Capita spesso, alle persone anziane, di “ fare fatica a fare le scale ”, una fatica ben superiore a quella che facevano un tempo, o che, pur avendo ancora una buona capacità muscolare e motoria, di non riuscire magari più a star dietro a un nipotino che corre, se non incominciando precocemente a sbuffare e a sentire “il fiato che manca ” e che “taglia” le gambe. E capita anche, purtroppo, di vedere come tali situazioni, che sicuramente allarmerebbero un giovane, dall’anziano vengano invece spesso vissute con la rassegnata convinzione che si ha di fronte alle cose inevitabilmente irrisolvibili. Una sorta di “Tanto ormai sono cosi!”.
L’idea che l’anziano “ respiri male perché è anziano” preclude, a chi è avanti con gli anni, la possibilità di riguadagnare un possibile benessere respiratorio, solo perché convinto che non si possa far nulla a causa dell’età. Ciò che invece deve passare è che l’anziano respira male, non perché “è anziano”, ma perché “ è ammalato”! Se è vero il fatto che da anziani più facilmente ci si ammali di qualche forma respiratoria che genera dispnea(disagio respiratorio), è vero anche che fin tanto che persiste la falsa credenza che “ da anziani non si può respirare più di tanto … perché il respiro ormai è così … e il respiro pesante nell’anziano non risponde più alle cure ”, come se l’anziano ammalato non dovesse poter guarire solo in virtù del fatto che “è anziano” (deleteria l’equivalenza: anziano = individuo senza possibilità di essere curato con successo ), non si può pensare di poter donare anche a queste persone il piacere di poter magari tornare a respirare, se non proprio come un tempo, almeno in un modo che pressappoco gli si avvicini.
Spesso le cure prescritte all’anziano, dopo un corretto percorso diagnostico che consenta di definire con precisione il motivo del suo “respirare male” ritenuto a torto senza soluzione, non sono meno efficaci di quelle prescritte a una persona di media età. L’unica differenza, in realtà, consiste nel fatto che, mentre nelle decadi centrali gli ammalati di patologie respiratorie ancora ricercano in modo attivo una soluzione al loro disagio respiratorio sentito anormale, negli anziani, convinti ormai di una loro oggettiva “ inguaribilità” dal disagio respiratorio, viene spesso a mancare quel “credo” che li potrebbe avvicinare allo specialista e a una possibilità di cura spesso risolutiva, a patto che ne venisse accetta, come capita in chi è più giovane, una disponibilità alla diagnosi e alla relativa terapia.
La prima cosa che consiglio di fare in una famiglia in cui sia presente un anziano che respiri male, è di fare in modo che divenga “ consapevole” del suo anomalo modo di respirare modificatosi lentamente negli anni, consigliato in ciò da chi in famiglia gli sta più vicino e che su di lui ha più ascendente. Qualche volta, infatti, non è necessario iniziare da chissà quali atti invasivi, ma è sufficiente fargli provare come anche solo una piccola cosa, un “banale” esercizio da praticare in corso di marcia normale, sia in grado di modificare già in meglio il disagevole modo di percepire il respiro .
Spesso, alla base di queste alterazioni respiratorie, si ritrovano malattie ignorate dall’anziano in quanto mai diagnosticate, quali enfisema polmonare , bronchite polmonare, bronchite cronica e broncopneumatopia cronica ostruttiva, che se correttamente individuate con poco sforzo, possono essere affrontate e risolte, per lo meno per quanto basta a ridurre, talora anche di molto, il disagio respiratorio. Alcuni segni della presenza di tali malattie croniche respiratorie sono sotto gli occhi di tutti ma non vengono adeguatamente considerati da chi, non essendo pneumologo, non è in grado di percepirne il significato clinico. Tra questi vi è il classico “respiro a labbra socchiuse”, cosiddetto a labbra “embricate” che, durante l’atto dell’espirare (fase del ciclo respiratorio in cui l’aria esce dai polmoni), nell’anziano spesso dichiara, senza margini d’errore, la presenza di una malattia ostruttiva dei bronchi datante magari da anni.
Pur in presenza di un disagio respiratorio spesso rilevante e perdurante da diverso tempo, l’anziano “inarrestabile”, abituato a “non fermarsi mai” e con una personale filosofia del vivere che lo avvicina più ad un indistruttibile samurai che non ad un comune mortale, preferisce non badare alla dispnea insorgente specialmente sotto sforzo, in quanto ha “troppo da fare ” per pensare di “perdere tempo” ad occuparsi di sé e del proprio anomalo modo di respirare. Che in tal modo, per lungo tempo ignorato e banalizzato, prima o poi gli presenta il conto e lo ferma … per sempre! Soprattutto per il fatto che la dispnea, non inventata solo per limitare gli anziani e impedirgli di far tutto ciò che facevano un tempo, è un ben preciso sintomo che segnala fatica, ed imporrebbe, oltre alle necessità diagnostiche che consentirebbero di risolvere i problemi che la generano, perlomeno quel cambiamento di ritmi di fronte ad attività faticose , spesso invece mantenute pari a quelle di persone più giovani, adeguando le richieste alle mutate possibilità.
Da ciò deriva la grande importanza di un paziente lavoro anche psicologico che, nell’anziano, può aiutarlo a fargli accettare l’età e il proprio “essere anziano”, comprese quelle apparenti limitazioni che, se prima riconosciute e correttamente riorientate con intelligenza, possono spesso risultare poi non così limitanti!
Qualche volta l’anomalo modo di respirare, potenzialmente risolvibile a patto che lo si rilevi e se ne tenga conto, è li da vedere e di nuovo sotto gli occhi di tutti, esplicitamente dichiarato anche solo da quello strano “fischietto” che l’anziano sente durante il respiro, specialmente quando si corica a letto o si sforza nel fare qualcosa che richieda un po’ più di energia. Non è infrequente che, dietro tale sintomo, si nascondano non solamente problemi respiratori di natura bronchiale o polmonare, ma qualche volta di natura cardiologica o cardio-vascolare, tra i quali anche solo una condizione non riconosciuta, e magari presente da anni, di una pressione elevata che, nel tempo, ha scompensato il cuore.
Per quanto non sia solo propria dell’anziano la condizione di “ russatore” durante il riposo notturno, per vari motivi è in quest’età in cui il disturbo si fa più frequente e manifesta tutte le sue potenzialità più negative, proprio in quanto spesso associato ad altri quadri morbosi che a quest’età si manifestano con maggior frequenza. Ecco, allora, che la comparsa di sintomi quali ipertensione arteriosa, facilità ad addormentarsi durante il giorno in corso di operazioni noiose o monotone o durante la guida del veicolo, i deficit di attenzione, concentrazione e memoria attribuiti all’età”, sono dovuti ad un problema che spesso si associa al russamento e che consiste nella sindrome delle apnee del sonno ostruttiva. Si tratta di un problema di non poco conto, in grado di aggravare i già molti problemi respiratori, cardiologici e neurologici propri dell’età.
Qualche volte nell’anziano l’anomalia respiratoria non riconosciuta e non adeguatamente trattata è secondaria all’eccesso di peso che spesso accompagna l’età e che accentua la dispnea già presente, magari, per altri motivi. Questo, unitamente alla progressiva riduzione delle masse muscolari (massa magra), favorisce la comparsa di una dispnea spesso secondaria a eccessivo carico dinamico delle stesse e alla sproporzione tra queste e il lavoro muscolare talora impropriamente richiesto. A questo proposito, dopo aver riconosciuto la propria dispnea come un fatto “non normale” e aver accettato di comprenderne le cause, l’anziano dovrebbe iniziare ad occuparsi del problema curando il disturbo, qualche volta aiutato in ciò anche solo da una serie di norme ed esercizi respiratori che, migliorando la muscolatura carente, sono in grado di apportare un miglioramento alla sua capacità di respirare, alle sue performances fisiche e ad una miglior resistenza alla fatica
In alcuni casi la dispnea dell’anziano viene accentuata da dinamiche di ordine psicologico (dispnea psicogena), tenuto anche conto di quanto spesso, in questa fascia d’età, compaiano o si accentuino problemi psichici in senso sia ansioso che depressivo, talora condizionanti in modo negativo il vissuto dei pazienti e la loro disponibilità a curarsi
Invito, quindi, gli anziani a non accettare da “martiri ” il proprio faticoso modo di respirare, dando la propria disponibilità, almeno una volta, a valutare con lo pneumologo il loro respiro, nel tentativo, tanto spesso ben corrisposto da un trattamento efficace e risolutivo, di recuperare la piacevolezza di un “respiro lungo” tornato magari, come un tempo, “ a pieni polmoni”.
” Dott. Enrico Ballor – Torino “
( Cicchetti Ivan )