Il 5 settembre scorso l’ISTAT ha pubblicato la nota mensile sull’andamento dell’economia italiana che analizza la situazione del nostro paese nel mese di agosto. I dati pubblicati in questa nota sono tutt’altro che incoraggianti. Infatti possiamo leggere testualmente che “l’economia italiana ha interrotto la fase di crescita” e che tra le componenti di questo arresto c’è “la caduta del settore industriale”. Quindi continua la crisi economica italiana e la ripresa più volte sbandierata dall’attuale governo tarda ad arrivare. Ma andiamo a vedere la situazione in Abruzzo. Ad esempio secondo il CRESA nel rapporto “CONGIUNTURA ECONOMICA ABRUZZESE – N.1/2016” si analizza il primo trimestre del 2016 in cui si evidenzia che “il sistema manifatturiero regionale (il settore maggiormente sviluppato nella nostra regione n.d.r.) non sembra risentire della battuta d’arresto registrata dal sistema manifatturiero nazionale sulla quale ha pesato fortemente l’andamento negativo del settore energia, praticamente assente in Abruzzo che sembra avviato definitivamente sulla strada della ripresa.”
Dunque non troviamo corrispondenza dei dati nazionali con quelli regionali leggermente più vecchi rispetto a quelli espressi dall’ISTAT, è per questo che abbiamo incontrato il professore Franco Tempesta, esperto di internazionalizzazione d’impresa, per avere un quadro più chiaro della situazione globale e nella Regione Abruzzo.
Professor Tempesta a suo modo di vedere qual è la situazione dell’economia italiana?
“Stando alla propaganda politica del premier Renzi, sembra che la ripresa sia arrivata o comunque bussi alle porte, pensi che obiettivo del Governo è quello di chiudere il 2016 con un +1,2% del PIL, ma osservando alcuni indicatori economici nei primi sei mesi dell’anno, ho l’impressione che non stiamo andando nella direzione giusta per due serie di motivi. Motivi internazionali e motivi interni al nostro sistema. Se l’economia mondiale ha i brividi, l’Italia ha una febbre da cavalli, mi passi l’esempio. Voglio dire che l’andamento negativo dell’economia mondiale si riverbera in modo ancora più grave sull’andamento economico del nostro Paese. Pensiamo per esempio al rallentamento dell’economia cinese, quali ripercussione potrà avere sulla nostra economia, pensiamo inoltre al rallentamento dei mercati emergenti che frena il commercio mondiale. Tra le cause da ricercare all’interno del nostro sistema va ricordata una debolissima crescita del PIL, il crollo del fatturato dell’industria del 3,6%, calo degli ordinativi del 3,3% (dati ISTAT) e la disoccupazione altissima, soprattutto quella giovanile. Quindi, obiettivamente non c’è da stare allegri.”
Il nostro premier paventa molto spesso ottimismo per una ripresa economica del nostro paese. Lei è d’accordo?
“Essere ottimisti fa ben sperare, ma quello di Renzi non è ottimismo è pura demagogia. Guardi io ho l’impressione che il Presidente del Consiglio viva in uno status di permanente campagna elettorale e pertanto sostiene delle cose che non stanno né in cielo né in terra. Dirò una cosa che probabilmente sarà impopolare e non so nemmeno se lei la riporterà sul suo giornale…”
Prego prego, dica pure
“…Guardi glielo dico in modo molto rispettoso, a volte ho l’impressione che Renzi non sappia esattamente di che cosa stia parlando. La mia impressione è che egli sia alla ricerca costante del consenso dei poteri forti. Banche e Multinazionali. Le faccio un esempio per tutti. Gli USA vogliono imporre all’UE la firma di un trattato capestro, conosciuto come TTIP Transatlantic Trade and Investment Partnership, che vedrebbe crollare gli standard qualitativi europei, che sono tra i più seri e severi al mondo, omogeinizzandoli alla produzione USA, dove non esistono quasi regole né normative severe e sicure come quelle comunitarie. Pertanto i nostri standard competitivi verrebbero meno, mangeremo solo prodotti alimentari con gli standard americani, quindi inesistenti, causando gravissimi danni alla salute del consumatore. La Francia e La Germania hanno detto no alla firma del Trattato. Sa cosa ha detto il sig. Renzi parlando del TTIP? Che l’Italia farebbe un autogol se non firma l’accordo!”
A proposito del TTIP Prof. Tempesta, se non ricordo male lei sta preparando proprio un seminario su questo trattato?
“Sì è un seminario dal titolo “Opportunità commerciali in Europa e le insidie del TTIP”, organizzato dal Centro Estero delle Camere di Commercio d’Abruzzo, che si terrà il 22 di settembre p.v. presso la Camera di Commercio di Pescara.” (Per chi volesse avere informazioni su come fare per partecipare basta cliccare qui n.d.r.)
Lei tra le altre cose è esperto in Internazionalizzazione d’impresa nonché formatore e consulente in questo campo per le aziende stesse. Sappiamo che molte aziende grazie alle esportazioni sono riuscite a mantenere in piedi l’attività. Cosa dovrebbero fare le istituzioni – a livello centrale, ma anche locale – a suo modo di vedere per favorire la ripresa economica e venire incontro alle aziende?
“Questa è una domanda complessa, a cui cercherò di risponderle in modo semplice focalizzando la prima parte della risposta sull’internazionalizzazione e la seconda sulla ripresa economica. Credo che le Istituzioni siano abbastanza impegnate nell’ambito dell’internazionalizzazione, parlo in primis dell’Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane (ICE), del sistema Camerale e le loro aziende speciali rivolte all’internazionalizzazione, dei Centri Esteri, di cui un esempio lo abbiamo appena riportato. Ma probabilmente non è sufficiente. Va detto però che molti imprenditori, in Abruzzo, non dedichino tempo e risorse sufficienti alle attività come la formazione e la consulenza, che invece andrebbero viste come elemento facilitatore del processo d’internazionalizzazione.”
Si può spiegare meglio per i nostri lettori?
“Certamente. Le faccio un esempio, diverse volte all’anno tengo dei Seminari specifici nell’ambito dell’internazionalizzazione, sia in ambito camerale che con enti datoriali e debbo dirle che gli organizzatori faticano a far venire gli imprenditori. Non è la regola ovviamente, ma una tendenza. E’ fondamentale che sia la consulenza che la formazione non debbano essere erogate a spot, cioè mirate ad un singolo intervento e basta. Il consulente, fornitore di questi servizi, non deve creare uno stato di dipendenza dell’azienda nei suoi confronti, ma obiettivo principale del suo intervento è quello di rendere autonomi i protagonisti dell’internazionalizzazione, ovvero l’imprenditore e i suoi collaboratori. Per quanto riguarda la ripresa economica, posso esprimere la mia opinione? Visto che fior fior di economisti deputati a fare delle scelte strategiche in proposito, brancolano nel buio, pertanto vorrei fare delle considerazioni.”
Prego faccia pure…
“L’Italia ha perso la capacità di presidiare e anticipare la domanda di nuove produzioni e servizi ad alto valore aggiunto e con il passare degli anni siamo diventati deboli. Non siamo più in grado di inventare, sembra si sia esaurita la nostra vena creativa. Le fornisco un dato. La produzione industriale dell’Italia cresce dal 1990 al 2008 del 5%, mentre quella tedesca aumenta del 30% e quella dell’area euro del 23%, con un gap del 18%. Nulla cambia con la crisi: nel 2009-2013, tutti i Paesi hanno contratto la propria produzione industriale, financo la Finlandia (-19,4%), ma in Italia si registrano valori peggiori alla media (-23%). Solo Grecia e Spagna hanno fatto peggio (-26%). La Germania è rimasta ferma (+0,1%), (Dati OCSE).
Un altro indicatore estremamente importante è la produzione di beni capitali. Essere presenti nel settore significa partecipare alla trasformazione del mercato, perché si domina la filiera della produzione. Tra il 1990 e il 2013 la Germania aumenta la produzione di beni capitali del 39,6%, mentre per l’area euro la stessa cresce del 23,6%. L’Italia depauperizza proprio la parte nobile della produzione industriale. Tra il 1990 e il 2013 perde quasi il 20% della produzione di beni capitali. Non è tutto. Durante la crisi recente (2009-2013) perde il 26,7%: più di un quarto della produzione ad alto valore aggiunto. In somma, ho l’impressione che abbiamo perso il treno e siamo affannosamente impegnati nel rincorrerlo.”
Tornando alla sua professione, perché un’azienda la contatta? Che cosa si attende da lei?
“Mi possono contattare per diversi motivi, o perché l’azienda vuole iniziare la propria internazionalizzazione, o perché vi sono alcune lacune all’interno del processo d’internazionalizzazione e decide di colmarli o infine perché ha l’azienda ha dei problemi. Il primo e il secondo approccio sono corretti, se si decide di iniziare il processo di internazionalizzazione si chiama il consulente, si stabiliscono gli obiettivi e le strategie e si dà inizio alla collaborazione, di cui una parte, sovente, è dedicata alla formazione. La patologia sorge nell’ultimo caso, ovvero quando un’azienda ti chiama e ti dice “il mio cliente non mi paga, che debbo fare?” Oppure “la merce è ferma in dogana in quel determinato paese, che devo fare?” oppure quando ti dicono “il mio agente in Turchia sta vendendo anche i beni del mio competitor, che devo fare?” Allora gli chiedi di dare uno sguardo al contratto e ti risponde che ha fatto tutto verbalmente….”
Dunque c’è un’impreparazione di fondo degli imprenditori quando avviano transazioni commerciali estere. Forse perché oltre a non avere le conoscenze manca proprio la figura che si occupa di questi aspetti. A tal proposito sappiamo che a breve partirà un corso di formazione tenuto da lei per formare nuovi Export Manager che è una figura molto ricercata.
“Sì è così. Il prossimo 7 ottobre inizierà un corso sull’Export Management che durerà 50 ore, con la formula weekend, ovvero venerdì e sabato, mezza giornata. Queste figure sono molto importanti per fare in modo che le aziende possano avere in seno una figura che possa aumentare il proprio portfolio dei clienti nei paesi esteri. (Per chi è interessato per avere informazioni basta cliccare qui n.d.r.)”
Vincenzo Chiarizia