Airgun, Bracco: a rischio l’ecosistema marino

LEANDRO BRACCO

(ACRA) – “In un’area estesa tre volte l’Abruzzo sarà possibile andare alla ricerca di idrocarburi. Da Rimini fino a Santa Maria di Leuca, nel Leccese, in una superficie amplissima di poco inferiore ai 30mila chilometri quadrati, i fondali del nostro mare saranno presumibilmente alterati nella propria natura. E a pagarne le conseguenze, sotto molteplici aspetti, sarà soprattutto il mondo della pesca. Una realtà in cui ogni giorno sono impiegati migliaia di lavoratori e per i quali, nei mesi e anni a venire, si prefigurano tempi assai problematici”. E’ questo il commento che il Consigliere regionale di Sinistra Italiana Leandro Bracco ha reso noto nella giornata di oggi e che riguarda la recente decisione del Consiglio di Stato “una cui sentenza ha spianato la strada alle prospezioni in mare”. “Nonostante i diversi ricorsi presentati, fra gli altri, dalle Regioni Abruzzo e Puglia – spiega l’esponente di Liberi e Uguali – la giustizia amministrativa ha deciso in via definitiva di consentire le attività di ricerca in mare di idrocarburi. Sebbene confidassi in un esito diverso, prendo atto di quanto sentenziato da Palazzo Spada e, pur non condividendo quanto decretato, ne rispetto la decisione”. “Non posso però non far notare – prosegue il Consigliere regionale – che quanto deciso dai giudici amministrativi avrà ripercussioni notevolissime sul mondo della pesca. La tecnica dell’airgun è infatti una metodologia assai impattante per l’ecosistema marino e per la sua fauna e flora e, conseguentemente, non credo sia possibile escludere ripercussioni negative nel medio e lungo periodo ai danni dell’ecosistema marino stesso”. “Ovviamente – fa notare Bracco – rincuora abbastanza il fatto che le prospezioni avverranno ad almeno ventidue chilometri di distanza dalla costa ossia dodici miglia marine. Ciononostante la mia preoccupazione rimane ma soprattutto si consolida se penso esclusivamente a ciò che attende i pescatori in riferimento alla metodologia che verrà attuata e cioè l’airgun”. “Si tratta – evidenzia il Consigliere – di uno strumento utilizzato in geofisica che produce onde compressionali ed emette in acqua bolle di aria compressa. I fondali marini verranno dunque ispezionati attraverso spari di aria compressa ripetuti a distanza di pochi minuti l’uno dall’altro. Purtroppo non si può escludere l’eventualità che il patrimonio ittico del Mare Adriatico venga minacciato da questo tipo di prospezioni. Danni considerevoli sono assai probabili per quel comparto lavorativo, già di per sé fragile, rappresentato dalle attività connesse alla pesca”. “Questa vicenda dimostra per l’ennesima volta – conclude Leandro Bracco – la fortissima contraddizione di scelte politiche che da un lato sottoscrivono impegni legati alla cosiddetta ‘crescita blu’, che considera i mari e gli oceani veri motori per uno sviluppo intelligente, sostenibile e inclusivo ma, dall’altro, favoriscono attività industriali altamente impattanti”. (com/red)

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