di Domenico Logozzo *
PESCARA – Foto che raccontano. E ci riportano indietro nel lontano passato. Il fascino e la magia del bianco e nero. E’ così che da una immagine prendono vita tante sensazioni ed emozioni, che fanno riflettere, grazie alla bella penna della scrittrice Patrizia Tocci. Lo scrittore Giovanni D’Alessandro, a giusta ragione, definisce “una maga”, la “talentuosa romanziera, poetessa, giornalista, fotografa, docente e animatrice di eventi”. E lo fa nella presentazione del libro “Carboncini – Sguardi e parole”, edito da Tabula Fati. “Per averne conferma – spiega D’Alessandro -, basta scorrere i 99 Carboncini i quali, nella varietà dei temi trattati, presentano una caratteristica comune: sono percorsi dal sacro fuoco dell’ispirazione e dall’esigenza di riversare su pagina – all’istante, senza filtri – il pensiero, la riflessione, il ricordo, il momento di commozione. E’ questo che fa muovere la maga nel suo antro, dove è intenta, in modo insonne, a distillare inattese alchimie e a sperimentare formule di evocazione di realtà parallele”.
Dopo aver letto il libro non posso che condividere pienamente il pensiero di D’Alessandro sul valore e sul significato dei “Carboncini”, pubblicati per più anni e con cadenza settimanale, sul quotidiano abruzzese “il Centro”: una specie di diario a cuore aperto molto atteso dai lettori”. Anche io sono stato sempre un attento lettore. E con ansia aspettavo ogni domenica di leggere la rubrica settimanale dell’autrice di “Nero è il cuore del papavero”, il suo primo romanzo, con la presentazione di Paolo Rumiz, dedicato al padre, dove rivive “la cultura contadina, l’infanzia e la memoria”.
Una bella sorpresa Patrizia Tocci me l’ha fatta domenica 14 ottobre 2018, quando ha dedicato il “carboncino” ad una mia foto in bianco e nero fatta nel mio bel paese calabrese, Gioiosa Jonica, nei primi Anni Settanta. L’avevo pubblicata su facebook. Grande e graditissima sorpresa. Dalla sorpresa all’emozione e poi, confesso, tanta ma tanta commozione e occhi lucidi. La “maga” aveva fatto diventare quella foto un racconto storico, culturale e sociale.
Il “carboncino” iniziava con una opportuna riflessione, interrogandosi e interrogandoci “se i social ci abbiano cambiato la vita in bene o in peggio” lasciando la risposta ad una corretta valutazione futura: “lo sapremo solo tra qualche tempo: mescolano perle e spazzatura in una orgia infinita”. E poi diceva dell’origine del “carboncino” di quella domenica. “In un post c’era una bellissima foto del giornalista Domenico Logozzo. Era così bella che avevo pensato di scriverci una storia”. E si soffermava nel descriverla. “Un vecchio borgo di un paese qualsiasi, una piazzetta su cui si affacciavano porte e vicoli; in alto una torre antica e in basso tre figurine scure di età differenti: tre bimbe con trecce, gonnella e calzettoni bianchi; scattata a Gioiosa Jonica, paese natale di Domenico Logozzo: un fermo immagine di quella memoria condivisa che richiama echi nemmeno troppo lontani”.
La “magia” attribuita da D’Alessandro alla Tocci eccola venir fuori. “Avrei aggiunto a quella foto gli odori dei cibi cucinati, il fresco dell’ombra nei vicoli, la lama di luce del sole alto nel cielo, il canto di qualche voce da una finestra semiaperta, un geranio in fiore, o una pianta grassa su quei piccoli balconcini che avevano appena l’ardire di affacciarsi sulla strada, con la ferrata panciuta”.
E’ così l’idea di scrivere il “carboncino”, pubblicato anche sul libro con il titolo “BIANCO E NERO”, si concretizzava dopo non molto tempo. “Ritrovo, qualche giorno dopo, la stessa foto; sotto è un fiorire di commenti. Mi sembra quasi di sentire voci: di sorpresa, di meraviglia, di nostalgia. Scrivono dalla Calabria ma rispondono da Buenos Aires, dall’Australia, dal Canada. L’Italia degli emigrati e degli emigranti, sparsa per il mondo. Rispondono ore dopo, ma rispondono. Ricostruiscono insieme i nomi delle vie, le posizioni delle case, i dirimpettai, i negozi del vicolo. Ognuno porta un tassello nella topografia della memoria. E’ un fiorire di volti, nomi e cognomi sottratti all’oblio, “la casa dove sono nata”, “zia Bettina”, “il nome del sindaco”; si ricostruisce una classe del 1940, si snocciolano i nomi dei professori. L’ultimo commento: “Buongiorno, Tita, sono Mario, mi ricordo di te piccola, in braccio a tua madre”.
Sono fili nostalgici e tenaci, tesi da un oceano all’altro. Abbiamo tutti bisogno di essere riconosciuti”. Ho scritto a Patrizia Tocci: “Commosso, onorato, grato per il meraviglioso racconto che fai della mia foto. Cara Patrizia non so come ringraziarti. Non ho parole. Scritto divinamente. Hai una grande cultura ed una grande dote naturale: scrivi e fai vedere e fai parlare una foto di quasi mezzo secolo fa!”
Patrizia Tocci ha dato “magicamente” voce, sì anche voce, alla foto. Così come si “sentono” le voci dei messaggi degli emigranti sparsi nel mondo. Nostalgia e ricordi da conservare. E mi ritornano alla mente alcuni pensieri di Corrado Alvaro, grande narratore del Novecento, calabrese di San Luca, borgo aspromontano della provincia di Reggio.
Alvaro amava molto la Calabria. “Ho sentito dire a molti stranieri che è una delle regioni più belle d’Italia. Io non lo so perché l’amo. Ma so che si fugge e si rimpiange con la sua pena; si torna e si vuole fuggire: come con la casa paterna dove il pane non basta”, scriveva nel 1948 sulla Stampa. Cultura della memoria. Da non cancellare: “E’ una civiltà che scompare, sulla quale non v’è da piangere, ma di cui bisognerebbe trarre il maggior numero di documenti per memoria”. E infatti Alvaro ci teneva a non far scomparire completamente le tradizioni.
Cento anni fa, amaramente constatava: “L’Italia meridionale, e specialmente le regioni meno a contatto coi traffici, come la Calabria, sta vivendo i suoi ultimi anni di vita tradizionale e antica. Quando le generazioni nate nella prima metà del secolo scorso saranno scomparse, di molte tradizioni e modi di vita non rimarranno che labili tracce; alla prossima generazione saranno cancellate del tutto”. E purtroppo è andata come Alvaro aveva previsto. Le pochissime tradizioni che, a fatica e miracolosamente, ancora oggi sopravvivono bisogna cercare di non farle sparire per sempre. Senza memoria non c’è futuro.
Il libro “Carboncini” di Patrizia Tocci (Ed. Tabula Fati) è stato presentato all’Aurum di Pescara venerdì 31 gennaio alle 17:30. Con l’autrice c’erano lo scrittore Giovanni D’Alessandro e Dante Marianacci, poeta narratore e saggista.
*già Caporedattore TGR Rai
Foto:
1- La mia foto di Gioiosa Jonica dei primi Anni ’70, cui Patrizia Tocci ha dedicato il “Carboncino” su il Centro
2- Presentazione libro Carboncini a Pescara. Patrizia Tocci con Giovanni D’Alessando e Dante Marianacci
3-Aurum Pescara, presentazione del volume
4- Domenico Logozzo con la scrittrice Patrizia Tocci
5- Rubrica domenicale di Patrizia Tocci “Carboncino”, il Centro del 14 ottobre 2018.
6- Giovanni D’Alessandro, Patrizia Tocci e Dante Marianacci
7- Patrizia Tocci
9- Corrado Alvaro