Programmi televisivi, giornali, film, manifesti pubblicitari, trasmissioni radiofoniche, internet e i social network.
Questi, o più comunemente, i “mass media” raggiungono, al giorno d’oggi, a portata di clic, ognuno di noi. Abbattere le barriere, d’altronde, è stata sempre una prerogatiiva dell’essere umano. Un modo per essere sempre informati, sempre pronti. E così, ovunque noi siamo, qualsiasi cosa siamo in procinto di fare, non possiamo rinunciare alla nostra razione quotidiana di informazione. Qualcosa che, checchene ne dicano tutti, ci faccia stare a passo con l’incedere, ormai non più così lento e stazionario, del tempo. Già…perchè il mondo cibernetico e la sua rivoluzione sembra aver cambiato anche il moto delle lancette.
Che sia noia, dunque, o semplice bramosia di sapere, ognuno di noi, in qualche modo, è entrato nel vortice della “dipendenza da social”. Ognuno di noi, che sia comodamente seduto sul divano o in attesa nelle chilometriche file all’ufficio postale, decide liberamente, ogni giorno, di investire il proprio tempo navigando sui propi dispositivi di ultima generazione.
Ma stiamo davvero investendo?
La domanda sorge spostanea se solo si ha il coraggio di pensare a quante insidie possano nascondersi su questa sorta di mondo parallelo fatto di “like” e condivisioni. Condividere. Condividiamo luoghi, foto, momenti, tempo. Li condividiamo con tutti: persone che conosciamo da una vita – e abbiamo avuto il piacere di trasportare nella nostra dimensione sicura – e “piacevoli” sconosciuti che, nella maggior parte dei casi, resteranno alienati nella dimensione cibernetica. Persone di cui, però, abbiamo imparato nei giorni a conoscere ogni singola abitudine.
Mondo reale, mondo parallelo. Qual’è la differenza? E’ davvero così netta?
Se volgiamo uno sguardo attento alle nostre abitudini non possiamo non farci questa domanda. Domanda alla quale, seppure riuscissimo per un attimo ad adottare uno sguardo obiettivo e distaccato, non riusciremo comunque a rispondere.
Il rischio più grande che si corre, infatti, è quello di cadere nel baratro che ci condurrà, prima o poi, a ridimensionare le nostre abitudini. Un baratro che, in qualche modo, poco a poco, ci condurrà a diventare dei veri e prorpi “avatar”.
Il problema, per quanto possa sembrare pessimistico, è reale e colpisce ogni giorno migliaia di adolescenti che decidono – a questo punto non pù liberamente ma condizionati dalla libera attività dei mezzi di telecomunicazione di massa – a barattare la propria realtà con qualcosa che si può creare e, quindi, controllare. In poche parole il plagio vero e proprio sta nel fatto che si possa pensare di controllare qulacosa che finirà per controllarci. Qualcosa che finirà per riscucchiarci.
Rintanarsi nel proprio mondo parallelo conduce ad abbandonare la realtà. Conduce ogni individuo, a poco a poco, ad isolarsi barattando la condizione umana per una condizione reificata.
E’ proprio in questo contensto di sbandamento naturale che sa insediarsi, come se non bastasse, la malainformazione. Ovvero quegli individui, o quel gruppo di individui, che, sopraffatti dai meccanismi cibernetici, “postano”, o se vogliamo condividono, false notizie. Notizie di ogni genere. Dal gossip alla medicina.
Notizie, queste, volte a creare stupore e panico che trovano maggiormante il modo di arrivare, grazie al gioco di condivisione attuato da amici e amici di amici, sui nostri schermi.
E’ così che prendono piede strane teorie “scientifiche”. E’ così che le stesse riescono ad arrivare agli occhi e alle menti di chi versa in condizioni di disperazione. In condizione di paura. Paure legate alla malattia. Paure legate all’illusione dello stereotipo che questo maledetto mondo inesistente ci impone. Il bello. Il lusso. Il possibile oltre ogni limite. La scorciatoia. Tanto è vero che queste stesse notizie sembrano dire: “tutto è semplice, proprio come leggere. Proprio come un clic”.
La vera tragedia, purtroppo, è che molti dei porti di approdo di queste insulse navi sono feritli. Molti individui abbandonano le strade scientifiche per aggrapparsi alla panacea che costoro, i cosiddetti “fakewriter”, offrono.
Può davvero ruotare tutto intorno alla cultura del “è semplice”? E’ davvero questo il vero significato della parola progresso?
E’ davvero così semplice entrare nelle menti delle persone? sconvolgerle?
Eppure il tempo, contrariamente a ciò che il web vuole farci credere, non ha mai smesso di scandire il suo ritmo. Un ritmo fatto di attimi. Di momenti irripetibili. Momenti che andrebbero vissuti come esseri umani e non come oggetti reificati.
L’uomo. Questa dovrebbe essere l’unica risposta alle nostre domande. L’uomo che prende coscienza di se. Che non baratta la propria vita per una dimansione parallela ma apprezza, vivendolo in pieno, ogni particolare della propria esistenza.
L’uomo che ha il coraggio di confutare ogni illusione semplicistica ricordando che lottare per la fugacità di un attimo ci rende liberi. Ci rende vivi.
L’uomo che ha il coraggio di riconoscere il potere supremo della scienza abbandonando i dettami che volgiono inculcarci.
L’uomo che ha il coraggio, una volta per tutte, di riprendersi la propria dimensione servendosi di internet e dei mass media come propria appendice senza diventarne succube.
L’uomo che trova finalmente il coraggio di condividere con se stesso, prima che con gli altri, profumi, sapori, colori, sensazioni ed emozioni.
L’uomo..capace di insegnare ai propri figli che un pallone o una bambola sono esattamente l’universo parallelo di cui hanno bisogno.
Alex Amiconi