Cerchio a teatro con Roberta Santiucci: ‘Parasitt il brigante che morì due volte”

Si svolgerà domani, martedì 8 agosto, alle ore 21.30, nella suggestiva cornice storica di Via Savoia, sotto la preziosa cura dell’attrice Roberta Santucci, la rivisitazione dell’opera dello storico Fiorenzo Amiconi: “Parasitt, il brigante che morì due volte”.
L’opera racconta l’avvincente storia del brigante “Parasitt” – originario di Cerchio – che, appunto, servendosi del proprio ingegno riuscì a evadere, dall’allora inespugnabile carcere di Ventotene, inscenando sampientemente la propria morte. Il tutto si svoge nel periodo storico a cavallo tra la fine del settecnto e la fine dell ‘800 cerchiese.
Roberta Santucci, che oggi vive a Bruxelles, muove i primi passi a Teramo – nalla scuola di teatro di Spazio Tre – sotto la giuda di uno dei più grandi maestri di teatro teramano , se non il più grande, Silvio Araclio. La passione per il teatro, trasmessale in questi anni, la spinge, poi, a proseguire i propri studi a Roma, nell’Accedemia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico. E’ qui che troverà la propria dimensione fondando, insieme a qualche compagno di avventure, compagnie teatrali che hanno improntanto il proprio raggio di azione nelle scuole e nelle zone più disagiate.
In esclusiva, ai nostri microfoni, per raccontarci
Roberta, che cosa ha spinto un’attrice di fama riconosciuta come te a sposare e fare proprio questo progetto. Perchè quest’opera e perchè Cerchio?
Avevo voglia già da tampo di fare, in qualche modo, un omaggio a Cerchio. E’ qui che si trovano le mie radici ed è quì che, fin da bambina, amo tornare in estate. E’ così che quando, grazie a mia madre, mi sono imbattuta in questa storia, la storia di un “brigante” che morì due volte, ho realizzato che era giunto il momento di mettere in pratica il mio desiderio. Il fatto stesso, poi, che il padre di Fiorenzo Amiconi, lo storico che ha portato alla luce questa storia, fosse molto amico del nonno che non ho mai conosciuto il quale amava raccontare questa storia mi ha dato, di fatto, quel qualcosa in più. Una serie di eventi concomitanti, insomma, che hanno fatto si che questa fosse, per me, la storia ideale da raccontare. Una storia che ha dei legami particolari con le mie radici, con la mia storia. C’è il fatto, poi, che quello che andrò a raccontare con la mia interpretazione è sorretto da un lavoro serio e scrupoloso fatto di ricerche. E’ bello, infatti, narrare ciò che rimane nella tradizione orale ma è anche bello, poi, vedere i documenti, quali sono le fonti e, se vogliamo, cercare di trovare, da tutto questo, un legame con la realtà che ci circonda.
Quanto preparazione si nasconde dietro a un lavoro come questo?
Credo che il lavoro più duro, se vogliamo, – continua – sia stato proprio quello di fare una scelta. Il libro è composto da 122 pagine ed io, nel tentativo di renderlo più fruibile a chi avrà tempo e voglia di venirci ad ascoltare, ho dovuto ridurlo a cira una ventina di pagine. Un lavoro sicuramente arduo.

Roberta, quali sono, se ne hai, le aspettative legale a questo progetto?
Mi rendo conto, a dire la verità, che non ci sono tante proposte di questo tipo. Non mi aspetto molto. Mi piacerebbe che le persone che partecipano trovino piacere ad ascoltare questa storia e che trovino nuovi spunti per poter, nel prossimo futuro, avvicinarsi a nuove letture e magari guardare con occhio nuovo e maggiore curiosità la storia del proprio paese. La storia del nostro paese.

Quali sono i progetti futuri invece di Roberta Santucci nel prossimo futuro?
Vivo a Bruxelles. Il mio progetto è quello di riuscire ad esportare la nostra cultura teatrale all’estero. Lo sto già facendo e spero di poter continuare nel mio intento. Ho lavorato per 15-20 anni in Italia sempre con associazioni culturali, sempre nell’ambito del teatro, della cultura e dell’educazione adesso, dunque, spero di poterlo continuare a fare in Belgio o dove la mia passione mi condurrà.
Se dovessi chiederti, ad oggi, l’artista migliore con cui hai lavorato chi mi diresti? Un nome su tutti?
Sicuramente Michele Placido ma non possono non menzionare Lino Guanciale, marsicano doc anche lui, con il quale ho avuto il piacere di condividere la passione per l’impegno culturale. Dico con piacere che nonostante il suo grande successo televiso che lo ha reso un personaggio famoso continua a partecipare e a curare tanto la passione per il teatro, la diffusione nelle scuole – soprattutto a Roma e in Emilia-Romagna -; continua, insomma, a spendersi per la cultura teatrale e quella che è la diffusione della cultura a 360°. Non posso non dire: chapeau Lino.

Chapeau nei confronti di Lino, dunque. Chapeau nei confronti di chi, nonostante tutto, ha ancora il coraggio di inseguire, perseverando, la cultura. Il trasmettere. Chapeau nei confronti di chi, come Roberta Santucci, non ha mai smesso di restare attaccata alle proprie origini. Amarle al punto di esserne, in qualche modo, riconoscente. Amarle al punto tale, come Fiorenzo Amiconi, di farne una ragione di vita.
Amarle in maniera incondiziata da immergersi nell’infinita suggestione dei luoghi che il nostro paesaggio ci propone. Immergersi, talmente tanto, da riconoscersi, comprendersi, collocarsi.
Chissà, allora, che ” ‘Parasitt” non rappresenti, come suggeriva la stessa Roberta, un modo per imparare a guardare il futuro partendo da ciò che è stato. Un modo per far sì che tutti possano trovare la propria dimensione. Perchè se infondo “il non saper cosa sia accaduto prima che noi nascessimo significa rimanere sempre bambini” allora non è mai troppo tardi per crescere.
Nel frattempo, nell’indecisione, osserviamo e, come domani sera, perchè no, magari “togliamoci il cappello”.

Alex Amiconi

 

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