Il Giorno della Memoria, è celebrato ogni anno il 27 gennaio, come ricorrenza internazionale in ricordo dell’abbattimento dei cancelli del campo di sterminio nazista di Auschwitz-Birkenau. Da quel giorno, questo campo è diventato il luogo simbolo della discriminazione e delle sofferenze di chi è stato internato solo perché ebreo o zingaro o omosessuale o anche, semplicemente, perché si trattava di una persona con idee politiche diverse da quelle di chi era al potere.
Con la Legge del 20 luglio del 2000 la Repubblica Italiana ha istituito il “Giorno della Memoria”, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati. L’articolo 2, invece, fa riferimento alla necessità di organizzare «cerimonie, iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione, in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado, su quanto è accaduto al popolo ebraico e ai deportati militari e politici italiani nei campi nazisti in modo da conservare nel futuro dell’Italia la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa, e affinché simili eventi non possano mai più accadere». Per evitare che tragedie di tale entità si ripetano è indispensabile ricordare e soprattutto capire. Uno strumento importante per farlo è quello di ascoltare la viva voce dei testimoni e di chi è stato direttamente coinvolto negli avvenimenti.
Ogni anno il Giorno della Memoria offre l’opportunità per onorare le esperienze dei sopravvissuti e il ricordo di chi è rimasto vittima di quello che rappresenta senza dubbio il più orribile dei crimini contro l’umanità. Il ricordo però riguarda anche coloro, uomini e donne di tante nazionalità, che non si sono voluti piegare all’orrore. Nel bosco di Yad Vashem a Gerusalemme ogni albero porta un nome: si chiama la foresta dei giusti, e i nomi degli alberi sono proprio quelli delle persone che, a rischio della loro vita, hanno aiutato, protetto, nascosto, salvato degli ebrei nell’Europa nazista. E tra quegli alberi ci sono anche tanti nomi italiani. La memoria inoltre si coltiva e si rinnova anche attraverso l’arte. E diversi artisti abruzzesi hanno contribuito con le loro opere a impressionare il dolore nella pittura, nel marmo, nella pietra. Uno in particolare, il pescarese Pietro Cascella, autore tra l’altro del monumento simbolo di Pescara, la fontana “La Nave”, è stato protagonista di una vicenda che travalica i confini regionali e nazionali e si staglia oltre la storia. Cascella, infatti, è l’autore materiale, su progetto di Giorgio Simoncini, dell’opera monumentale voluta come memoriale al crimine e all’orrore nel campo di concentramento e sterminio nazista di Birkenau, detto Auschwitz 2. Oltre l’ingresso che accoglieva gli internati, chi oggi visita il campo si scontrerà con l’imponente memoriale di Cascella: fulcro dell’opera è una lastra squadrata di granito nero, al cui centro appare il triangolo, emblema dei prigionieri politici, che raggiunge un’altezza di 4,50 metri. La realizzazione di un monumento nel campo di Birkenau fu oggetto di un concorso promosso nel luglio del 1957 dal Comitato Internazionale di Auschwitz con sede a Parigi. Ne facevano parte importanti personalità della cultura europea, da Carlo Levi. Ancora una volta l’Abruzzo entra nel flusso della storia e lo plasma grazie a uomini e donne protagonisti di vicende eroiche, ma anche attraverso l’esempio di persone semplici che genuinamente hanno riconosciuto la sofferenza dell’altro e compiuto straordinari atti di misericordia. Concludo con queste parole che prendo in prestito da una citazione del vice presidente del Consiglio regionale, Dino Pepe: “Indifferenza. La chiave per comprendere le ragioni del male è nascosta in quelle cinque sillabe, perché quando credi che una cosa non ti tocchi, non ti riguardi, allora non c’è limite all’orrore”. In questo nostro tempo così ostile, le parole eterne della Senatrice Segre per non sbagliare mai più