AVEZZANO. QUANDO AL BUON OPERATO DI UN CHIRURGO, SI OPPONE LA SUPERFICIALITÀ DI CHI OPERA NEI REPARTI OSPEDALIERI

LA MALASANITÀ DERIVA DAL NOSTRO OPERATO

Quanto siamo bravi a parlare di malasanità e a puntare il dito su quello o sull’altro ospedale.

La Sanità, l’ospedale, il pronto soccorso è fatto di persone, e sono loro che rendono il tutto efficiente o meno. Questa è una storia, di pochi giorni fa, che arriva dall’ospedale di Avezzano. Un paziente, dopo esser stato operato con encomi al chirurgo e alla sua equipe, si ritrova a letto con la sacca dello spurgo post operatorio. La sacca si riempie facilmente e va cambiata costantemente, perché il flusso della soluzione che ripulisce la ferita è cospicuo.

Il paziente, alla vista della sacca quasi piena, suona il campanello per chiamare un infermiere per il cambio della stessa, ma dopo venti minuti non arriva nessuno. La sacca è colma a tal punto che fuoriescono liquidi. Questi si alza dal letto e si reca nella cucina del reparto, avendo udito delle voci. Alla vista del paziente, nonostante avesse bussato prima di entrare, una delle presenti lo invita bruscamente ad uscire immediatamente dalla cucina. Il povero malato sottolinea di aver suonato il campanello, ma che nessuno era arrivato in soccorso. .La risposta del personale ospedaliero è amletica: viene rimandato a letto, dicendogli che a breve sarebbe arrivato qualcuno per il cambio della sacca. Dopo altri venti minuti, nessuno appare all’orizzonte, tanto che lo stesso malato provvede da sé al cambio della sacca.

“Ogni singolo elemento sarà il calcolo del risultato finale, ma se gli elementi negativi saranno grandi, il risultato anche se positivo, risulterà negativo ” Luis Gabriel Garcia Ortega

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