Per i nostri fratelli ebrei la Pasqua è memoria della liberazione dalla schiavitù d’Egitto. Nei riti che accompagnano la cena pasquale il bambino chiede: «In che cosa questa sera è diversa dalle altre sere?». E gli adulti rispondono. Vorrei che le nostre veglie pasquali siano illuminate da questa domanda interiore: «In che cosa questa notte è diversa dalle altre notti?». E la risposta non dovrà essere una stanca e ripetitiva formulazione concettuale, ma l’abisso stupito della nostra fede che assume la speranza: questa è la notte in cui Cristo ha spezzato il cerchio della morte, in Lui ci è consegnato l’insperato e l’insperabile, perché con Lui ognuno può rivivere e risuscitare. La notte di Pasqua è la notte della consegna. Sulla croce Gesù grida: «Tutto è compiuto». Ma, come un contemplativo della Parola ha scritto: «Tutto è compiuto, tutto è incompiuto, anche noi siamo incompiuti. Incompiuti come uomini e donne, incompiuti come cristiani…La speranza è il ponte tra il compiuto di Cristo e l’incompiuto nostro e del mondo. Spero perché il tutto compiuto di Cristo trapassi nel nostro incompiuto e in quello del mondo». I nostri incompiuti: la fede solo coreografia che non impatta con la vita, le schiavitù dell’effimero accettate come narcosi dell’anima. Gli incompiuti del mondo: la società fraterna, l’economia fraterna, l’uomo fraterno. Nella Sarajevo assediata (chi ricorda ancora la mattanza di quegli anni?), nel buio di una città senza luce i poeti si ritrovarono per affidare ai versi la speranza. Quado l’orrore ebbe fine Izet Sarajlic scrisse: «Chi ha fatto il turno di notte per impedire l’arresto del cuore del mondo?». Quando si arresta il cuore di ogni uomo, si arresta il cuore del mondo intero. Si interrompe il cammino della liberazione dell’uomo perché nessuna eredità viene affidata alla generazione che viene dopo. E’ l’incompiuto dell’umanizzazione. Chi farà il turno di notte per ricollegare Dio all’uomo, l’uomo a Dio e l’uomo all’uomo? Chi, se non il cristiano che nelle veglie di Pasqua veglierà con il Signore per farsi trapassare il cuore e le vene dalla luce della Risurrezione? Anche se, nel tempo drammatico della pandemia, veglierà nella propria casa, dinanzi ad uno schermo, in comunione di sguardo con il Santo Padre, con il proprio Vescovo, con il proprio parroco. Chi, se non il cristiano che sceglie il turno di notte, il turno di ogni notte, per operare affinché il Vangelo diventi il cardine di ogni ristrutturazione storica? Ma ogni ristrutturazione inizia ora. Il “dopo” dell’emergenza sanitaria è già ora, in quella decisione che faceva dire ad Etty Hillesum, uccisa nel campo di sterminio di Auschwitz: «Più tardi dovremo costruire un mondo completamente nuovo. A ogni nuovo crimine, ad ogni orrore dovremo opporre un nuovo pezzetto di amore e di bontà che avremo conquistato in noi stessi…vorrei essere un balsamo per tutte le ferite». Gesù risorto è la certezza che la luce di Dio è più forte di ogni notte, ed è la forza che ci permette di essere presenza del Signore Risorto nel mondo: misericordiosi, operatori di pace e di giustizia, consolatori di ferite. Affido all’abbraccio della Trinità Santissima i nostri defunti. Per le famiglie colpite dal lutto invoco la Grazia dell’affidamento coraggioso all’amore di Dio. Grazie ai sacerdoti, alle comunità religiose, ai volontari, a quanti negli ospedali e nei vari servizi impediscono l’arresto del cuore dell’uomo. Auguri!
Avezzano, 8 aprile 2020
+ Pietro Santoro, Vescovo dei Marsi