PAPA FRANCESCO DA PADRE PIO: UN CROCEVIA TRA PASSATO E FUTURO

di Mario Setta

 

Sabato 17 marzo 2018, papa Francesco arriva a San Giovanni Rotondo, il famoso santuario dedicato a padre Pio da Pietrelcina. A cento anni dalla stigmatizzazione e 50 anni dalla morte.  Era nato il 25 maggio 1887. A sedici anni entrava nel convento dei frati minori cappuccini a Morcone. Nel 1910 veniva ordinato sacerdote. Muore il 23 settembre 1968. Un uomo, un caso. Intorno a padre Pio è nata una celebrità che non tende a diminuire. Lui stesso diceva: “Farò più rumore da morto che da vivo”. Anche il pellegrinaggio di papa Francesco a San Giovanni Rotondo ed a Pietrelcina, il paese natale, non farà che aumentare l’afflusso dei pellegrini e l’incremento della devozione verso padre Pio, canonizzato da Giovanni Paolo II. L’influenza che ha avuto e continua ad avere padre Pio sul popolo, in Italia e all’estero, richiederebbe una attenta riflessione. Un personaggio assolutamente strano, singolare, irripetibile. Ma pur sempre un uomo. Non animale, né dio.  Forse un uomo con un imprinting speciale, che dominava tutto il suo essere.

 

Padre Agostino Gemelli, psicologo e francescano anche lui, lo aveva dichiarato “psicopatico, autolesionista, imbroglione”. Un giudizio certamente personale, rispettabile, ma non coglieva l’essenza della persona Francesco Forgione, come era stato chiamato nel battesimo. L’istituzione ecclesiastica, proprio in forza della fama e dell’enorme attrattiva che proveniva dal frate di San Giovanni Rotondo, aveva fatto ricorso ad ogni indagine, comminandogli perfino la “sospensione a divinis” per un periodo di tempo. Tutto inutile. Il modo di agire, lo stile spiritual-religioso di padre Pio restava immutabile. Una scontrosità che terrorizzava, minacciando condanne divine. Personalmente ho un ricordo lucidissimo. All’età di diciotto anni, dopo la maturità classica, mi recai a San Giovanni Rotondo e mi misi in fila per confessarmi. Solo qualche minuto, inginocchiato davanti al padre e subito allontanato, senza assoluzione. Un “vai” che mi risuona anche adesso nella mente. Era il suo strano modo di trattare i penitenti, dividendoli forse in simpatici e antipatici, buoni e cattivi. Il miracolo della preveggenza!

 

Paolo VI ha parlato di “clientela mondiale” per il taumaturgo di San Giovanni Rotondo, ma l’analisi più vera e profonda è stata stilata da Sergio Luzzatto, che ha descritto minuziosamente la vita e posto in risalto il contesto storico del personaggio. Una voce di consenso al fascismo. Mai nessun grido di rivolta contro le ingiustizie sociali e politiche. Sempre e solo il rifugio o la fuga nella preghiera. Lo stile di vita proposto da padre Pio non è che un inchinarsi al destino, l’accettazione delle situazioni concrete confidando nell’aiuto divino. Aveva una tale identificazione con il potere divino da fare azioni quasi fossero oltre-umane. Miracolose.

 

Perfino le stimmate, fenomeno fisico, non sono che espressioni di forza divina. Qualcosa di innato e non ancora scientificamente spiegabile. Tutto il clima instaurato intorno alla persona di padre Pio è stato e resta un clima extra-umano (profumi, bilocazione, preveggenza, ecc.). Il miracolo per stupire. Ben lontano dal concetto di miracolo, come descritto nel Vangelo. Cristo non emanava profumi, non aveva bilocazioni, non era un preveggente. Era semplicemente un uomo, il Figlio dell’Uomo, come si definiva. Non fondava il suo messaggio sui miracoli, che anzi riprovava: “se non vedete segni e miracoli, non credete” (Gv. 4.48), ma sulla fede. Yuval Noah Harari, nel libro “Sapiens, da animali a déi” (2017, cinque milioni di copie in tutto il mondo e tradotto in più di trenta lingue), presentando la storia dell’umanità, arriva a scrivere: “Noi studiamo la storia non per conoscere il futuro, ma per ampliare i nostri orizzonti… e che abbiamo di fronte a noi molte più possibilità di quante immaginiamo”.

 

Nel trend di una continua evoluzione della natura e dell’uomo, non può che esserci maggiore e più attenta apertura mentale, confrontandosi con le teorie “futuristiche” annunciate, con prove scientificamente valide, da Harari nell’altro suo libro, “Homo Deus, breve storia del futuro”, che prefigura un futuro dell’Uomo non tanto “Deus”, ma più facilmente “Nullus”, l’uomo annullato e sostituito da “Google, Facebook e altri algoritmi che diventeranno oracoli onniscienti e potranno evolvere in protagonisti attivi e in definitiva sovrani”. Probabilmente il futuro annunciato da Harari è semplicemente chimerico, ma tecnicamente possibile con gli sviluppi così travolgenti dell’informatica, Se la scienza biologica, oggi, tende a considerare l’uomo un algoritmo, restano i grandi interrogativi di fronte ai quali la scienza tace. “La scoperta scientifica più importante – scrive sempre Harari – è la scoperta dell’ignoranza”. Si resta sempre ignoranti di fronte all’inconoscibile. È lo stesso autore che termina il suo libro affermando: “Tutti gli scenari delineati dovrebbero essere compresi come possibilità, piuttosto che come profezie… e di pensare al nostro futuro in maniera assai più creativa”. 

 

Alle posizioni di Harari fa da pendant il pensiero di Teilhard de Chardin, paleontologo e teologo, che scrive: “L’uomo è attualmente in piena espansione…una ultraominizzazione in corso…”. Forse ci troviamo di fronte ad una duplice visione dell’uomo e del mondo (weltanschauung): quella ottimistica delineata sia da Harari che da De Chardin e quella pessimistica, di stampo medievale, di cui padre Pio è l’emblema. L’istituzione ecclesiastica e non solo, ma l’umanità intera, ha davanti a sé un crocevia: realizzare le capacità umane alla luce della razionalità e dei segni positivi insiti nell’umanità dagli inizi dei tempi, o tornare ai miti d’un passato, segnato da una concezione pessimistica dell’uomo, condannato dal peccato originale. Un passato che chiama in causa il demonio come incarnazione del male e che padre Pio combatteva definendolo “il cosaccio”, ma che in realtà resta il vero stigma lasciato alla natura umana. Natura che si evolve da miliardi di anni verso la sua piena realizzazione positiva, che Teilhard de Chardin definiva il “Punto Omega”, identificandolo con Cristo. Una natura che lentamente, ma inesorabilmente va verso l’identificazione con Dio: “Io ho detto: voi siete dèi”. (Salmo 82,6)

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