La CGIL torna a ribadire che il vero problema che sta generando la sospensione e l’interruzione dei servizi pubblici nel sistema della Sanità Provinciale è la cronica e strutturale carenza di personale.
Non si può affrontare l’analisi del problema partendo dalle conseguenze piuttosto che dalle cause che lo hanno generato, così come non si può imputare ai lavoratori la responsabilità della sospensione o dell’interruzione dei servizi.
La realtà è che il Sistema Sanitario Pubblico Provinciale non è più attrattivo nei confronti delle professionalità necessarie alla ASL e le cause di questa mancata attrattività vanno ricondotte principalmente alle massacranti condizioni di lavoro imposte dalla stessa Azienda Sanitaria in ragione della strutturale carenza di personale. A ciò si aggiunga, tra l’altro, che la stessa ASL non riconosce le prestazioni eccedenti il lavoro ordinario con la giusta retribuzione.
Inoltre, lo stesso personale sanitario, non vede, in prospettiva, la possibilità di crescita professionale e di competenze all’interno dell’Azienda, di contro lo scenario che viene loro prospettato impone elevate e non giustificate assunzioni di responsabilità non adeguatamente tutelate dalla stessa ASL.
Le improprie condizioni di lavoro, tra l’altro, sono state più volte certificate dal competente Ispettorato del Lavoro con conseguenti sanzioni e prescrizioni, quest’ultime mai recepite, in capo alla ASL.
Non si può far finta di non capire che in assenza di oltre 1000 unità lavorative, pari a circa il 25 % della dotazione organica, i servizi pubblici sono a rischio di interruzione ogni giorno e che l’onere dell’erogazione dei servizi stessi è in capo a tutti quei lavoratori che quotidianamente, con spirito di sacrificio ed abnegazione, sono a disposizione della ASL. Un Sistema Sanitario Pubblico efficace non può basarsi esclusivamente sulla disponibilità e sul buon senso di ogni singolo lavoratore.
Tale condizione è diretta conseguenza dell’attuale definizione della rete Ospedaliera che non garantisce, nella sua conformazione, il diritto alla salute costituzionalmente previsto, e ciò a causa dei mancati investimenti sul personale e sulle tecnologie necessarie che devono essere previsti da una seria programmazione dell’attività sanitaria.
Per fare ciò è necessario analizzare la domanda di prestazioni sanitarie e la specificità della conformazione del territorio per evitare di ricadere, come già avvenuto negli anni passati, sul mero concetto della sostenibilità economica della spesa sanitaria.
Uno per tutti, riguarda la vicenda del punto nascita di Sulmona, dove il sindacato autonomo pone in contrapposizione i tre territori di Avezzano Sulmona L’Aquila, facendo intendere che la prestazione sanitaria deve essere legata esclusivamente ai tetti di spesa. Condizione questa per noi inaccettabile in quanto riconosciamo alla Sanità Pubblica un diritto universale per i cittadini.
La stessa CGIL negli anni passati aveva denunciato una totale assenza di investimenti in grado di rendere nuovamente attrattiva l’Unità Operativa di Ostetricia e Ginecologia del Nosocomio Peligno.
Tale discorso vale per tutti i servizi per i cittadini, che, in quanto essenziali, devono essere garantiti a prescindere da spicciole logiche ragioneristiche. Infatti, in un sistema pubblico universale, le prestazioni devono essere rese fruibili a tutti i cittadini e, a maggior ragione, a quei cittadini che vivono in un contesto territoriale che ha una conformazione orografica molto complessa.
Riteniamo assurdo scaricare le responsabilità su coloro che, partecipando alle procedure concorsuali, si ritrovano “costretti” a rifiutare l’incarico, a causa delle condizioni di lavoro cui andrebbero incontro.
Negli ultimi anni la ASL ha incentrato la sua logica di erogazione dei servizi sanitari sul principio della diminuzione della spesa del personale, con ricadute negative in termini di prestazioni erogate e diminuzione degli occupati. Infatti, da una lettura dei bilanci consuntivi 2017 e 2018 si evince un taglio al “costo del personale dirigente medico” di € 2.854.473, che in sostanza vuol dire meno personale medico in servizio e di conseguenza meno prestazioni ai cittadini e più responsabilità e sacrifici per chi resta a lavoro. Tale condizione interessa anche i lavoratori del comparto il cui costo, nell’anno 2018, è diminuito per un importo pari a circa 2 milioni di € (circa il 2%).
La CGIL torna a ribadire la necessità di maggiori investimenti sul Sistema Sanitario Pubblico in termini di risorse umane, tecnologie ed una effettiva integrazione tra Ospedale e Territorio.
Al fine di garantire le necessarie prestazioni sanitarie ai cittadini delle Aree interne, occorre sbloccare definitivamente il tourover – azione utile anche a migliorare le attuali condizioni di lavoro del personale in servizio – e saturare la dotazione organica. Tutto ciò è finalizzato a rendere efficace ed attrattivo il Sistema Sanitario Pubblico Provinciale e, pertanto, è necessario chiudere la fase transitoria in capo al Direttore Generale facente funzioni con la nomina, da parte della Regione, del nuovo Direttore Generale al quale spetterà l’onere di elaborare una seria programmazione dell’Azienda Sanitaria n. 1.