Alessandro Capoccetti e quella diversità trasformata in opportunità per sé e per gli altri
“Ero intero e tutte le cose erano per me naturali e confuse, stupide come l’aria; credevo di veder tutto e non era che la scorza. Se mai tu diventerai metà di te stesso, ragazzo, capirai cose al di là della comune intelligenza dei cervelli interi. Avrai perso metà di te e del mondo, ma la metà rimasta sarà mille volte più profonda e preziosa”. (Italo Calvino)
Quella metà mille volte più profonda e preziosa da cui è ripartita l’esistenza di Chiara Bordi, prima Miss Italia con la protesi; o quella di Alessandro Ossola, atleta paralimpico e bionic model; oppure ancora di Anna Fusco, nata senza avambraccio sinistro ed oggi motivational coach, cantante e insegnante di reggaeton.
Tutto è iniziato dal lavoro lungimirante del giovane avezzanese Alessandro Capoccetti, colui che per primo ha saputo cogliere le chances offerte dalla sua stessa diversità. Lo sanno in pochi, ma è stata sua l’idea di rompere definitivamente gli schemi e far posare e sfilare i modelli con protesi a vista o addirittura senza.
Nato con la sindrome di Gollop Wolfgang, una malattia genetica rara che gli ha causato una grave malformazione degli arti superiori e inferiori, Alessandro, con un lungo trascorso da musicista, è oggi direttore e fotografo ufficiale dell’agenzia londinese ‘Models of diversity’, la più importante fondazione al mondo, supportata peraltro dal British Council, la cui missione è quella di promuovere eguaglianza e diversità nell’industria della Moda. Un settore che, a sorpresa, si rivela inclusivo e non più esclusivo, e che riconosce la bellezza in tutte le razze, età, taglie, abilità. Non è un caso che il titolo di Mister England 2017 sia andato proprio a Jack Eyers, testimonial della prestigiosa agenzia e primo modello protesizzato a sfilare, su incoraggiamento dello stesso Alessandro, alla New York Fashion Week.
Se l’ambiente in cui vive un disabile può ostacolare o incoraggiare le diverse abilità della persona – come evidenziato negli anni ’40 dal neurologo tedesco Sir Ludwig Guttmann – è ormai noto quanto le attività sportive e sociali possano migliorare la qualità della sua vita, a partire dalla rappresentazione del concetto di bellezza nelle sue più svariate forme.
“In un mondo che ragiona per mezzo di stereotipi e che giudica attraverso parametri predefiniti, l’occhio va abituato alle diversità.” – dichiara Alessandro – “Più ti nascondi, più la gente ti guarda con curiosità. Bisogna accettarsi ed aiutare gli altri a guardarci con occhi diversi. La gente va abituata alle diversità”.
Come dargli torto? Resta difficile scovare in queste immagini una qualche dissonanza tra bionic models e modelli normodotati, a dimostrazione che con la forza di volontà e gli strumenti giusti si può vivere intensamente senza precludersi alcunché. Sono le stesse condizioni create dalla società in cui interagisce una persona disabile a fare la differenza, pertanto è fondamentale incoraggiare le diverse abilità della stessa e sensibilizzare l’opinione pubblica ad un messaggio inequivocabile: la disabilità non è un ostacolo.
Ascoltare le testimonianze di questi giovani equivale a vivere un’esperienza educativa e di intenso impatto emotivo, e ci aiuta a restituire valore all’esistenza. Sono racconti di sorrisi ritrovati, ma anche di dolori sofferti e pregiudizi superati.
“Nell’incidente ho perso mia moglie e la mia gamba, dovevo scegliere se vivere o morire. Io ho scelto di vivere.”
Sono le parole pronunciate con una pacatezza disarmante da Alessandro Ossola, davanti ad un’aula del Liceo Scientifico di Avezzano gremita di studenti ed insegnanti venuti ad ascoltare la testimonianza di chi, come lui, ha resettato la sua esistenza dopo una tragica fatalità e riprogrammato un progetto di vita, sfidando coraggiosamente non soltanto le proprie paure ma anche eventuali reazioni pietistiche esterne e i soliti e banali luoghi comuni.
Arte, Moda, Sport pertanto rompono schemi e cliché, e la rivoluzione parte proprio da iniziative eccezionali come quela di Alessandro Capoccetti e dei suoi models of diversity.
Ragazzi determinati ad affrontare quella che non è una passerella qualsiasi ma il red carpet del loro futuro, nel contesto di una società sempre più protesa all’inclusione della diversità in tutte le sue sfaccettature, affinché vengano definitivamente abbattute le vere barriere architettoniche, quelle mentali, con la consapevolezza che l’unico avversario resta soltanto il proprio limite, e tentare di migliorare la propria condizione è già una vittoria.
Sono loro i testimoni di una nuova armonia estetica, quella che celebra la centralità dell’individuo, la sua originalità, e non la perfezione astratta ed irreale di ciò che viene chiamata ‘bellezza’ nell’accezione comune del termine. La bellezza, quella vera, è tutta in questi scatti.
di Alina Di Mattia
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