L’annullamento stabilito dal TAR di Pescara (sentenza n° 69/2019 pubblicata il 7 marzo scorso) della Conferenza di Servizi del Comune di Cepagatti sulla cui base erano stati avviati, secondo le associazioni senza alcun titolo legittimo, i lavori per la costruzione del cosiddetto Megalò 2 comporta una sola inevitabile conseguenza: quello che è stato realizzato senza autorizzazione va ora abbattuto. Lo hanno chiesto a gran voce questa mattina in una conferenza stampa congiunta i rappresentanti di WWF, Confcommercio, Confesercenti e CNA. «In base alla normativa in vigore – ha sottolineato l’avv. Francesco Paolo Febbo, legale delle associazioni -, e mi riferisco al D. Lgs. 152/2006, la valutazione di impatto ambientale costituisce infatti presupposto o parte integrante del procedimento di autorizzazione, in assenza del quale è previsto che l’autorità competente possa disporre la demolizione ed il ripristino dello stato dei luoghi e della situazione ambientale a cura e spese del responsabile. L’abbattimento sarebbe un atto significativo per il ripristino della legalità». Chi ha costruito senza attendere la sentenza lo ha del resto fatto a proprio rischio.
Un breve riepilogo della vicenda aiuterà a ricostruire l’andamento dei fatti: il progetto noto come Megalò 2 aveva ottenuto dal Comitato di Valutazione Impatto Ambientale un giudizio (1925/2012) favorevole con prescrizioni. Tra queste anche l’obbligo di ottenere il parere favorevole dell’Autorità di Bacino (AdB), concesso nell’ottobre 2012, sospeso nel maggio 2013 e poi annullato in autotutela (27/11/2013) per inosservanza delle prescrizioni date dalla stessa AdB. Tutto questo pochi giorni prima della piccola alluvione che, a inizio dicembre 2013, indusse il sindaco di Chieti a ordinare la chiusura del centro commerciale esistente per tutelare la sicurezza pubblica. Poco dopo (determinazione 48 del 12.12.2013) l’Autorità di Bacino ha espresso un definitivo parere negativo sull’intervento in questione. Avrebbe dovuto essere una pietra tombale su edifici progettati a ridosso di un fiume. Ancor più perché il Comitato V.I.A. (giudizio 2775 del 23/3/2017 confermato dal giudizio 2854 del 21/12/2017) ha respinto l’istanza di proroga presentata dalla ditta, tra l’altro, per la “constatata inadempienza delle prescrizioni del parere 1925/2012” e per la “intervenuta e sostanziale modificazione delle condizioni ambientali, infrastrutturali e socio economiche del contesto territoriale interessato”. Per inciso va pure ricordato che la revoca del 16/2/2018 della cessazione dei lavori disposta dal Genio Civile il 17/1/2014 non ha di per sé alcun valore autorizzativo perché il Genio Civile non può certamente assumere competenze che non gli competono.
La SILE Costruzioni aveva presentato ricorso contro il giudizio V.I.A. 2775/2017 ma ha prima rinunciato alla richiesta di sospensiva inizialmente presentata e ha quindi, nell’udienza pubblica dell’8 febbraio scorso (presenti per le associazioni con l’avv. Febbo anche Nicoletta Di Francesco del WWF e Marina De Marco di Confesercenti), chiesto attraverso i suoi avvocati la non definizione della impugnazione. La bocciatura rimane dunque pienamente valida e in vigore, come da sempre sostenuto dalle associazioni che sulla Conferenza di Servizi indetta dal Comune di Cepagatti avevano anche presentato esposti alla magistratura penale.
Il TAR ha ribadito, tra l’altro che – citiamo dalla sentenza – La Conferenza di Servizi, quale mero modulo procedimentale, non può di certo mutare l’assetto delle competenze in seno alle singole amministrazioni. E ha anche sottolineato che La assenza dell’Autorità competente in materia di rilascio della V.I.A. nella specie doveva essere riscontrata dalla Conferenza di Servizi che illegittimamente ed arbitrariamente ha del tutto pretermesso la circostanza che la V.I.A. originaria era stato oggetto di un diniego di proroga impugnato in sede giurisdizionale e non sospeso, arrogandosi di compiere valutazioni che non potevano prescindere dal concorso della partecipazione “necessaria” dell’organo amministrativo competente e specializzato, nonché dall’esito della fase giurisdizionale pendente.
La sentenza del TAR può essere appellata al Consiglio di Stato ma WWF, Confcommercio, Confesercenti e CNA si augurano che di fronte alle articolate e convincenti motivazioni espresse dai giudici amministrativi questo non avvenga e che la politica torni a svolgere il proprio ruolo in difesa del benessere della collettività e dell’ambiente, non a salvaguardia di singoli interessi privati.
L’11 dicembre 2017 si svolse una manifestazione di protesta davanti a Megalò per denunciare già allora un tentativo di avvio dei lavori. C’erano rappresentanti di tutti gli schieramenti politici, compreso Mauro Febbo, da pochi giorni assessore regionale alle attività produttive. Ebbene in quella sede venne rimarcata in maniera unanime sia l’avversità a costruzioni in zone a rischio che l’impegno a frenare l’invasione della grande distribuzione che in Abruzzo ha raggiunto livelli ineguagliati in Italia: 205,45 mq di centri commerciali ogni mille abitanti (dati 2015), più della Lombardia, seconda in classifica con 179,6 mq/1000 ab. È ora che gli impegni assunti in quella sede vengano concretizzati.
WWF, Confcommercio, Confesercenti e CNA ne hanno anche per Megalò 3, progetto rilanciato dal legale di parte nei giorni scorsi proprio a commento del pronunciamento del TAR. «Anche quel progetto – dicono le associazioni – è dannoso per l’ambiente e per l’economia del territorio, tant’è che non ha avuto le prescritte autorizzazioni. Non c’è da scegliere tra un progetto o l’altro ma vanno scongiurati entrambi senza se e senza ma».
WWF, Confcommercio, Confesercenti, CNA e l’avv. Febbo chiedono anche che siano gli organi tecnici e politici che non hanno, come sarebbe stato necessario, atteso per le loro determinazioni la decisione del TAR si facciano carico a livello personale del danno arrecato, che non può essere accollato alla collettività.
«Non poteva che finire così»: è questo il commento finale delle associazioni. «Le incongruenze accumulate in questi anni, evidenziate grazie al certosino lavoro svolto dal WWF e anche dalle associazioni di categoria, insieme alla scelta sbagliata di costruire a ridosso del fiume dovevano inevitabilmente portare in qualche modo a una bocciatura. Persino sull’argine ci sono stati problemi enormi: prima è stato realizzato in maniera difforme dal progetto (ed è assurdo che il centro commerciale esistente sia rimasto aperto per anni con una protezione idraulica che oggi sappiamo inadeguata); poi è stato integrato con un sistema a parancole realizzato senza la preventiva autorizzazione del Genio Civile, benché l’opera sia in zona sismica. A questo punto la politica intervenga correggendo gli errori del passato e chiudendo le porte per sempre a interventi che sono, lo ripetiamo, dannosi per l’ambiente e per l’economia del territorio».