Vi ricordate questa immagine tratta dal film-documentario Fragile World? La foto, chiaramente artefatta, fu scelta appositamente per svegliare le coscienze, ma diventò virale in poche ore causando indignazione nei lettori. Vi prego, non indignatevi su questa foto, fatelo invece sulle nefandezze dell’uomo.
Sono trascorsi solo due anni da quando 1200 ettari di bosco, in Abruzzo, bruciavano davanti agli occhi impotenti degli italiani. Fu un disastro ecologico senza precedenti. Scomparve in pochi giorni buona parte di uno dei parchi più importanti d’Europa e tanto, tanto denaro pubblico.
La notizia finì seppellita dai titoloni del vertice di Parigi e dello sciopero degli insegnanti, e persino dai gossip di quelle ore sulle puntate di Temptation Island. Ci indignammo per qualche giorno, magari di più sulla foto del film che non fu molto gradita ai moralisti del web, e dimenticammo presto. Anche gli incendi, come tutte le tragedie, hanno il loro posto nella società del consumismo, delle tragedie usa e getta.
Ebbene sta succedendo ancora, ma stavolta è il polmone della Terra che sta bruciando, la foresta pluviale vitale per l’equilibrio del nostro ecosistema.
Se per l’incendio della cattedrale di Notre-Dame de Paris i media coprivano l’accaduto h 24, la notizia dell’Amazzonia che scompare tra le fiamme si fa largo zoppicando tra le news sull’ennesima crisi del governo italiano
“Brucia la nostra casa” dichiara Marcon sui social, innescando una polemica con il presidente brasiliano Bolsonaro che sembra non gradire affatto le attenzioni della comunità internazionale. Nei sette mesi del suo mandato, l’Amazzonia ha perso 3.500 km quadrati di alberi, forse per liberare terreni che serviranno a nuove colture e nuovi allevamenti intensivi, visto che ormai mangiamo il quadruplo. Lo dimostrano le foto satellitari, a dispetto del debunking governativo che considera bufale le notizie che girano sugli incendi della foresta più conosciuta al mondo.
Cieli neri di fumo da Sao Paulo a Curitiba, nonostante siano distanti centinaia di km dalla foresta, e grande mobilitazione internazionale a conferma del disastro in atto. Persino il Papa ha indetto un sinodo ‘d’urgenza’ a ottobre. Sarò forse poco esperta in materia di sinodi, ma la parola urgente per me ha un significato differente. Nel frattempo avremo perso fauna e flora dell’area più importante al mondo, quella che dà ossigeno al nostro pianeta.
Proprio per aprire le coscienze è necessario ripassare due numeri e comprendere i danni che un incendio causa alla Natura e alle casse dello Stato. In Italia, per domare un incendio si spendono 20.000 euro l’ora per l’intervento di Canadair, per un totale di 200.000 euro al giorno.
Un ingente ammanco nelle tasche dei cittadini, certamente, ma il danno più grave è quello inflitto all’ambiente. Lo abbiamo sottolineato più volte. Il fuoco divora il manto vegetale e anche parte dello strato dell’humus, facendo riaffiorare le pietre e rendendo idrorepellente il terreno causando fenomeni di abrasione che provocano l’instabilità del suolo. Tradotto significa frane e valanghe, che difficilmente sono ascrivibili a calamità naturali.
La siccità prolungata che ne consegue causa lo sviluppo di forme vegetali di parassiti infestanti che intaccano l’ecosistema, che vuol dire flora e fauna distrutta, animali selvatici affamati e vaganti, pericolo anche per l’uomo.
Ma ciò che spesso passa in secondo piano, forse perché non siamo consapevoli di ciò che accade davvero durante un rogo infernale, è quella silenziosa mattanza degli animali che vengono divorati dalle fiamme. Insieme ad un bosco muoiono bruciati vivi dai cinque ai diecimila uccelli, duecento mammiferi e ben 5 milioni di insetti. Sono soprattutto animali che non hanno rapidità nel muoversi come roditori, ricci e rettili. Vi risparmio le foto stavolta, ma se proprio volete rendervi conto di ciò che accade durante un rogo in un bosco, anche il più piccolo, fatevi un giro sul web.
In Amazzonia ci sono animali che il fuoco non risparmia, come tartarughe, caimani, piccole scimmie, felini ancora cuccioli, orsi, formichieri, bradipi. Ecco, avete presente un bradipo sorpreso dal fuoco? Ve lo lascio immaginare.
Non soltanto interi patrimoni boschivi perduti per sempre, ma gravi conseguenze anche per la fauna superstite che dovrà sopravvivere in ambienti ostili e sconosciuti, che tenterà di spostarsi verso i centri abitati per fame e che, nella maggior parte dei casi, morirà ancora una volta per mano dell’uomo, investita da mezzi di locomozione o uccisa per paura.
Nel frattempo, le fiamme in Amazzonia ardono senza tregua; si stima che stiamo perdendo l’equivalente di tre campi di calcio al minuto. “E’ lo scopo dell’uomo, quello di uccidere” dichiara piangendo un indigeno alle telecamere di Rai News. “Il nostro, invece, è quello di proteggere questi alberi, la Natura, gli animali“.
Un disegno malavitoso che la Politica continua a sottovalutare anche quando non ne è direttamente coinvolta. Purtroppo la soluzione non è combattere collusione e corruzione dilaganti e alle quali pare neanche un dio possa mettere fine, ma l’ignoranza, il primo, enorme e devastante problema dell’umanità.