LA PINETA DANNUNZIANA È UN BIOTOPO AUTENTICO DI GRANDE VALORE STORICO E BOTANICO. OCCORRE INTERVENIRE CON IL RESTAURO NATURALISTICO

Le organizzazioni FAI Pescara, Co.n.al.pa. Abruzzo e Pro Natura Abruzzo e AIAPP sezione Lazio, Abruzzo, Molise e Sardegna intervengono in merito alle richieste di declassare la Riserva e ai tentativi di sminuirne il valore storico e botanico.

“Una vasta bibliografia scientifica di illustri botanici e studiosi descrive la ricchezza floristica presente nella Riserva Pineta Dannunziana”, spiegano le associazioni, “Nei vari comparti sono presenti varie tipologie di vegetazione con arbusti e alberi indigeni molto importanti; gli esemplari di Pino d’Aleppo spontanei sono presenti  sui residui dossi sabbiosi assieme a una gariga a dominanza di Cisti (Cistus salviifolius e Cistus creticus subsp. creticus);  i pini sono presenti anche in un bosco misto a dominanza di Olmo campestre (Ulmus minor) e Alloro (Laurus nobilis). Tale bosco riveste un’importanza fitogeografica notevole, tipologia inedita e presente, in modo poco diffuso, nella fascia collinare-subcostiera. Il lauro-olmeto della Pineta Dannunziana presenta anche numerose specie della macchia mediterranea quali Mirto, Rosa sempreverde, Smilace, Robbia selvatica, Asparago pungente, Alaterno.”

Le associazioni intervengono sulla presunta origine artificiale della pineta, tanto sbandierata sui media: “Ci sono numerosi documenti tra il XVI secolo e il XIX secolo, soprattutto mappe e carte nautiche, che rappresentano la Silva Lentisci nell’area compresa tra Montesilvano, Pescara e Francavilla. Inoltre già nel 1546 si parla di selve litoranee a nord e a sud di Pescara in mano ai Marchesi d’Avalos. Occorre ricordare che proprio in epoca d’Avalos, le selve costiere, ricche di Pino d’Aleppo, Lentisco, Mirto e Liquirizia crearono un redditizio commercio di resina, prodotti agricoli, pascolo e legname. Nel 1574 una ulteriore prova della esistenza di selve costiere è anche la descrizione che viene fatta da padre Serafino Razzi, che parla di “pini salvatichi” e di “mortella” “che facevano quasi festoni alla riva del mare”.

Le associazioni infine intervengono anche sulla mancata attuazione del PAN dentro la Pineta:  “La Riserva Pineta Dannunziana è stata colpita da un gravissimo incendio e le responsabilità sono tutte nella mancata attuazione del Piano di Assetto Naturalistico. E’ totalmente falso quello che si scrive sui giornali o sui social perchè il PAN non blocca affatto la gestione dell’area protetta. Nell’Art.7 delle norme attuative del PAN vengono spiegati tutti gli interventi che devono essere eseguiti in Zona A ovvero ad alta integrità naturale da conservare. Per prima cosa sono consentiti “salvaguardia manutenzione e riqualificazione naturalistica degli ecosistemi e di loro singole componenti biotiche e abiotiche”; poi è consentita l’eliminazione di specie esotiche, ed in particolare di quelle spontaneizzate, capaci cioè di diffondersi nel territorio con i propri mezzi, per via gamica o vegetativa”. Infine è previsto “il potenziamento dei modelli naturali nativi, con specie ed ecotipi idonei a creare condizioni per l’affermazione, nel tempo, dei corteggi floristici tipici delle varie fitocenosi”.

“Qualsiasi richiesta di declassamento è inutile, inaccettabile e dannosa per la Riserva.”, concludono le associazioni, “La cattiva gestione delle aree verdi ha portato al disastro. La mancanza di progetti di riqualificazione, il degrado degli ecosistemi mediterranei nativi, la mancanza di un lavoro scientifico eseguito da esperti e specialisti botanici e naturalisti hanno indebolito la Riserva. Scopo di un’area protetta è quello di tutelare comunità animali e vegetali o in via di estinzione e di migliorare la qualità paesaggistica di una comunità. Non può esistere degrado. A Pescara non è stato fatto nulla di tutto questo.”

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