L’articolo 1 della Costituzione repubblicana afferma : “.L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro,”, Una straordinaria proclamazione soprattutto di democrazia perchè attraverso il lavoro è un diritto e attraverso il lavoro si realizzano tutti i diritti . Attraverso il diritto al lavoro nasce il diritto alla libertà e a tutte le libertà che la vita di un paese liberato da oppressione e dittatura ha saputo riorganizzare anche attraverso l’impianto di una costituzione che è il primo strumento di lotta e di progresso,il primo strumento di opposizione al fascismo. .
Dentro questa cornice irrinunciabile tornano quest’anno di nuovo i cortei, le sfilate, i comizi in piazza . Finalmente una riunione di folla che fu abolita per scongiurare il pericolo di contagio negli anni della pandemia . Cortei e manifestazioni in presenza di grandi difficoltà per il mondo del lavoro dopo anni di crisi economica legata alla problematica sanitaria ,ad una galoppante infrazione, al rialzo del prezzo dei prodotti energetici e di alcune materie prime a causa anche del conflitto tra Russia e Ucraina alle porte dell’Europa che dura ormai da più di un anno. Un giorno di festa che ci ricorda i problemi che abbiamo appena enumerati ma anche altri temi di attualità come il lavoro delle donne che devono conciliare vita familiare e attività lavorativa, il lavoro degli stranieri spesso sottopagati, sottoposti alla dura legge del caporalato specialmente in agricoltura, costretti a vivere spesso in condizioni disumane , la disoccupazione giovanile, gli incidenti mortali nel mondo del lavoro e altro ancora .
La seconda internazionale socialista accolse la data del Primo Maggio come festa dei lavoratori nel 1889 a Parigi. In Italia arrivò due anni dopo. Durante il fascismo la festa venne soppressa, in favore della Festa del lavoro italiano da festeggiare il 21 aprile.
Ogni Primo Maggio si onorano quanti hanno lottato per i diritti sul lavoro, primo fra tutti quello all’orario limitato e prestabilito: 8 ore al giorno che in Italia esiste dal 1923. La giornata del primo maggio dedicata alla festa del lavoro viene celebrata in tutto il mondo .
La data in cui si celebra questa festa ricorda gli incidenti, nei primi giorni di maggio del 1886, durante la rivolta di Haymarket, Chicago. La polizia sparò sui lavoratori in sciopero davanti alla fabbrica di macchine agricole McCormick. Per protesta gli anarchici organizzarono una manifestazione a Haymarket square, la piazza del mercato delle macchine agricole. Ci furono scontri con la polizia che sparò di nuovo. Nel novembre del 1887 dodici persone, operai, sindacalisti e anarchici furono impiccati per le manifestazioni dell’anno precedente.
Ma ripercorriamo brevemente tutte le trasformazioni che hanno determinato cambiamenti fondamentali in questo mondo in cui si ravvisano con l’avvento della intelligenza artificiale scenari futuristici in cui le macchine faranno il lavoro dell’uomo ma tenderanno anche a sostituire ,forse alcune competenze e professionalità umane. Eravamo abituati da secoli al lavoro contadino in cui contavano le braccia per sfamare le bocche ,passando a velocità supersonica alla catena di montaggio e allo smart working. Abbiamo visto cambiare tutto o quasi tutto nel giro di pochi anni e stiamo andando verso una trasformazione forse radicale.
Secondo alcune indagini tra le quali quella condotta da McKinsey&Company di cui parlo più avanti già a partire dal 2017 si ipotizzava che l’automazione della produttività sarebbe decollata tanto che nel prossimo futuro il 49% delle professioni oggi svolte dall’uomo saranno svolte dalle macchine. Già nel 2020 il 43 % delle aziende intervistate dal report Future of Job dichiarava che avrebbe ridotto la forza lavoro per via dell’integrazione tecnologica. Anche se a dire il vero il 34% delle aziende intervistate avrà bisogno di un maggior numero di impiegati per poter gestire e utilizzare la tecnologia applicata.
Le indagini più accreditate – come Future of Jobs del World Economic Forum o il report di McKinsey&Company – indicano una prospettiva incoraggiante per quello che riguarda la possibilità della nascita di nuovi lavoro e la trasformazione di molti di quelli esistenti.
In questa prospettiva forse sarà possibile parlare di una nuova cultura del lavoro. Dobbiamo rispondere però a domande come per esempio che cosa richiede il mondo del lavoro oggi oppure quali sono le professioni che saranno più ricercate nel prossimo futuro.
Secondo il più importante forum economico del mondo, le trasformazioni globali (transizione digitale, demografica e ambientale), se gestite con criterio, porteranno a una nuova cultura del lavoro in cui le professioni poco identificative e routinarie verranno sempre più gestite dalle macchine. Questo comporterà una riqualificazione dei lavoratori in mansioni inerenti alla gestione delle nuove tecnologie, ma anche alla creatività e al pensiero critico. Si farà spazio dunque alle piene facoltà dell’uomo, nonché all’importanza di un rapporto più umano nel mondo del lavoro. Tutte cose che, va da sé, una macchina non è in grado di compiere. (1)
Green economy ed analisi dei dati al primo posto, seguiti poi dalla gestione e creazione di intelligenze artificiali. Questi sono i settori in cui la domanda di lavoro è in aumento. Con la guerra in Ucraina, inoltre, si parla sempre più spesso di cyber security. Altro campo – questo – che vede a livello mondiale l’aumento di corsi di formazione, nonché di una maggiore richiesta professionale. Oltre ai lavori nascenti, bisogna però fare i conti con quelli che si trasformeranno attraverso le nuove tecnologie e l’intensificarsi della produzione automatizzata.
Probabilmente quello che impropriamente viene definito come il problema delle macchine e dell’intelligenza artificiale non sarà un “problema” anzi potrà essere di valido aiuto proprio ad affrancare l’uomo dalla fatica a condizione che si attui una piena trasparenza e una piena concorrenza proprio nel settore dell’intelligenza artificiale .
E se il futuro può non essere un rischio e nemmeno un pericolo o un problema i rischi , i problemi e i pericoli sono tutti del presente.
I rischi sono tutti concentrati proprio nella mancanza di lavoro che approfondisce le disuguaglianze e strozza i diritti. Giovani e donne ne sanno qualcosa .
Cinzia Arena su Avvenire già un anno fa scriveva :“L’ultimo rapporto Eurostat relativo al 2021 conferma il considerevole ritardo dell’Italia (penultima dopo la Grecia) in termini di occupazione complessiva (58,2%) e soprattutto femminile (49,4%) con un divario di 14 punti rispetto alla medio europea. Gli inattivi sono il 34% della popolazione e un giovane su quattro al di sotto dei 25 anni è disoccupato. La ripresa dell’occupazione che pure c’è stata dopo la frattura del 2020 è stata trainata quasi esclusivamente dai contratti a termine. I lavoratori a tempo determinato sono 3,2 milioni (650mila in più rispetto a dieci anni fa) e rappresentano il 14% del totale. Altra stortura del sistema la diffusione del part-time, spesso involontario, che è salita al 19,8%.Ma il dato che preoccupa di più è in questo momento l’effetto dell’inflazione che corre ad un ritmo vertiginoso e manda in fumo il potere d’acquisto delle famiglie. Censis e Ugl proprio in occasione del 1 maggio hanno fotografato l’evoluzione degli ultimi dieci anni calcolando che il valore reale delle retribuzioni in Italia è crollato dell’8,3%. Alla categoria dei “working poors” appartengono il 13,3% degli operai e il 7,6% degli indipendenti. Il 30% dei giovani è sottopagato (vale a dire ha una busta paga inferiore ai 953 euro per il full-time e ai 533 per il part-time). Il Paese è attraversato da divari che si fanno sempre più profondi oltre a quello di genere con le donne che guadagnano il 37% in meno dei colleghi e a quello generazionale, altrettanto marcato, c’è la questione geografica con il Mezzogiorno in forte ritardo. “ (2)
La situazione non accenna a cambiare anche se i provvedimenti del governo Draghi e i primi interventi del governo Meloni hanno tentato e tentano di invertire la rotta. Ancora nel 2022 il tasso di partecipazione alla forza lavoro delle donne è stato del 48%, contro il 66% maschile. Il divario ha superato il 18% contro una media OECD del 12%. Ma oltre il danno la beffa, perché le donne lavorano in media più degli uomini, se al lavoro retribuito sommiamo le ore di lavoro non pagato, cioè quello dedicato alla cura delle persone e della casa. Una donna tra i 15 e i 64 anni, in Italia, dedica al lavoro non pagato 315 minuti al giorno e 197 a quello retribuito, mentre un uomo con un’occupazione dedica al proprio lavoro circa 349 minuti al giorno e riserva alle mansioni non retribuite appena 105 minuti al giorno.
Nei paesi nordici questo divario è di gran lunga più contenuto e la risposta è quasi scontata: un sistema di welfare che garantisce alle donne servizi di assistenza all’infanzia di ottima qualità. E non sono bastati i sostegni alle famiglie messi in piedi dal Governo – come i voucher – per appianare le enormi disparità nei risultati. L’OECD ( Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico ) ha infatti calcolato che tra il 2007 e il 2013 la perdita di reddito annua per una famiglia alla nascita di un figlio, in Italia è stata in media del 31%. Uno shock reddituale pesantissimo che può avere diverse ragioni, ma tutto fa pensare che ad incidere sulla dinamica siano le scelte “obbligate” delle donne: alla nascita di un figlio o si smette di lavorare o si dimezza il tempo dedicato alla professione.(3)
Dice Il Sole 24 Ore in un articolo dal significativo titolo “Qualità del lavoro giovani e donne pagano il prezzo più alto “ : “ C’e’ una Italia spaccata in due anche per la qualità del lavoro. Come viene puntualmente registrato dalle indagini degli istituti di ricerca quando si parla di qualità della vita e dei servizi c’è un Paese con standard di livello europeo al Nord Italia e uno decisamente più arretrato nel Mezzogiorno dove spesso sono i giovani e le donne a pagare il prezzo più alto dei ritardi accumulati. Anche la qualità del lavoro non fa eccezione rispetto a questa dicotomia ormai consolidata nella società e nell’economia italiana. Lo dimostra la Quinta Indagine sulla “Qualità del lavoro” condotta dall’Inapp (Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche) che ha coinvolto oltre 15mila occupati (sopra i 17 anni) e 5.000 imprese su tutto il territorio nazionale. (…)Approfondendo la dicotomia di genere emerge come le donne (che rappresentano 42% degli occupati con più di 17 anni) abbiano minori livelli di qualità del lavoro nella dimensione economica, dell’autonomia e del controllo e ciò può essere in parte spiegato da quella parte di segregazione di genere che ne limita l’accesso in determinate occupazioni e settori, ma anche dalle scelte, in alcuni casi obbligate, che queste ultime compiono in termini di investimento sul lavoro retribuito e sul lavoro di cura. In Italia l’impegno richiesto dalla conciliazione tra vita professionale e privata è una prerogativa quasi esclusivamente femminile. É la componente femminile a rinunciare frequentemente a percorsi lavorativi impegnativi che richiedono un investimento importante, soprattutto in termini di orario di lavoro. Un sintomo evidente di tale meccanismo è l’elevata quota di lavoro part-time che coinvolge le occupate, non solo nella sua componente involontaria. (4)
La precarietà così come emerge dal rapporto Censis 2022 è: ”giovane e ancor più donna, e non è una forzatura rilevare che la fuga dalla precarietà alimenta una parte consistente della mobilità nel mercato del lavoro” (5)
Fin qui il lavoro che non c’è. Poi c’ è il lavoro che nessuno vuole fare e quello che viene fatto in condizioni disumane. Parlo del lavoro degli emigranti occupati tradizionalmente nel mondo della cura delle persone come le badanti , in agricoltura ,in altri settori compreso quello della ristorazione.
Da tempo di discute sul lavoro per gli immigrati nel nostro paese ma spesso a colpi di propaganda e di slogan senza una vera politica sia per l’immigrazione straniera sia per il problema relativo alla mancanza di manodopera in alcuni settori.
Nel Documento di economia e finanza c’è un passaggio sugli scenari futuri da qui al 2070: maggiore immigrazione si traduce in una riduzione del debito pubblico.Nel testo, che detta la linea delle politiche economiche e finanziarie del governo nei prossimi anni, c’è una sezione dedicata al programma di stabilità dell’Italia. E nel paragrafo che riguarda la sostenibilità delle finanze pubbliche si legge:”L’esercizio di sensitività proposto nella Figura IV.6 mostra i risultati relativi ai due scenari alternativi e simmetrici . Si osserva un impatto particolarmente rilevante, in quanto, data la struttura demografica degli immigrati che entrano in Italia, l’effetto è significativo sulla popolazione residente in età lavorativa e quindi sull’offerta di lavoro. Il rapporto debito/PIL nei due scenari alternativi a fine periodo arriva a variare rispetto allo scenario di riferimento di oltre 30 p.p.Insomma, se l’immigrazione netta aumenterà del 33% nei prossimi cinquant’anni il debito pubblico calerà di oltre venti punti, se diminuirà del 33% si impennerà di sessanta punti.” (6)
Di fatto la situazione però è questa . Scrive il Sole 24 ore :”Le ultime dichiarazioni di Giorgia Meloni e del ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida delineano la visione del governo sul contributo che i migranti possono fornire all’economia italiana. Di fronte alla richieste di manodopera avanzate da numerosi comparti, dall’agricoltura al turismo, l’approccio è – in estrema sintesi – quello di dare la priorità agli italiani, rispetto alle persone che provengono da altri paesi. Negli ultimi giorni è stato messo in evidenza da più parti il contributo che i migranti garantiscono all’economia nazionale.
Sullo sfondo quanto si è verificato in occasione del click day del 27 marzo nell’ambito del decreto flussi: oltre 252mila richieste per 82.705 ingressi di lavoratori extra-Ue. Più del triplo dei posti disponibili. Il click day per l’ingresso di lavoratori stranieri in Italia è andato in overbbooking ad appena un’ora dalla sua apertura. Alle 10, infatti, le domande giunte al Viminale erano già 238 mila.
«Credo che prima di arrivare al tema immigrazione – ha sottolineato lla premier , a margine dell’inaugurazione dell’edizione 2023 del Salone del Mobile, alla fiera di Milano a Rho – si debba lavorare per esempio sulla possibilità di coinvolgere molte più donne nel mercato del lavoro. Poi c’è il tema di incentivare la natalità, queste sono le priorità su cui lavorare». «È oggettivo che noi in Italia abbiamo un problema di tenuta del nostro sistema economico e sociale dato dal fatto che per troppi anni non abbiamo investito sulla natalità e sulla demografia. Di fatto noi abbiamo sempre più persone da mantenere e sempre meno persone che lavorano, al di là della valutazione però questo problema si risolve in vari modi. E il modo sul quale lavora il governo – ha chiarito Meloni – non è risolverlo con i migranti ma risolverlo con quella grande riserva inutilizzata che è il lavoro femminile». (7)
«Senza i migranti – ha spiegato il presidente dell’Inps Pasquale Tridico in una recente intervista alla Stampa – tra 20 anni i conti Inps saranno critici». Il minimo storico di nascite, ha continuato, «è un numero molto pericoloso per la sostenibilità delle pensioni. In prospettiva, con questa demografia, avremo più o meno lo stesso numero di persone che vanno in pensione e che entrano nel mercato del lavoro. Quindi un rapporto di uno a uno, un numero che definirei davvero critico» a cui, se nulla cambia, si potrebbe arrivare «dopo il 2040». Tridico ha posto l’accento sul fatto che «le economie ricche hanno tutte molti migranti. Anche noi abbiamo l’esigenza di coprire la domanda di lavori medio bassi da Nord a Sud con gli stranieri. La soluzione non può che essere l’accesso di un’immigrazione regolare e fluida».
Probabilmente quella dell’incremento delle nascite e del lavoro delle donne , così come viene proposta tanto da sembrare una “ etichetta slogan “ è un’idea difficile da realizzare nel breve periodo perchè dovrebbe essere supportata da riforme strutturali ampie, generalizzate che coinvolgono in profondità diversi settori della vita del nostro paese con tempi di attuazione piuttosto lunghi .Occorre soprattutto una visione d’insieme e uno sguardo che tenga conto della complessità dei problemi, che scenda veramente nel tessuto economico , sociale ma soprattutto culturale del nostro paese. A cominciare per esempio dalla regolare attuazione dei progetti del Pnrr che alcune riforme comunque le indicano e le avviano. E poi , per dirla francamente occorre guardare al presente , al qui ed ora ,alle necessità contingenti con uno sforzo concreto e quotidiano abbandonando scorciatoie, e bandierine ideologiche da tutte le parti. Occorre intervenire per quanto riguarda il lavoro in settori come l’immigrazione, la sicurezza sul lavoro, la formazione e molti altri comparti di questo settore vitale .
Per esempio nel caso del lavoro degli immigrati, si tratta di regolamentare non solo settori come quelli della cura delle persone e del lavoro in agricoltura ma si tratta di regolamentare in generale i flussi migratori che comporta , come si capisce bene, l’articolazione di norme e progetti di lungo periodo. Un lavoro che va fatto coinvolgendo l’Europa e soprattutto quegli alleati come Francia, Germania, Spagna e Grecia che rappresentano i patner più adeguati anche per un impegno nei paesi del nord Africa.
E’ sembrato dopo l’ultima tragedia del mare sulle coste di Cutro lo scorso 26 febbraio che il Governo volesse mettere mano in modo organico al problema ma nel decreto che ne è scaturito , appunto il decreto Cutro, approvato il 9 marzo dal Consiglio dei Ministri la risposta del Governo non sia affatto adeguata tanto da suscitare vivaci discussioni . Anche perchè tra le altre cose propone una stretta sulla immigrazione irregolare, ampliamento dei flussi di ingresso per lavoro, semplificazione delle procedure, ma anche rafforzamento dei centri per i rimpatri, e canali privilegiati di accesso per i cittadini di paesi che organizzano una formazione lavorativa ad hoc ,tutto sulla carta Dicevo un decreto controverso perchè mentre da parte governativa lo si porta come esempio di regolamentazione, da parte dell’opposizione si controbatte che in tema di immigrazione si torna indietro . Un decreto che nega le affermazioni dello stesso Governo, come ho già ricordato ,contenute nel suo documento di economia e finanza a proposito del rapporto immigrazione debito pubblico: maggiore immigrazione si traduce in una riduzione del debito pubblico
Per quello che riguarda il decreto Cutro Sara Occhipinti su Altalex.it illustra questo decreto riportandone ampi stralci per commentarne il testo. Tra questi per esempio quello relativo al lavoro degli stranieri : “ Le quote di stranieri da ammettere per lavoro nel periodo 2023-2025, saranno determinate con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, (in deroga all’art. 3 del Testo unico dell’immigrazione), con possibilità di adottare ulteriori decreti durante il triennio. Il DPCM verrà inviato al Parlamento per per rilasciare entro trenta giorni i pareri delle competenti commissioni parlamentari. Al termine dei trenta giorni il decreto sarà comunque adottato.
I criteri generali per la definizione dei flussi di ingresso dovranno tenere conto dell’analisi del fabbisogno del mercato del lavoro effettuata dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, previo confronto con le organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro maggiormente rappresentative. Per prevenire l’immigrazione irregolare, nei decreti flussi saranno assegnate in via preferenziale delle quote riservate ai lavoratori di Stati che, anche in collaborazione con l‘Italia, avranno promosso per i propri cittadini campagne mediatiche aventi ad oggetto i rischi per l’incolumità personale derivanti dall’inserimento nei traffici migratori irregolari.”
L’impressione che se ne ricava , come d’altra parte per molti altri provvedimenti, è che il decreto sia per il momento una enunciazione di principi e di buoni propositi. Anche se l’auspicio governativo è quello di avere a disposizione una intera legislatura per completare la sostanza dei provvedimenti. in realtà molti dei problemi che affronta sono contingenti e di questo momento e in questo momento hanno bisogno di soluzioni che almeno producano dei risultati in breve tempo.
Un decreto che per quanto riguarda il futuro si affida ad enunciazioni mentre per il presente torna a mettere in campo restrizioni ed altre modalità di trattamento di questo fenomeno che nel passato non hanno dato risultati soddisfacenti . Senza contare che purtroppo , come è costume invalso da tempo il decreto contiene provvedimenti per materie differenti, tanto che il Capo dello Stato ha recentemente richiamato questo aspetto suggerendo soluzioni importanti.
Tornando al decreto Cutro sempre Sara Occhipinti continua così nella sua disamina : “ “c’è una stretta sulla protezione speciale. Per comprendere la portata della modifica, occorre fare un passo indietro e tornare al momento in cui nel 2018, il Decreto Salvini aveva abrogato il permesso per motivi umanitari, restringendo le maglie dell’accoglienza dei richiedenti asilo. Infatti, in moltissimi casi, quando le domande di protezione internazionale non potevano essere accolte, per mancanza dei requisiti previsti dalla normativa, veniva generalmente accordato allo straniero quanto meno il permesso umanitario. Dopo un vuoto normativo durato due anni, nel 2020 ( Decrereto sicurezza n. 130/2020) era stato introdotto un permesso parzialmente diverso per presupposti rispetto a quello umanitario, ma teso comunque a far fronte alla situazione degli stranieri, presenti da anni sul territorio nazionale in attesa della definizione della domanda di protezione internazionale, o dei relativi ricorsi, che avevano avviato un percorso di integrazione nel nostro Paese. Il permesso per protezione speciale a salvaguardia della vita privata e familiare dello straniero, introdotto nel 2020 all’art. 19 comma 1.1 (terzo e quarto periodo) del Testo unico immigrazione (D.lgs. n. 286/1998), prevedeva:
- il divieto di respingimento o espulsione dello straniero in presenza di “ fondati motivi di ritenere che l’allontanamento dal territorio nazionale comporti una violazione del diritto al rispetto della sua vita privata e familiare” (art. 19 co.1.1. terzo periodo);
- la valutazione era condotta tenendo conto “della natura e della effettività dei vincoli familiari dell’interessato, del suo effettivo inserimento sociale in Italia, della durata del suo soggiorno nel territorio nazionale nonché dell’esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo Paese d’origine” (art. 19 co. 1.1. quarto periodo).
Ebbene la novità rilevante è che il Decreto Cutro, pubblicato il 13 marzo 2023 in Gazzetta Ufficiale, abroga le disposizioni citate (art. 19 co.1.1 terzo e quarto periodo), espungendo dall’ordinamento anche il permesso per protezione speciale a salvaguardia della vita privata e familiare dello straniero.”(8)
Un decreto che tra l’altro rende spesso invisibili quanti tentano di emergere nel nostro paese attraverso il lavoro e l’impegno civile e che comunque non modifica la sostanza di certe condizioni appunto ripeto contingenti del mondo degli immigrati come per esempio quelli impiegati nei lavori nei campi .
Già dal 2015 il rapporto di MEDU (Medici per i Diritti Umani) “Terraingiusta” fotografava le condizioni di vita e di lavoro dei braccianti stranieri in agricoltura. Un quadro di privazione dei diritti più elementari che non riguardava solo il Meridione ma che interrogava e interroga l’intera comunità nazionale. Il 25 agosto 1989, Jerry Masslo, rifugiato sudafricano, veniva assassinato a Villa Literno in Campania all’interno di un casolare fatiscente dove viveva con altri braccianti. Vittima, prima di tutto, di un clima di grave discriminazione, Masslo si trovava lì per lavorare alla raccolta del pomodoro, portata avanti da migliaia di migranti in condizioni disumane. Un quarto di secolo dopo, il rapporto Terraingiusta, frutto di undici mesi di intervento in cinque territori particolarmente significativi del Meridione d’Italia, denuncia la drammatica attualità delle condizioni di sfruttamento dei lavoratori migranti in agricoltura: lavoro nero o segnato da gravi irregolarità contributive, sottosalario, caporalato, orari eccessivi di lavoro, mancata tutela della sicurezza e della salute, difficoltà nell’accesso alle cure, situazioni abitative ed igienico-sanitarie disastrose (9)
Una condizione che non accenna a cambiare anche in questo 2023 .
Poi c’è chi muore sul lavoro , muore per lavorare., Parlo degli incidenti mortali sul lavoro ma anche di tutte quelle invalidità permanenti che derivano da incidenti per mancanza di sicurezza. Il numero dei lavoratori morti a causa di infortuni sul lavoro in Italia nel 2022 ha superato la quota di mille unità, più precisamente sono 1090 secondo rilevazioni dell’INAIL effettuate al 31/12/2022. Nel 2021 il numero dei caduti sul lavoro era stato pari a 1.221 unità. Il dato sembrerebbe evidenziare un lieve miglioramento della situazione (131 morti in meno nello scorso anno), ma nel conteggio dell’anno 2022 va considerato il notevole minor peso dei decessi per Covid-19. Pertanto il numero delle morte bianche è tornato in linea rispetto ai livelli alti dell’epoca pre-pandemia.
Da tempo l’allarme su questo problema nel mondo del lavoro ha superato la soglia di guardia e da tempo sono indicati alcuni strumenti di intervento come per esempio aumentare i controlli ispettivi e migliorare la formazione dei lavoratori.
Il Centro Studi Livatino in un suo documento sull’argomento redatto da Lorenzo Jesurum afferma a proposito di queste due aree di intervento : “ Riguardo al primo aspetto si evidenzia che c’è una stretta correlazione tra i morti sul lavoro ed il lavoro irregolare. Infatti si stima che il giro di affari dell’economia sommersa in Italia sia di circa 200 miliardi l’anno, di cui 76 riguardano il mondo del lavoro sotto diverse forme come il lavoro nero ed irregolare]. Si tratta di rapporti di lavoro viziati di cui moltissimi sono privi delle tutele necessarie come ad esempio avviene nei c.d. contratti pirata, ossia quegli accordi sottoscritti da sindacati e associazioni imprenditoriali poco rappresentative che derogano in peius i minimi salariali previsti dai contratti collettivi nazionali.
Inoltre per potenziare l’attività ispettiva andrebbe incrementato l’attuale organico dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro il quale, nonostante l’incremento a seguito di recenti concorsi, non è adeguato per prevenire con efficacia il fenomeno a causa del numero limitato dei controlli. A ciò si aggiunga il problema della mancanza di un coordinamento e di una effettiva integrazione tra l’Ispettorato Nazionale del Lavoro, l’INPS e l’INAIL.”
“Il secondo elemento essenziale per debellare la piaga delle morti bianche è quello di investire maggiori risorse per la formazione di tutti gli attori in materia di sicurezza sul lavoro. E soprattutto l’incremento degli uffici degli ispettorati del lavoro con personale e risorse adeguate .(10)
I dati dell’Osservatorio di Vega Engineering bastano a fare una tragica fotografia della situazione : 90 casi al mese, 3 al giorno di media. E non vi sono differenze tra Nord e Sud. In media in Italia ogni anno 35 lavoratori ogni milione perdono la vita. Sono soprattutto i più anziani e gli stranieri .Quanto al tipo di lavoro, nel 2022 è stato il settore Costruzioni a far rilevare il maggior numero di decessi in occasione di lavoro: sono 131. Seguono: Trasporti e Magazzinaggio (117) e Attività manifatturiere (100). Va sottolineato che questi sono solo i dati ufficiali. Mancano probabilmente molti altri decessi e sono quelli appartenenti all’economia sommersa, che riguardano i lavoratori non assicurati, in “nero”, che perdono la vita ogni giorno e di cui non si sa niente. Resta il grave fatto che l’Italia, che pure ha una legislatura d’avanguardia in materia di sicurezza sul lavoro, fa registrare ancora una strage ogni anno. (11)
Dunque per questo primo maggio del 2023 ,in cui cresce il Pil del primo trimestre che è dimostrazione di una industria resiliente ,i sindacati tornano in piazza per la festa del lavoro in una condizione critica ancora caratterizzata da due anni di pandemia e da quasi quattordici mesi di guerra alle porte d’Europa. Tornano in piazza per festeggiare un lavoro diventato fragile, per la precarietà e la flessibilità diventate accesso per i giovani e le donne. Un lavoro povero il cui salario viene continuamente eroso dall’inflazione . Un lavoro in via di trasformazione con dosi massicce di smart working e la necessità di bilanciare presenza e competenze digitali.
In questa situazione i confederali (12) tornano in piazza con un appuntamento ad Assisi per lanciare un messaggio di speranza per la popolazione ucraina – lo slogan della manifestazione è «Al lavoro per la pace» –, ma anche per ribadire che occorrono interventi immediati per ri-dare dignità al lavoro. Il primo passo è un aumento dei salari, con il rinnovo dei contratti nazionali scaduti per sette milioni di persone, la lotta alla precarietà e interventi mirati sulla sicurezza. Dal palco i tre segretari generali, Luigi Sbarra della Cisl, Maurizio Landini della Cgil e Pierpaolo Bombardieri della Uil chiederanno al governo di dare risposte chiare in tempi brevi per evitare una nuova ondata di povertà.
Ma per il primo maggio è anche convocato un Consiglio dei Ministri che dovrebbe varare il Decreto Lavoro . Un decreto legge di oltre quaranta articoli che intende riscrivere le regole del mondo del lavoro. Un obiettivo ambizioso che tenterà di aumentare le buste paga medio basse ( taglio di un punto fiscale per i redditi fino a 30 mila euro), addio al Reddito di cittadinanza, e superamento del Decreto dignità per i contratti a termine .Si tenterà di mettere mano ai contratti a termine, alle assunzioni agevolate degli under 30 e alle uscite per prepensionamento.
Il giorno della festa del lavoro, lunedì primo maggio, è però anche la giornata dedicata alla “ lentezza”. Come ogni primo lunedì di maggio, sarà la “Giornata della Lentezza”, giunta alla diciassettesima edizione. L’esordio avvene nel 2007, con un’iniziativa in Piazza del Duomo a Milano, “multando” le persone che camminavano troppo di fretta. “Nonostante la concomitanza con l’importantissima ricorrenza della Festa del Lavoro – spiega Bruno Contigiani, ideatore e organizzatore dell’evento anche a livello internazionale – con iniziative già diffuse e seguite a New York, Jaipur, Parigi – non abbiamo voluto modificare la data, convinti che avremmo potuto concorrere ad arricchire di contenuti questa Giornata, dato che in molti campi, come ricorda anche la bellissima canzone scritta e cantata da Renzo del Re, si può “Lavorare con Lentezza”, senza mettere in discussione produttività, prodotto interno lordo e altri importanti parametri economici, ma migliorando la qualità dell’ambiente e della vita”.
Chissà se è vero o se la lentezza sarà veramente la caratteristica totalizzante del cambiamento del mondo del lavoro in senso troppo e fortemente negativo .
(2)https://www.avvenire.it/economia/pagine/1-maggio-2022-assisi-festa-lavoro-confederali
(4)https://www.ilsole24ore.com/art/qualita-lavoro-giovani-e-donne-pagano-prezzo-piu-alto-AEBkxAtC
(5) (6)continua su: https://www.fanpage.it/politica/litalia-ha-bisogno-di-immigrati-lo-dice-anche-il-def-del-governo-meloni/
https://www.fanpage.it/
(8)https://www.altalex.com/documents/news/2023/03/13/immigrazione-novita-decreto-flussi
(10)https://www.centrostudilivatino.it/infortuni-sul-lavoro-in-italia-e-ancora-allarme/
(12)https://www.avvenire.it/economia/pagine/1-maggio-2022-assisi-festa-lavoro-confederali