IL MIO NOME È AYRTON E FACCIO IL PILOTA

Il sogno, il misticismo, l’ardita passione: chi è stato per me Ayrton Senna

di Andrea Cilli.

Una storia che scelgo di far partire dalla fine, dal traguardo. Dal traguardo della vita di Ayrton: quando il primo maggio del 1994, ore 14:18 circa, alla curva del tamburello nel circuito internazionale di Imola, il suo Dio ha sventolato la bandiera a scacchi. E lui, con la sua Williams motorizzata Renault, è finito contro il muro ad oltre 250 km/h a causa di un improvviso ed assurdo cambio di traiettoria, causato molto probabilmente alla rottura del piantone dello sterzo. Ma ad oggi, a distanza di oltre 23 anni, molti elementi per ricostruire l’incidente mancano all’appello: fu davvero il piantone dello sterzo, modificato appena prima della gara, a cedere in ingresso curva? Fu davvero un pezzo di ammortizzatore, staccatosi dalla ruota anteriore destra a seguito dell’impatto contro le barriere, a colpirlo a morte? Mancano davvero all’appello delle riprese di una telecamera fissa che a quanto sembrerebbe, avrebbe dover potuto avere la possibilità di riprendere perfettamente l’impatto del pilota italo-carioca? Non so..non conosco le risposte a queste domande. Non ero li durante l’impatto e tutto ciò che so su Ayrton l’ho letto, visto ed ascoltato da libri, riviste, siti internet, televisione.

Credo però alle parole del medico che lo soccorse dopo l’incidente, il quale racconta che mentre tentavano di rianimarlo ad un certo punto gli sembrò di vederlo emettere un sospiro; poi il suo corpo si rilassò. Ed egli racconta che ebbe l’impressione che il quel preciso istante l’anima di Ayrton lasciò il suo corpo: nonostante la morte clinica è documentato che sia sopraggiunta diverse ore dopo, in ospedale.

 

Io so solo con certezza che dalla prima volta che ho visto il suo sguardo in foto, ho sentito subito una energia stranissima in corpo. Ho avuto bisogno di informarmi su di lui, di sapere e capire chi fosse e cosa facesse. E quando l’ho fatto, quando ho saputo chi era stato, ho sentito di conoscerlo da sempre.  In Ayrton ora come nel passato, come nel presente e come nel futuro migliaia di persone (me compreso) continueranno a specchiarsi, riconoscersi ed a tratti persino a ritrovarsi. Capiranno tanto di se stessi ispirandosi alla sincerità, alla passione ardita, alla schiettezza ed al misticismo di Ayrton.

 

“E ho capito che Dio mi aveva dato il potere di far tornare indietro il mondo rimbalzando, nella curva insieme a me. Mi ha detto chiudi gli occhi e riposa. E io adesso chiudo gli occhi”: queste alcune parole che Lucio Dalla cantava in “Ayrton”; le ipotetiche immaginarie parole che Senna avrebbe usato per raccontare come se ne andò quel primo maggio. E tutto sommato, mi piace credere che sia così.

 

Ayrton veniva da una famiglia benestante: questo gli fu di valido supporto (soprattutto all’inizio della sua carriera), per potersi dedicare ad uno sport decisamente caro. Aveva addirittura un piccolo circuito personale all’interno della tenuta di famiglia, in cui dopo la scuola si allenava fino a sera, ogni giorno col suo go kart. La mamma racconta che a scuola stesse sempre molto attento, così poi a casa non dovesse studiare a lungo: potendo così dedicare tempo per allenarsi.

Un giorno capì che se voleva fare la differenza, doveva diventare abile nella guida sul bagnato: così fece realizzare un impianto di allagamento simulato del suo circuito, per aver modo di perfezionare all’estremo la sua abilità nella guida sul bagnato. Grazie a questo metodo, congiuntamente al sua instancabilità nel praticare il karting (la cosa che amava di più nella vita) divenne il re del bagnato. Tanto che, molti anni dopo nel 1984 alla sua prima stagione in Formula 1, al volante della Toleman TG184 compì una impresa straordinaria nel Gran Premio di Monaco. Lui si trovava molto indietro ed Alain Prost saldamente al comando. Poi l’inizio della pioggia, una fortissima pioggia. Ed Ayrton, anche se con una delle macchine meno performanti dell’intero campionato, iniziò a scalare posizioni ed a recuperare secondi ad ogni giro  sul francese al comando. Passavano i giri ed il carioca arrivò fino alla seconda posizione: Prost se ne accorse ma non era consapevole di non poter fare nulla per contenere l’ascesa di Senna. E così, quando Ayrton fu risalito fino al secondo posto (grazie ad un cavillo regolamentare attuabile in certe condizioni dal pilota in prima posizione in un GP) Alain Prost poichè primo alzò il braccio e fece interrompere la gara, sotto quella incessante pioggia: anticipando così la fine del Gran Premio, congelando la classifica e quindi di fatto (in base al ritmo che Ayrton aveva) evitando di perdere. Ayrton fu secondo in classifica, ovviamente deluso e forse beffato.

Quel giorno fu l’inizio della competizione tra due uomini, anzi, tra due stili di vita: essere Prost contro essere Senna. Nel circuito al volante e nella vita con i comportamenti. E non dico altro: è giusto che ognuno elabori la propria idea su cosa dice la storia di questi due uomini simbolo.

 

Prost credo sia stato il più grande antagonista, sportivo e non solo, della vita di Ayrton Senna. Anche negli anni in cui sono stati compagni di squadra, nel team McLaren Honda (forse allora il migliore in assoluto), lo scontro è stato feroce. Ed i colpi bassi non sono mancati, da ambo i lati: Ayrton con la sua guida passionale ed aggressiva, Prost con la sua abilità tattica e politica. Ma questa è un’altra storia, di cui vi parlerò un’altra volta. Quello che voglio dirvi ora invece è che ci fu un solo pilota che stupì positivamente Ayrton e di cui non perse mai la stima. E lo disse in una intervista: “Vorrei andare indietro al 1978. ’79 e ’80, quando correvo con i go-kart e sono stato il compagno di squadra di Fullerton. Lui era molto esperto e mi è piaciuto parecchio guidare al suo fianco. Era veloce, molto coerente e a mio giudizio era un pilota veramente completo. Si è trattato solamente di pura guida, di vera competizione. Non c’era alcun tipo dio politica allora, capite? E senza soldi eravamo coinvolti. Così si è trattato solo di correre. E ho un bel ricordo di quel periodo.”

Ayrton Senna Da Silva (San Paolo, 21 marzo 1960 – Bologna, 1 maggio 1994 ), è stato un pilota di Formula 1 brasiliano con origini italiane. E’ uno dei miei principali modelli e mi piace molto ispirarmi a lui.

Il suo palmares vanta 10 anni in Formula 1: 3 volte Campione del Mondo (1988. 1990, 1991), 161 Gran Premi disputati, 41 vittorie, 65 pole position conquistate. Un giorno vinse il gran Premio del Brasile con il cambio bloccato in sesta marcia per oltre metà gara. Era una persona mistica e convinto cattolico credente e praticante: aveva un rapporto tutto suo con la fede e un giorno, si dice abbia affermato che durante il GP del Giappone, prima di una curva, vide Dio.

Ayrton Senna Da Silva un giorno era primo durante un GP di Monaco e stava letteralmente umiliando il suo allora compagno di squadra Alain Prost, che alla guida di una macchina del tutto uguale alla sua stava prendendo dal brasiliano 2 secondi a giro. Ayrton aveva già doppiato tutti gli altri. In una intervista poi dichiarò che “Avevo già il giro migliore, ma continuavo a girare. Andavo, andavo, e improvvisamente ero circa 2 secondi più veloce di chiunque altro. Era come se stessi guidando solo d’istinto. Ero in un’altra dimensione, in una sorta di tunnel, ben oltre la mia comprensione e coscienza. Ero in un’altra dimensione, oltre i limiti”. In quell’episodio, nella curva all’entrata del tunnel finì contro un muro. Ma quell’anno vinse lo stesso il mondiale. In quell’occasione per quanto ne so, Prost dichiarò che a suo avviso fosse corretto l’incidente accaduto ad Ayrton in quella occasione, poiché stava tentando di strafare ed umiliarlo. Quell’anno Senna vinse lo stesso il Campionato mondiale di Formula 1.

 

“Io sono una persona che, vivo di emozione. Tanta emozione, anche se ci sono delle volte che non dimostro; perché non voglio dimostrare, riesco a guardare dentro di me. Però nella mia personalità, nel mio carattere, devo avere tanta emozione per mantenermi motivato. Non soltanto nella mia professione però (anche), nella mia vita. E correre per me è un modo di vita. Correre per me è un modo di ridere, è un modo di piangere, è un modo di disprezzare i mie sentimenti”: parole di Ayrton Senna, stralcio riportato integralmente da intervista originale.

 

 

 

 

 

 

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