30 APRILE 1950 L’ECCIDIO DI CELANO, DOMANI RICORRE L’ANNIVERSARIO, DANIELE IACUTONE: “ OGGI COME ALLORA C’È BISOGNO DI LAVORARE INSIEME”

L’eccidio di Celano rappresenta una delle pagine più buie della storia della città. 71 anni fa, in piazza IV Novembre, morirono due lavoratori, Agostino Paris, di 45 anni, Antonio Berardicurti, di 35, oltre a 12 persone rimaste ferite.

Un evento tragico, la morte di due lavoratori che pacificamente si trovavano nella piazza centrale della Città, insieme a centinaia di persone, in attesa di conoscere le liste per andare a lavorare nella piana del Fucino.

Era la Sera del  30 aprile 1950, i fascisti riarmati ed i gendarmi, complice il governo, spararono sulla folla radunata in piazza, che lottava per poter lavorare la terra, solo lavorare. Tutti, dico tutti, indebitati con il principe Torlonia, non riuscivano a sbarcare il lunario. Per capire le condizioni di queste persone cito un tratto del libro fontamara di Silone: “In capo a tutti c’è Dio, padrone del celo. Questo ognuno lo sa. Poi viene il principe  Torlonia, padrone della Terra. Poi vengono le guardie del principe. Poi vengono i cani delle guardie del Principe. Poi, nulla. Poi, ancora nulla. Poi, ancora nulla. Poi vengono i cafoni. E si può dire ch’è Finito”.  Mentre la folla era in attesa che uscissero gli elenchi dei primi chiamati per lavorare nei campi, all’improvviso, senza preavviso, da più lati, partirono colpi di arma da fuoco. Piazza IV Novembre fu sconvolta dagli spari e dalle urla. Caddero morti sotto quei colpi i due braccianti, Paris e Berardicurti, entrambi lasciarono moglie e figli in tenera età, ci furono inoltre 12 feriti. Il crimine è rimasto impunito. I due martiri, erano conosciuti e stimati da tutti, non attivisti di partito, come molti pensano, ma legati ai movimenti sindacali e politici di sinistra. Bisogna ricordarli non da eroi, ma da vittime. Lottavano per una vita più dignitosa, gente che aveva solo ciò che il proprio lavoro gli dava. Non lasciarono nessuna eredità ai loro familiari, tranne la dignità, che ancora oggi li contraddistingue. La nostra società è stata costruita con quelle lotte e soprattutto con quel sacrificio. Si, con quel sangue versato è stata data la terra, non solo ai celanesi, ma a tutta la Marsica, non solo alle persone di sinistra, ma a tutti, senza distinguo. Il fucino è stata la mola che ha fatto girare l’economia dell’intera zona, uno tra i poli agro-industriali più importanti d’Europa. Oggi  come all’ora, imperversa una crisi politica ed economica spaventosa, aggravata dalla pandemia del covid 19. Una situazione insostenibile, in particolar modo per le categorie deboli. Bisogna rimboccarsi le maniche, ed unire le forze, come stanno facendo a livello nazionale, con un governo allargato. Non è il momento delle divisioni, bisogna meditare e  ricordarsi quello che fecero i nostri padri costituenti, per far ripartire l’Italia del dopoguerra. Rimanendo convintamente legato alla mia identità politica   sono però pronto a sedermi intorno ad un tavolo per discutere, pronto a collaborare ad un piano strategico per far ripartire l’economia di questa città. Abbiamo uomini e donne capaci di farlo. Tutti insieme possiamo dare una spinta forte. Il celanese è invidiato per la caparbietà e l’ostinazione a raggiungere gli obbiettivi. Dobbiamo tornare ad essere il punto di riferimento marsicano, un laboratorio politico, per servire il popolo sovrano.

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