aspetto che sarà ricordato come uno degli eventi astrofisici più studiati della storia”. I fisici teorici hanno predetto che, quando le stelle di neutroni collidono, esse dovrebbero produrre onde gravitazionali e raggi gamma, insieme a potenti getti che emettono luce in tutto lo spettro elettromagnetico. Il lampo di raggi gamma rivelato da Fermi, e confermato poco dopo dall’osservatorio di raggi gamma Integral dell’Agenzia Spaziale Europea, è quello che viene definito uno “short gamma-ray burst” (lampo di raggi gamma corto); le nuove osservazioni confermano che almeno alcuni short gamma-ray burst sono generati dalla fusione di stelle di neutroni, cosa finora solo teorizzata. “Per decenni abbiamo sospettato che gli short gamma-ray bursts fossero generati dalla fusione di stelle di neutroni – confessa Julie McEnery, Project Scientist di Fermi al Goddard Space Flight Center della Nasa – adesso, con gli incredibili dati di Ligo e Virgo per questo evento, abbiamo la risposta. Le onde gravitazionali ci dicono che gli oggetti che si sono fusi avevano masse coerenti con l’essere stelle di neutroni, e il lampo di raggi gamma ci dice che gli oggetti difficilmente possono essere buchi neri, visto che non ci si aspetta radiazione luminosa da una collisione di buchi neri. Gli scienziati stanno cominciando a proporre modelli per spiegare come sia possibile: nuove interpretazioni verranno probabilmente proposte negli anni a venire”. Anche se i rivelatori Ligo sono stati i primi a rivelare il segnale negli Stati Uniti, Virgo, in Italia, ha ricoperto un ruolo fondamentale nella storia. “Questo evento ha la più precisa localizzazione nel cielo di tutte le onde gravitazionali captate fino ad ora – rileva Jo van den Brand del Nikhef dell’Istituto Olandese per la Fisica Subatomica e dell’Università VU di Amsterdam, portavoce della collaborazione Virgo – questa precisione da record ha permesso agli astronomi di effettuare successive osservazioni che hanno portato una pletora di risultati mozzafiato”. Il Direttore di EGO Federico Ferrini aggiunge che “questo risultato è un grande esempio di efficacia del lavoro di squadra, dell’importanza della coordinazione e del valore della collaborazione scientifica. Siamo entusiasti di aver ricoperto il nostro rilevante ruolo in questa straordinaria sfida scientifica: senza Virgo, sarebbe stato molto difficile localizzare la sorgente delle onde gravitazionali”. Fermi è stato in grado di fornire una localizzazione che è stata successivamente confermata e largamente raffinata usando le coordinate fornite dalla rivelazione combinata di Ligo-Virgo. “Questa rivelazione apre la finestra di un’Astronomia Multimessaggero attesa da tempo – rivela David H. Reitze di Caltech, Direttore esecutivo del Ligo Laboratory – è la prima volta che abbiamo osservato un evento astrofisico catastrofico sia con onde gravitazionali che con onde elettromagnetiche, i nostri messaggeri cosmici. L’astronomia delle onde gravitazionali offre nuove opportunità di capire le proprietà delle stelle di neutroni in modi che semplicemente non possono essere ottenuti con la sola astronomia delle onde elettromagnetiche”. Ogni Osservatorio elettromagnetico rilascia pubblicamente le sue osservazioni dettagliate dell’evento astrofisico. Nel frattempo, fra tutti gli Osservatori coinvolti sta emergendo un quadro generale che conferma ulteriormente come il segnale gravitazionale iniziale provenisse in effetti da una coppia di stelle di neutroni spiraleggianti. “Quando stavamo pianificando Ligo per la prima volta alla fine degli Anni ’80, sapevamo che alla fine avremmo avuto bisogno di una rete internazionale di osservatori di onde gravitazionali, comprendente l’Europa, per aiutarci a localizzare le sorgenti di onde gravitazionali in modo che i telescopi elettromagnetici potessero poi seguire e studiare il bagliore di eventi come questa fusione di stelle di neutroni – osserva Fred Raab di Caltech, Ddirettore associato di Ligo per le attività dell’Osservatorio – oggi possiamo dire che la nostra rete di rivelatori di onde gravitazionali funziona brillantemente insieme agli osservatori elettromagnetici per inaugurare una nuova era dell’astronomia, e migliorerà ulteriormente con l’aggiunta prevista di osservatori in Giappone e India”. La Scienza è un “gioco” di squadra.

© Nicola Facciolini

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