IL MISTERO DELLA TORRE DI SPERONE

Il borgo di Sperone è compreso, oggi, nel territorio comunale di Gioia dei Marsi in provincia dell’Aquila. Dista dal comune cui appartiene oggi, circa sette chilometri in una località che si chiama “la Forchetta”. Qui, secoli fa, sorgeva un antico presidio romano che vigilava sul Passo Sparnasio, posto poco distante. Il nome del borgo discende dall’unione di due castelli chiamati Sparnasio (dal dio Pan protettore dei pastori e delle greggi) e Asinio. Dopo la distruzione di entrambi i castelli, ne risorse uno solo (Sparnasio) che fu chiamato “Speron d’Asino”, poiché gli abitanti di Asinio vollero ad esso aggregarsi. Il nuovo castello aveva la conformazione di una fortezza ed era feudo di Simone di Capistrello (1193), al quale veniva fornito un soldato a cavallo in rapporto ai 24 fuochi allora presenti. Le chiese del piccolo centro montano erano due: la parrocchia dedicata a S. Maria e l’altra dedicata a S. Nicola, posta appena fuori dell’abitato.La torre del castello, ancora visibile, risale alla seconda metà del secolo XIII, quando i conti Berardi di Celano, signori della contea dei Marsi, rafforzarono il sistema difensivo della Marsica orientale costruendo baluardi militari lungo le vie di accesso alla contea. Posta a 1240 metri di altitudine, la sua antica torre ,guarda verso la conca del Fucino e Il panorama che si può ammirare è senza dubbio incantevole tanto che Sperone è stato definito “il balcone più bello della Marsica”. Il vecchio paese di sperone situato tutt’intorno alla torre, era composto da case in pietra, calce e architravi di legno. Fino a qualche decina di anni fa non vi era neanche l’energia elettrica e le sole fonti di luce artificiale erano le lucerne ad olio, le candele, le torce impregnate di grasso di montone ed infine i lumi a petrolio. Anche l’acqua non raggiungeva le abitazioni, ma veniva attinta alle fonti vicine. Tutto ruotava intorno alla coltivazione della terra (grano e vigneti) e all’allevamento. Durante i lunghi e rigidi inverni, gli uomini costruivano da soli attrezzi che sarebbero serviti per il lavoro della terra, come ad esempio gli aratri che, attaccati ai buoi, venivano utilizzati per l’aratura dei campi. Fonti primarie di sostentamento erano grano, granoturco, bietole, patate, utilizzate anche come alimenti per gli animali. Per fronteggiare il freddo rigido dell’inverno si raccoglieva la legna ( in “some”) che serviva si per il camino o per cuocere il pane nei forni, ma anche come merce di scambio con gli abitanti dei paesi vicini. Il terremoto del 13 gennaio 1915 distrusse gran parte del borgo, ed il nuovo agglomerato nacque un po’ più a valle, con l’aiuto dell’amministrazione comunale di Gioia dei Marsi, cui Sperone amministrativamente si era unito nel 1840.Il paese fu dotato di una sede scolastica formata da una pluriclasse elementare con un solo insegnante che raggiungeva il paese a piedi nella bella stagione, mentre restava a dormire a Sperone durante l’inverno. Tutto era duro e faticoso, per l’insegnante cosi come per il medico o l’ostetrica che raggiungevano Sperone solo in caso di necessità. Il parroco invece saliva ogni domenica per celebrare messa o in occasione di matrimoni, battesimi e quant’altro. Il 26 novembre 1950 i cittadini di Sperone, con alla testa un consigliere comunale, organizzarono una protesta per la mancata apertura di un tronco di strada che avrebbe collegato il paese alla strada statale.Finalmente la strada fu realizzata tra i mesi di giugno e luglio del 1951. Fu un avvenimento storico perché la strada portà con sé tanti cambiamenti. Fu installato, presso una privata abitazione, un apparecchio telefonico di cui tutti potevano usufruire. Seguirono quindi i lavori per l’allaccio dell’energia elettrica (1963) e con telefono ed elettricità arrivò anche la televisione, vera e propria scoperta che lascià sicuramente sbalorditi molti degli abitanti che stentavano a credere a quanto vedevano. Nel 1956 l’amministrazione postale aveva inoltre istituito un servizio di portalettere, servizio insieme agli altri che facilità non poco la vita a vecchi e ragazzi. Arrivarono più insegnanti ed i ragazzi ebbero un’istruzione differenziata per età, anche se restava ancora il problema dei più grandi che dovevano comunque frequentare le scuole medie raggiungendo a piedi Gioia dei Marsi, affrontando quindi innumerevoli disagi in special modo durante la brutta stagione. Ciò comportò il primo vero esodo da Torre di Sperone; nel 1964 il comune di Gioia dei Marsi iniziò il trasferimento della popolazione dall’abitato di Torre, giustificandolo anche col fatto che alcune abitazioni fossero in stato di decadimento e fatiscenza di strutture.Gli ultimi abitanti lasciarono Torre di Sperone nel 1971. Negli anni successivi anche il cimitero fu spostato, riesumando i defunti e trasportandoli al cimitero a valle. Da quel momento Torre di Sperone divenne un vero e proprio stazzo appenninico, ci si faceva visita quando si coltivava o si portava il gregge a pascolare, talvolta si rimaneva anche a dormire nelle vecchie case, ma col tempo si iniziava ad apprezzare il più pratico abitato nuovo. Il nuovo borgo non aveva una chiesa e gli abitanti di Torre si recavano al vecchio paese per le funzioni e per il festeggiamento del patrono, finché nel 1985, si decise di ristrutturare la vecchia chiesa di S. Nicola, poiché era oramai quasi distrutta. Al termine della ristrutturazione nacque un’usanza ancora in voga, ovvero il cammino, attraverso l’antico tratturo che conduce al vecchio paese, come pellegrinaggio al Santo Patrono. Poiché nel nuovo borgo mancava la chiesa e le reliquie dei Santi e gli arredi sacri non avevano un loro posto, nel 2001 fu costruita la nuova chiesa.

L’ANTICA LEGGENDA 

Come ogni paese fantasma che si rispetti,anche Sperone racchiude tra le sue mura un’antica leggenda. Si dice che il vecchio Duca, proprietario dello stesso borgo, custodisse un serpente bianco portato direttamente dall’oriente durante una crociata di cui si serviva per uccidere i giovani fidanzati delle spose di cui voleva approfittare; in questo modo faceva credere che i giovani fossero stati morsicati da vipere e si concedeva un lusso ben più lungo dello Ius primae noctis. Le vittime erano poi seppellite in un campo di margheritoni, sotto sua stessa volontà. Altra particolarità, ma non così inusuale per l’epoca purtroppo, fu il ritrovamento di una fossa comune colma di ossa e armi, luogo dove probabilmente venivano gettati i suoi nemici.

( a cura di Cicchetti Ivan)

 

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