Come è cambiato il mondo degli appalti con il D.Lgs. 50/2016? Quando il decreto sarà completato? Vedrà mai la luce il sistema di qualificazione delle imprese? Ne parliamo con Lorenzo Fantini, Maria Giovannone, Paolo Varesi e Fabrizio Bottini.
Come raccontato nell’intervista che proponiamo oggi, registrata ad Ambiente Lavoro, il tema degli appalti è un tema delicato, non solo per la mole di norme correlate, spesso complesse, ma specialmente per le tante criticità in materia di prevenzione degli infortuni. Una relazione del 2010, della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro, sottolineava quanto fosse elevato il rischio infortunistico negli appalti, con particolare riferimento a quelli delle grandi opere. Si segnalava nel 2010 la necessità di adottare specifiche forme di coordinamento e di controllo, anche con riferimento al problema dei subappalti, dove non sempre le imprese sono qualificate…
Dal 2010 ad oggi molte cose sono cambiate. E sono state recepite in materia di contratti pubblici – come sempre in ritardo – tre direttive europee. Parliamo del nuovo Decreto Legislativo 18 aprile 2016, n. 50 recante “Attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture”.
Si è dunque avviata una nuova stagione nella gestione degli appalti pubblici.
Ma con il nuovo decreto – criticato da molti commentatori perché ancora troppo complicato – cosa cambierà in materia di sicurezza nel mondo degli appalti pubblici?
E se nel tentativo di colmare i ritardi di recepimento, si è arrivati ad un’entrata in vigore immediata del nuovo codice, non si creeranno problemi per operatori e aziende?
Un altro aspetto – correlato alle criticità nella sicurezza nel mondo degli appalti – è legato al sistema di qualificazione. Il DPR sul sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi – richiesto dal TU e a cui si fa riferimento nella normativa sugli appalti – non è mai stato emanato.
Perché il DPR non è mai stato emanato? Quali sono le resistenze incontrate? Quali i possibili criteri individuati nei lavori svolti, ma infruttuosi, per arrivare ad un sistema di qualificazione?
Sono alcune delle domande che abbiamo posto il 19 ottobre 2016 a tre relatori del convegno, ad Ambiente Lavoro, dal titolo “Le novità per la sicurezza introdotte con il nuovo codice degli appalti pubblici d.lgs.50/2016 e le prospettive di integrazione con il sistema di qualificazione delle imprese”. Alle domande rispondono in particolare l’avvocato Lorenzo Fantini, che sappiamo avere avuto una lunga e qualificata esperienza di lavoro in materia di sicurezza al Ministero del Lavoro, l’avvocato Maria Giovannone e con Paolo Varesi (Membro esperto nella Commissione Consultiva permanente). All’intervista partecipa anche Fabrizio Bottini, esperto di diritto della sicurezza sul lavoro e rappresentante di Aifes, una delle associazioni organizzatrici del convegno.
E per mostrare che le risposte non sono state reticenti, basta riportare quanto indicato da Lorenzo Fantini in merito al sistema di qualificazione: solo se le associazioni datoriali intenderanno “andare contro la pancia dei propri associati”, si farà il DPR qualificazione, “che sarà fatto su un livello base, perché non ci possiamo permettere un livello superiore”. Altrimenti “se non ci sarà questa volontà il DPR qualificazione sarà come l’araba fenice, come ‘Aspettando Godot’. L’aspettiamo e non si farà…”.
Come sempre diamo ai nostri lettori la possibilità di seguire integralmente la video intervista e/o di leggerne una parziale trascrizione.
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Articolo e intervista a cura di Tiziano Menduto
In questi ultimi anni, anche con riferimento al nuovo D.Lgs. 50/2016, c’è stata un’evoluzione positiva nella tutela della sicurezza nel mondo degli appalti? Ci sono criticità ancora da affrontare?
Lorenzo Fantini: “Da un punto di vista generale il problema degli appalti c’è. Ci sono tuttora criticità nella gestione di lavori non realizzati internamente dall’azienda, ma esternalizzati.
Abbiamo un problema legato ad una scelta aziendale che è sempre più frequente e sarà sempre più frequente nel futuro: ormai le aziende tengono internamente soltanto il coredella propria attività e tutto il resto lo esternalizzano.
Purtroppo i dati statistici infortunistici, in questo tipo di scelta, sono più elevati, rispetto alla lavorazione che viene fatta internamente. E le ragioni sono note. Sono note le ragioni della difficoltà a legare tra di loro l’organizzazione del committente e l’organizzazione dell’appaltatore (…).
Questo problema non si differenzia tra il pubblico e il privato. La statistica è una statistica negativamente omogenea sia che si faccia riferimento al privato, sia che si faccia riferimento al pubblico. D’altronde questo è un problema che è stato già affrontato dalla direttiva.
Da questo punto di vista la normativa di salute e sicurezza sul lavoro ha un’evoluzione, ma è un’evoluzione che si rivela lenta rispetto all’obiettivo. L’obiettivo dell’evoluzione normativa è sempre la diminuzione dell’indice infortunistico (…).
Tuttora abbiamo una criticità nell’affidamento di lavori, servizi e forniture sia nel settore privato che nel settore pubblico. La nuova norma sicuramente è un passo in avanti perché è un decreto che fa chiarezza su molti aspetti. Non è completo (…) perché mancano ancora tante tante parti dalla norma. È vero che è stato abrogato il 163, che sarebbe il decreto legislativo di base sugli appalti pubblici sostituito daldecreto legislativo 50/2016, ma abbiamo circa un centinaio di linee guida che devono essere emanate. Alcune sono state emanate, altre le stiamo aspettando. Quindi l’impatto normativo non lo abbiamo ancora percepito.
La mia personale opinione è che sia un apparato normativo apprezzabile, che tiene conto di molte delle criticità che erano state segnalate negli anni precedenti con l’applicazione del 163, che si muove in una direzione giusta che è quella di cercare di favorire un affidamento dei lavori tenendo conto anche della capacità tecnica di svolgere quel lavoro in sicurezza. Cosa che in passato c’era già, ma che adesso viene enfatizzata.
E il decreto ha una serie di questioni che secondo me sono positive. Definisce bene determinati ruoli, ad esempio quello del RUP viene ulteriormente definito, al direttore dei lavori si dà una definizione normativa abbastanza condivisibile, …
Poi vediamo l’impatto che il decreto avrà.
È talmente nuovo l’apparato normativo – non è nemmeno completo – che non me la sento di dire se ci sarà un salto di qualità dal punto di vista della gestione degli appalti pubblici.
Ripeto però che per il problema degli appalti non può essere fatto un discorso diverso tra pubblico e privato perché il problema della gestione della sicurezza non è diversa tra pubblico e privato. E questo conferma lamia personale convinzione che il problema non è la norma, ma quanto la norma sia percepita dalle aziende e dai lavoratori…”.
Forniamo qualche altro dettaglio, ad esempio in merito al campo di applicazione della norma…
Lorenzo Fantini: “Rapidamente, si può rispondere che tutto sommato sia lo stesso campo di applicazione del 163 del 2006. Quindi affidamento di lavori, servizi, anche la fornitura di merci che viene fatta nei confronti dell’amministrazione pubblica, comporta l’applicazione delle regole del 50 del 2016. Quindi tutte le attività che sono di affidamento di una fornitura, un servizio – anche servizi postali – sono portate dal campo di applicazione generale degli appalti alla normativa degli appalti pubblici.
Il rapporto tra la normativa di sicurezza generale, cioè il decreto legislativo 81/2008 e il decreto legislativo 50/2016 è un rapporto di “genere a specie”. Cioè noi applichiamo le regole della nuova normativa quando sono speciali rispetto a quella del 81, quindi vuol dire che le stesse regole che si devono adottare per gli appalti privati devono essere adottate per gli appalti pubblici.
Le novità vere stanno nell’affidamento, cioè nella scelta del soggetto contraente. Perché evidentemente il pubblico ha bisogno di maggiore chiarezza e maggiori procedure già predeterminate, che, soprattutto per gli appalti più grossi, sfocia in una vera e propria procedura concorsuale. (…)
Ricordiamoci che le regole che si devono adottare nel privato, si devono adottare anche nel pubblico. Il documento di valutazione del rischio da interferenze, piano di sicurezza e coordinamento, gestione della cooperazione e coordinamento: queste sono regole che non troviamo nel decreto 50, le troviamo nell’81. Il 50/2016 ci dice come fare un affidamento di lavori, servizi, forniture nel pubblico. Il soggetto pubblico deve rispettare queste regole, (…) ma la normativa di sicurezza rimane totalmente applicabile”.
So che c’è stata una brusca entrata in vigore del nuovo decreto. Questo non è un problema per aziende e operatori?
Lorenzo Fantini: “È sicuramente un problema perché questa è una normativa non autosufficiente. Ma è stata una scelta obbligata. Io sono stato in Amministrazione 10 anni. L’Amministrazione – arrivata al punto, colpevolmente, di essere arrivata in ritardo sulla stesura di un provvedimento legislativo – non si espone al rischio della procedura d’infrazione. Quindi si sono inventati un escamotage. Si è fatta una normativa soffice, una norma di base che probabilmente è anche troppo complicata, e tutta una parte “esecutiva” lasciata a delle linee guida. (…)
È vero che questo tipo di scelta è stata una scelta necessitata dall’obbligo di rispettare il limite dell’attuazione della direttiva, ma non credo che questa scelta sia negativa. Perché si passa da un atto rigido – il 163 aveva un regolamento e il regolamento è un atto rigido – (…) alle linee guida che, per definizione, possono essere cambiate in qualsiasi momento (…).
Paradossalmente lo trovo un elemento positivo, nel senso che le linee guida – che stanno facendo abbastanza velocemente – possono essere cambiate dall’autorità senza passare per una procedura di regolamento che richiede mesi e mesi…” (…)
Veniamo a parlare del sistema di qualificazione. Il DPR sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi, richiesto dal decreto 81, non è mai stato emanato.
Non pensa che la mancanza di questo sistema di qualificazione renda più difficile la prevenzione della sicurezza negli appalti? Perché questo DPR non è mai stato emanato? Quali gli elementi che lo hanno bloccato?
Paolo Varesi: “Il motivo è dato dagli interessi contrapposti. C’è un dato di fatto su cui dovremmo riflettere in termini generali: molte delle imprese italiane sono improvvisate, nascono e derivano da realtà familiari e spesso sono prive di quella qualificazione che invece il legislatore ha voluto introdurre. Il mondo del lavoro è cambiato, i rischi legati all’attività lavorativa sono cresciuti esponenzialmente – anche con lo sviluppo tecnologico – e non è più possibile che le imprese utilizzino tecniche costruttive o comunque tecnico-organizzative che non sono più legate ai cambiamenti del tempo.
La Commissione Consultiva è una commissione composta da una serie di soggetti, alcuni istituzionali e alcuni rappresentativi delle parti sociali e, tra queste, anche quelle rappresentative delle imprese. Forse tra queste ultime parti hanno previsto che questa qualificazione, questa attività della Commissione, potesse creare un disagio al loro interno perché avrebbe avuto un impatto troppo forte. E malgrado tutti i tentativi di trovare punti di mediazione che non snaturassero l’obiettivo che ci ha dato il legislatore, non si è riusciti ad arrivare a una soluzione.
Proprio Lorenzo Fantini e Maria Giovannone avevano lavorato su un testo che poteva essere un ottimo testo come punto di partenza (…)”.
Diamo qualche dettaglio comunque del lavoro che si è svolto, dei criteri, dei settori che sono stati individuati…
(…)
Maria Giovannone: “Per quanto riguarda i settori, la scelta fatta in commissione era stata in parte quella di dare seguito a quanto la norma già prevede. Il decreto 81 prevede quanto meno due settori che per legge dovevano avere il sistema di qualificazione delle imprese: l’edilizia, nella forma particolare della patente a punti, e poi il settore della sanificazione del tessile e dello strumentario chirurgico (…) che in realtà hanno adottato, nella inattuazione della norma, il sistema di qualificazione delle imprese sotto forma pattizia in sede di rinnovo del contratto collettivo di settore nel 2013. Quindi quel settore ha un sistema di qualificazione delle imprese convenzionale, di fonte pattizia contrattuale che anticipa, nell’attesa che la norma si farà, quello che la norma avrebbe dovuto fare.
Ci sono poi una serie di settori che, in sede di lavori in Commissione consultiva, erano stati individuati: faccio riferimento ai trasporti, alla vigilanza privata, al settore dello spettacolo, all’ambito – più che al settore – della somministrazione di lavoro, il lavoro nei call center,… Quindi una serie di settori in una lista aperta che, ci tengo a sottolineare, erano identificati non solo sulla base degli indici infortunistici di rischio, ma identificati anche in base a un altro fenomeno che è quello della concorrenza sleale (…). Sono settori che spesso lavorano moltissimo con committenze, con appalti e che sono, talvolta, inquinati da fenomeni di concorrenza sleale da parte di operatori che evidentemente non solo praticano il “massimo ribasso”, in senso tecnico, ma praticano anche il massimo ribasso delle misure di sicurezza applicate a loro personale”.
Quali erano gli aspetti più critici per trovare un compromesso tra le parti?
Maria Giovannone: “(…) Il grosso timore delle imprese, trasversalmente a tutti i settori, è che si vadano a introdurre standard organizzativi, contrattuali, di gestione della sicurezza, troppo elevati, troppo costosi. Standard che non tutti potrebbero “avere”, con il rischio quindi che chi non ce la fa, viene spazzato via dal mercato” (,,,).
Concludiamo cercando di dire se si arriverà mai al sistema di qualificazione delle imprese e quali potrebbero essere i tempi…
Lorenzo Fantini: “(…) Razionalmente, se c’è la volontà di fare il decreto, prima di un anno non vedremo nulla, se vogliamo essere ottimisti.
Ma noi non ci dovremmo chiedere quando viene fatto, ma se verrà fatto perché le criticità politiche non tecniche – politiche nel senso di politica dei sindacati, dove il sindacato è soprattutto il sindacato datoriale – che hanno impedito la creazione del DPR qualificazione imprese (…) se non sono state superate, non saranno superate neanche nella nuova Commissione.
Se le organizzazioni datoriali hanno detto “non ci possiamo permettere un sistema di qualificazione delle imprese”, ora devono fare un passo avanti e dire “ce lo possiamo permettere”.
Faccio giusto un esempio perché poi si capisca di cosa stiamo parlando.
Nel decreto di qualificazione imprese che era stato presentato in Commissione consultiva noi chiedevamo che il committente controllasse la valutazione dei rischi, la formazione, l’informazione e l’addestramento e il possesso dei DPI. Nulla di straordinario.
Allora mi viene da pensare – l’ho detto allora e lo ribadisco adesso con maggiore libertà essendo fuori dall’Amministrazione (…) – che probabilmente c’è qualcuno che tutela le aziende che non sono a norma. Perché questi sono elementi obbligatori già per legge.
Se le aziende ci vengono a dire che non sono in grado di stare sul mercato, dovendo dimostrare degli elementi che sono obbligatori, io sono preoccupato come italiano e come operatore della sicurezza.
Quindi se le associazioni datoriali intendono anche andare contro la pancia dei propri associati – dicendo “qualcuno di voi o si organizza o va fuori mercato” – si farà il DPR qualificazione, che sarà fatto su un livello base, perché non ci possiamo permettere un livello superiore.
Se non ci sarà questa volontà, il DPR qualificazione sarà come l’araba fenice, come “Aspettando Godot”. L’aspettiamo e non si farà…”.
Fonte www.puntosicuro.it