Sono ore che la mia mente torna all’omicidio di Napoli, a quel bambino indifeso e massacrato dal patrigno con un bastone, fino a morire. Una violenza reiterata e vecchia di anni di cui tutti erano a conoscenza e che la piccola, sopravvissuta alla furia dell’uomo, denuncia dettaglio dopo dettaglio agli inquirenti.
Lui, il mostro, proveniva da una famiglia disagiata, già seguita dai servizi sociali. Chi lo conosceva racconta di episodi di violenza che lo coinvolgevano sin dai tempi dall’asilo. E poi? Dove sono finiti i servizi sociali? Tunisino, italiano, chissenefrega. Un bambino è stato massacrato a colpi di bastone ed morto dopo tre ore di agonia. Questo è il punto.
Mi sono soffermata a pensare alla madre, a quanta inerzia e debolezza possa generare un amore malato, talmente malato che non le concede di essere compassionevole con suo figlio, di intervenire a difesa del bambino, di proteggerlo costi quel che costi. Mi metto un secondo nei suoi panni, solo un secondo, io che non sono madre ma che salverei tutti i bambini del mondo con la mia stessa vita, e in quel secondo mi immagino lì, a fare da scudo a quel corpicino, a prenderle io al posto suo, a farmi ammazzare io pur di salvare mio figlio. Poi mi rendo conto che non sono un dio per poter giudicare, non conosco il terrore della donna, non so quanto ha pianto, semmai lo abbia fatto, non conosco quella paura di fiatare, di respirare, di essere lì con quell’uomo insieme ai suoi figli, ogni maledetto giorno, di reagire alla prepotenza, all’arroganza, alla morte stessa. Ci sono solo domande senza risposta.
E allora torno a pensare all’ovvio: tutti sapevano e nessuno ha denunciato. Quanti colpevoli ci sono in questa tragedia? L’assassino in primis, la mamma che non reagisce, la famiglia di lei assente, i vicini che sapevano ma stavano zitti, gli insegnanti che vedevano i lividi sulla pelle del bambino e non denunciavano, i servizi sociali che avevano già seguito l’uomo.
Perché nessuno ha parlato? E’ più facile vivere nella totale omertà o nel rimorso di non aver salvato una creatura? Cosa spinge l’essere umano a voltare la faccia dall’altra parte quando vede l’orrore? Cosa impedisce ad una madre di difendere la carne della sua carne? E quanto può essere questa donna ancora mamma? Ancora domande senza risposta.
Di certo, ogni volta che perdiamo un bambino, perdiamo una parte di futuro.
In realtà abbiamo già perso. La società ne esce in ginocchio. Sconfitta. Ogni volta che una donna muore nelle mani di un uomo, ogni volta che un bambino perde la vita a causa dell’incuria dell’uomo, ogni volta che un giudice toglie un figlio a chi merita ma lo lascia a chi non lo sa amare, ogni volta che un delinquente resta impunito, ogni volta che restiamo in silenzio invece di denunciare. Siamo tutti colpevoli. Il mostro non è solo con le sue colpe.
Il bambino riposi in pace. Finalmente.
adm