di Sara Paneccasio
Quando si assiste alla rappresentazione teatrale di un romanzo, di un poema o di una novella, ogni spettatore ha bisogno di punti di riferimento per seguire e con cui confrontarsi. Molto spesso questi si trovano nella propria memoria, nel libretto se si assiste all’Opera, o magari nei sottotitoli se si segue la performance attraverso uno schermo; difficilmente però si riesce a prestare la giusta attenzione allo spettacolo e al contempo leggere tutto il testo, quando questo è posizionato immediatamente dietro gli attori. Un caso raro penserete, ma è proprio ciò che ieri sera è successo ad Aielli: nel magnifico scenario ai piedi della ‘Torre delle stelle’, davanti all’ormai celebre murale di Andrea Parente, alias Alleg, che ha trascritto il capolavoro di Ignazio Silone su una parete di 80 mq, si è tenuto lo spettacolo teatrale ‘Fontamara’.
Una coproduzione Teatro Stabile d’Abruzzo– Teatro Lanciavicchio che in un’atmosfera suggestiva ha magistralmente portato in scena un “romanzo di popolo” – come lo ha definito il regista Antonio Silvagni. Dinnanzi ad un pubblico ben distanziato (nel pieno rispetto delle norme anti-COVID19) quattro straordinari attori hanno danno vita ad una narrazione schietta, sincera, amaramente ironica, così realistica da catturare ancor più l’anima dello spettatore messo di fronte, quasi spietatamente, a questa storia, alla sua storia.
Quattro corpi e decine di voci: ogni attore è un personaggio che al contempo presta la sua voce ad almeno altri due. Persino il quinto attore non è solo il figlio di Giuvà e Matalè ma supera le barriere del tempo e rappresenta ogni spettatore in qualità di figlio di Fontamara. Manca solo un personaggio cui però è riservata la sedia nel centro del palco: Berardo Viola. Una scelta particolare quella di non mostrare il protagonista così giustificata dal regista: “Ognuno ha il proprio Berardo nella testa e nel cuore. Quindi abbiamo deciso di presentarlo come se ognuno di loro 4 raccontasse il suo Berardo ma dando la possibilità agli spettatori di tenersi il proprio.. perché in fondo tutti noi siamo cresciuti insieme a Berardo Viola”.
Lo spettacolo è andato in scena per la prima volta nel Marzo 2019 ed è stato rappresentato diverse volte anche fuori regione, ma regista e attori – Angie Cabrera, Stefania Evandro, Alberto Santucci, Rita Scognamiglio e Giacomo Vallozza – concordano sull’emozione unica suscitata dalla possibilità di recitare davanti l’intero romanzo, avendo la consapevolezza di essere l’incarnazione di quelle parole che resteranno per anni su quel muro che è così diventato il sesto personaggio. Una sensazione più unica che rara quella provata dal pubblico che ha visto le parole scritte a mano su quella parete non più bloccate su di essa, ma fuori e libere di prendere voce e forma nel corpo degli attori.
Quasi come si fa con i sottotitoli o con il libretto, inevitabilmente, gli occhi di chi conosce bene quel muro divenuto parte della propria quotidianità cercavano un punto di riferimento, potevano ‘tenere il segno’ ricordando su quale colonna fossero scritti quei dialoghi. E, nel momento culminante dello spettacolo, tenere lo sguardo fisso in alto a destra sull’ultima colonna, senza poter vedere con gli occhi ma con il cuore le parole scritte nel centro della riga a caratteri cubitali: “VIVA BERARDO VIOLA”.