L’inestimabile valore umano di un papa che non abbiamo saputo capire
Dovrebbe esistere uno switch per tornare indietro nel tempo, a quella giornata di aprile del 2005, quando una fumata bianca dalla Cappella Sistina annunciò che i cardinali uniti in Conclave avevano eletto il 256° papa della Chiesa cattolica e vescovo di Roma.
I fedeli cattolici stavano ancora versando lacrime per la scomparsa del papa più amato da tre generazioni, Karol Wojtyla, avvenuta solo due settimane prima, e il mondo non era ancora pronto ad abbracciare il suo successore.
Alle 17:56 di quel 19 aprile, Joseph Aloisius Ratzinger, tedesco di elevata statura e profonda saggezza, divenne Papa Benedetto XVI. Un passaggio di consegne scomodo, un pontificato ostico, faticoso, data la natura centralista e di grande impatto mediatico che aveva lasciato Papa Giovanni Paolo II, il pontefice per eccellenza che tutti abbiamo amato e che lo aveva preceduto, divenuto successivamente Beato e Santo.
Solo otto anni dopo la notizia che fece in pochi minuti il giro del mondo:
la sua rinuncia al ministero di vescovo di Roma, successore di San Pietro. Fummo colti di sorpresa. Ratzinger non era il primo papa ad abdicare. Prima di lui, secondo le fonti, lo avevano già fatto Clemente I, Ponziano, Silverio, Benedetto IX, Gregorio VI, Celestino V e Gregorio XII, ma noi, a quei tempi, non c’eravamo. Non fummo neppure tanto disperati. Ci sentivamo ancora emotivamente legati al suo predecessore, quel papa bellissimo, moderno, amico dei giovani.
Ratzinger, suo malgrado, era stato il tramite con cui avevamo metabolizzato quel lutto, l’ammortizzatore di quel dolore che ci accompagnò per tutta la durata del suo difficile pontificato e che magicamente fu dissolto dall’arrivo del sorriso buono e furbo di Papa Francesco. E non per meriti particolari, ma semplicemente perché desideravamo qualcuno che aprisse un capitolo nuovo. Certa stampa, inoltre, attraverso gossip e insinuazioni, aveva rafforzato la nostra diffidenza per quel tedesco troppo tradizionalista e conservatore per un’Italia che aveva voglia di rompere gli schemi sociali, di rinnovarsi ad ogni costo.
A distanza di anni mi sento di affermare che abbiamo sbagliato a considerarlo alla stregua di un nemico, io in primis. Era solo un papa scomodo, lo è tutt’ora.
Oggi, Benedetto XVI, Papa emerito, ha 91 anni e vive nel Monastero Mater Ecclesiae, a Città del Vaticano. Si dice che l’attuale papa stia tagliando gli ultimi fili che lo legano al Vaticano. A breve infatti verrà soppressa la Prefettura della Casa Pontificia il cui titolare è monsignor Georg Gänswein, segretario personale di Benedetto XVI. Non certo il primo dei fedeli di Ratzinger ad essere rimosso da Bergoglio. Aveva già subito il licenziamento il cardinale Raymond Burke che il precedente papa aveva designato prefetto della Segnatura apostolica. Ed era stato liquidato, senza troppe cerimonie, anche il cardinale Gerhard Müller, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, amico personale di Joseph Ratzinger e curatore della sua opera omnia. Che nella Chiesa ci siano divisioni è da sempre risaputo, ma queste, più che divisioni, appaiono come fratture.
Un abbraccio a Papa Ratzinger. Se avessi quello switch e potessi tornare indietro nel tempo, giuro, andrei a farlo di persona.
di Alina Di Mattia