
MI CHIAMO INCORONATA E HO 91 ANNI
di Alina J. Di Mattia
Anziani scomodi e sempre più soli, costretti a vivere gli ultimi anni nell’abbandono e nell’indifferenza, spesso allontanati dalla loro quotidianità, privati della casa, degli oggetti personali e dei ricordi che custodiscono la loro identità e rappresentano gli unici punti di contatto con un passato che li ha accolti e voluti.
Questa è un invito a fermarsi e riflettere, una testimonianza per sensibilizzare l’opinione pubblica ad avere rispetto per chi ha costruito, per noi, il mondo in cui viviamo. Una lettera immaginaria per ricordare alle nuove generazioni che l’invecchiamento è un processo naturale che non può essere fermato. Eppure, in una società che corre, tutta presa dall’apparenza, non c’è più tempo di ascoltare chi, invece, ha ancora tanto da raccontare e probabilmente da insegnare.
LA REGINA
Mi chiamo Incoronata e ho 91 anni.
Un nome che si adatta bene alla mia età e ai quattro capelli che mi sono rimasti in testa.
Eppure, avevo questo nome anche quando ero giovane e graziosa, quando avevo ancora le gambe lunghe e affusolate, quando guardavo il mondo con due occhi ambrati e curiosi.
Mi chiamavo Incoronata anche quando mi dicevano che se fossi nata in America avrei di sicuro fatto l’attrice.
E mi chiamavo Incoronata il giorno in cui incontrai mio marito, un uomo buono e con le spalle rassicuranti che, da quel momento, decise di farmi sua regina.
Ci sposammo in una fredda domenica d’inverno, lui con le scarpe di cuoio del compare, io con il sole nel cuore.
Siamo stati felici per settant’anni in una casa profumata di gentilezza e caffè, ma da quando lui è andato via le mie giornate sono diventate lunghe e silenziose.
Ho messo la poltrona con i fiori gialli proprio accanto alla finestra, per aspettarlo. Al tramonto, mi pare di sentire il rumore dei suoi passi stanchi e quella voce che tanto amavo: “Regina, Regina!”.
Così mi chiamava, e così mi salutavano tutti in paese: “Buongiorno Regina! Buonasera Regina!”. Mi diceva che ero stata battezzata col nome di Incoronata perché portavo la corona di una regina. Ed io, facevo finta di credergli.
Da qualche giorno però hanno smesso di chiamarmi così. Sono stata portata in un posto che non conosco. Non è lontano da casa, ma non è la mia casa.
Non ho più la comoda poltrona con i fiori gialli e neppure la scatola di raso che tenevo sulla mensola del camino, quella in cui tenevo i fiori di lavanda che raccolgo ogni giugno. Ho solo una grande finestra con una tenda a strisce bianche e beige, vicino al letto.
Se riuscissi ad alzarmi, mi affaccerei, se riuscissi ad avvicinarmi alla vetrata lo vedrei arrivare con quel sorriso rasserenante che aveva sempre per me. Ma non ci riesco. Sono troppo debole e nessuno sembra avere tempo per ascoltare una vecchia dall’aria smarrita. Eppure sono sempre qui, sono io, la Regina di sempre! Sono quella che preparava lo strudel con la cannella e l’uvetta per il vicinato, quella che curava i fiori del vivaio all’angolo, la stessa che cuciva le tende per il negozio del Corso. Ci sono ancora, ma rinchiusa dentro questo corpo avvizzito e affaticato non mi vede più nessuno!
Mi parlano a voce alta. Mi fanno molte domande alle quali non rispondo, perché io no, io non mi affanno a parlare con chi legge il mio nome sulla cartella e senza neppure guardarmi in faccia grida: “Incoronata, mangia! Incoronata, non fare i capricci! Incoronata, ci senti?”
Io ci sento, eccome. Ma fingo di non capire, non sanno neppure che mi chiamo Regina.
La sera, quando spengono le luci, piango.
Penso ai miei due gatti pezzati. Staranno ancora lì, sulla porta, ad attendere il mio ritorno. Ad aspettare di entrare a scaldarsi quando fuori fa troppo freddo. Qualcuno se ne prenderà cura? Avrebbero dovuto chiedermi il permesso per portarmi qui, avrebbero dovuto farlo, almeno avrei portato quel lumicino che avevo sul comò e che mi faceva compagnia.
Dicono che sono in una casa di riposo, ma qui mi stanco molto, non è vero che mi riposo. E poi mi fanno arrabbiare parecchio. Mi sento dimenticata. Oggi, ho sentito dire che sono capricciosa! Per fortuna non riesco a rispondergli, per fortuna non ci riesco, altrimenti glielo direi ad alta voce, eh sì che glielo direi ad alta voce: “Che ne sapete voi, che ne sapete di me, che ne sapete di quando ero la Regina!”.
Dedicato agli ospiti della Casa Serena Santa Maria della Pace di Fontecchio (AQ) e agli straordinari operatori che, con infaticabile dedizione, si prendono cura di persone anziane e fragili come Incoronata, riuscendo a farle sentire amate e meno sole. Perché il rispetto degli anziani non è un atto di pietà, ma un dovere civile.
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