Emanuela Medoro
In programmazione i due film di Paolo Sorrentino, Loro 1 e Loro 2, protagonisti in ambedue Toni Servillo e Elena Sofia Ricci. Non entro nel merito della scelta di dividere la narrazione in due parti, ma mi permetto di dire che bastava abbreviare alcune scene descrittive per fare un solo film. Da decenni viviamo il protagonismo di Silvio Berlusconi nella vita italiana, prima imprenditore del settore immobiliare, poi proprietario di televisioni private, dal 1994 più volte presidente del consiglio dei ministri. Il regista Paolo Sorrentino rielabora questi fatti di cronaca noti a tutti come un percorso esistenziale, con geniale fantasia di immagini e parole.
In Loro 1, prima parte, c’è un notevole prolungarsi delle scene di sesso, che contribuiscono a costruire il filo conduttore del film, dove due uomini si impegnano in competizione fra di loro a reclutare donne da offrire al consumatore finale. Per gli appassionati fan di S. Berlusconi ricordo che si trattava di un articolato sistema di sfruttamento delle donne, ben diverso e da non confondere con avventurette di poco conto, del genere di quelle del fimminaro Mimì di Andrea Camilleri.
In Loro 2 insieme ad immagini di sicura bellezza di ambienti sia interni che esterni, emergono i geniali monologhi e dialoghi del protagonista, imprenditore, ma soprattutto venditore, il più bravo di tutti. Quasi ipnotizzante la telefonata/monologo in cui lui cerca di vendere un appartamento di Milano 2 a una donna sola, che si sente misteriosamente raggiunta e messa in imbarazzo da uno sconosciuto che sembra sapere tutto di lei.
Questi film, centrati sulla bellezza che è un valore estetico piuttosto che politico, lasciano perplessi, confusi, ammirati per le straordinarie immagini e i geniali dialoghi. Ricordo che nelle mie note su un altro film di P. Sorrentino “La grande bellezza” notai quanto fosse triste la bellezza della nobiltà da lui descritta. Da notare che anche in ambedue i film Loro si avverte un sottofondo di tristezza che emerge di tanto in tanto in feste affollate, divertimenti di persone che sniffano polvere bianca, dialoghi e monologhi della vita privata del protagonista.
Però la politica c’è, si trova nella puntuale enunciazione dei vari reati commessi dal genio della comunicazione, elencati dalla moglie Veronica Lario quando, dopo tanti anni di convivenza, finalmente liberatasi dalla dipendenza dal suo fascino accecante, chiede il divorzio: favoreggiamento della prostituzione, evasione fiscale, leggi ad personam. Lui ha una risposta per tutto, tranne che per l’ultima affermazione di lei relativa all’origine della sua fortuna, un lascito del padre di 130 miliardi di lire di indubbia provenienza. E qui lui abbassa gli occhi in silenzio.
Sottolineo la scena conclusiva del terremoto dell’Aquila, avvenuto nel 2009 durante un periodo di presidenza di S. Berlusconi. Il rombo assordante, profondo, lo sconquasso di tutte le cose, il dolore della fila di tende e dei mucchi di rovine mi hanno fatto rivivere quei momenti. Queste scene esplicitano un contrasto violento, duro, sorprendente con la bellezza calma e opulenta degli ambienti in cui vive il protagonista, significativa sintesi di tutte le difficoltà del vivere quotidiano dei comuni mortali.
Scena finale: un Cristo morto faticosamente recuperato dai Vigili del fuoco dalle macerie di una chiesa, disteso su un mucchio di rovine. Simbolo e metafora dell’Italia post Berlusconi. Le cronache di oggi ci fanno sapere che questo genio della comunicazione è stato riabilitato da un tribunale di Milano; riabilitato non significa assolto, la condanna per evasione fiscale resta. Sufficiente però per scendere di nuovo in campo. Prepariamoci ad altre avventure, sempre che sia immortale, e a vedere un Loro 3.