Fertily day: donne indignate dalla Lorenzin

La campagna del fertily day, iniziativa del ministro della Salute Beatrice Lorenzin, fissata per il prossimo 22 settembre,  ha acceso, sicuramente, una marea di riflettori attirandosi l’indignazione comune. Molti i commenti roventi sul web a partire dalle donne che, vedendosi considerate come involucri per la procreazione, sentono il loro ruolo sociale ridotto ai minimi termini. A dare manforte al gentil sesso, in quella che da molti è stata definita una campagna sessista, i tweet indignati di personaggi del calibro di Roberto Saviano che scrive:” “Il #fertilityday è un insulto a tutti, a chi non riesce a procreare e a chi vorrebbe ma non ha lavoro”. Gli slogan che accompagnano la campagna,come “la fertilità è un bene comune”, poi, richiamano, secondo molti, una retorica fascista. Anche Matteo Renzi scende in campo e boccia l’iniziativa del ministro della Salute: “Non ne sapevo niente, non l’ho neanche vista. Se vuoi creare una società che scommetta sul futuro e torni a fare figli devi intervenire sulle cose strutturali. Le persone fanno figli se possono finalmente avere un lavoro a tempo indeterminato, investire su un mutuo, avere l’asilo nido sotto casa. Questa è la vera campagna. Non conosco nessuno dei miei amici che fa un figlio perché vede un cartellone pubblicitario”. Dal canto suo il ministro ribatte :” il Fertility Day è più di due cartoline, è prevenzione, è la salute degli italiani”.

Molti si domandano, allora, a questo punto, era proprio questo il modo di indirizzare gli italiani sulla questione della denatalità? Non si poteva cercare di guardare il problema da un’altra angolazione senza ledere la dignità di chi non riesce o non può avere figli per questione economiche o di impossibilità? Non era possibile, per il governo, responsabilizzare gli italiani senza ledere la dignità di nessuno?

 

 

Alex Amiconi

 

 

 

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