E’ un ambulatorio gestito dal ginecologo che opera in modo integrato con la radiologia interventistica e che si avvale della metodica degli ultrasuoni focali: i tessuti malati vengono ‘bruciati’, senza asportazione chirurgica, salvaguardando quelli sani circostanti.
I medici: “Con questo sistema mini invasivo, si potrà trattare, verosimilmente, il 70% dei casi”.
L’AQUILA – L’Aquila pianta la ‘bandierina’ dell’eccellenza, in Italia e in Europa, per il trattamento non invasivo dei fibromi dell’utero. Dal 29 settembre scorso, infatti, all’ospedale San Salvatore è stato attivato, prima iniziativa del genere nella nostra Penisola, un ambulatorio multidisciplinare per debellare i fibromi dell’utero (tumori benigni) senza ricorrere (nei casi in cui è possibile) all’asportazione chirurgica della parte malata. Un mix organizzato di alte professionalità, destinato a far decollare una tecnica non invasiva, già utilizzata all’Aquila negli anni scorsi e rivelatasi prestazione d’eccellenza nazionale, ma al di fuori di un contesto strutturato e di una squadra di specialisti multidisciplinare. La tecnica è quella degli ultrasuoni focalizzati che distruggono la parte dell’utero aggredita dal fibroma ‘bruciandolo’ con temperature altissime, senza intervento chirurgico e senza danneggiare i tessuti circostanti. Una chance di enorme importanza che all’Aquila consentirà alle donne, grazie a trattamenti di altissima tecnologia, di debellare il fibroma senza ricorrere al bisturi e di poter tornare a procreare: possibilità preclusa in caso di intervento chirurgico.
La portata innovativa dell’ambulatorio (che opera in day surgery), entrato in funzione il 29 settembre scorso all’interno del reparto di ostetricia e ginecologia, è dovuta proprio alla sinergia tra la metodica non invasiva degli ultrasuoni focalizzati – di cui l’Aquila dispone, in tutta Italia, insieme al Niguarda di Milano e all’Umberto I di Roma – e la professionalità degli specialisti, affinata e portata a picchi molto alti da anni di formazione ed esperienza. Nell’ambulatorio appena costituito all’interno del reparto di ostetricia e ginecologia, diretto dal prof. Gaspare Carta, confluiscono le attività della radiologia interventistica, diretta dal prof. Carlo Masciocchi, della ginecologia, che fa capo al prof.
Giulio Mascaretti nella gestione del nuovo ambulatorio, e l’attività dell’anestesista che è presente per fronteggiare casi di necessità senza però praticare la sedazione che non è prevista per eseguire il trattamento. L’organizzata coalizione delle tre specialità nel nuovo ambulatorio arriva dopo 5 anni di impegnativa attività, condotta nel segno del continuo e progressivo affiatamento tecnologico e professionale. I primissimi esordi all’Aquila degli ultrasuoni focalizzati risalgono al 2011 e da allora la tecnica, sia pure al di fuori della cornice multidisciplinare introdotta ora col nuovo ambulatorio, è stata già praticata su oltre 300 donne affette da fibroma oltreché su casi di tumori all’osso. Dopo l’ultimo quinquennio – servito a ideare percorsi ad hoc, affinare la logistica, varare nuove strategie e integrare le diverse specialità – viene avviata un’iniziativa che in Italia è una novità assoluta, costituita dal nuovo ambulatorio multidisciplinare.
Quest’ultimo diventerà quindi il terminale di richieste di trattamento che sono già arrivate da Portogallo, Belgio, Regno Unito, Ungheria ed Etiopia, in virtù di un’esperienza che ha mosso i primi passi negli anni scorsi. “Si tratta”, dichiara il manager della Asl, Rinaldo Tordera, “di un’attività di alto profilo scientifico e di grande innovazione che contribuirà ad attrarre ancora di più utenza da altre realtà, italiane e non, arricchendo l’ampia gamma di servizi già presenti”. Prevista, già nel breve periodo, un’impennata dell’attività. “Oggi”, dichiara il prof. Mascaretti, “trattiamo circa 80 fibromi l’anno ma è chiaro che, con questa nuova organizzazione multidisciplinare, le richieste aumenteranno e potrebbero superare quota 300 nell’arco dei 12 mesi. All’Aquila, con l’attivazione di questo centro dedicato al trattamento non invasivo del fibroma dell’utero, stimiamo di trattare, senza bisturi, il 70% dei casi, salvaguardando la funzionalità dell’apparato riproduttivo della donna e permettendole di poter ancora procreare”