CONSIDERAZIONI E PROPOSTE PER UN MONDO A MISURA D’UOMO
di Mario Setta
In questi giorni drammatici l’umanità si trova davanti ad uno specchio che ne riflette l’immagine. Un’immagine vera, senza trucchi. Al naturale. Un’immagine che ci svela il senso della vita, riassunto nel concetto di precarietà. Non abbiamo nulla, ma siamo in tutto e per tutto precari. Tutto, infatti, ci viene dato: la vita e la morte, il bene e il male, la pace e la guerra, la gioia e il dolore, il sole e la pioggia, la terra ferma e la terra che trema. Siamo uomini e donne in cammino verso una meta che non conosciamo e non conosceremo mai.
Uomini e donne, naturalmente uguali, senza altri aggettivi. Semplicemente
uomini e donne, che vivono quotidianamente la vita di tutti. Ricchi e poveri,
intellettuali e ignoranti, europei ed extraeuropei. Anche dal punto di vista
religioso: cristiani, ebrei, musulmani, buddhisti, taoisti, ateisti, tutti
uguali nell’unico segno dell’umanità. Persone che si rispettano e si amano per
vivere la stessa sorte.
Una sorte che non abbiamo chiesto. Nessuno ha chiesto di venire in questo
mondo. Giunti in un mondo che non conoscevamo. Costretti. Come tutti.
Prigionieri tra prigionieri. Proprio questa situazione iniziale comune dovrebbe
creare tra gli uomini una famiglia di fratelli e sorelle. Purtroppo la storia,
fino ad oggi, ci ha mostrato e continua a mostrarci che gli uomini si odiano,
si combattono, si annientano.
La situazione mondiale del coronavirus è certamente una sventura, ma se l’esito
producesse la consapevolezza e realizzazione d’un nuovo mondo, diventerebbe un
miracolo. Miracolo meravigliosamente umano, perché è l’uomo e solo l’uomo che
fa miracoli. La metafora del cerchio, in cui principio e fine, vita e morte, si
identificano, rappresenta perfettamente l’unità dei contrari, esposta da Eraclito. Non si tratta di aspetti
contrastanti, ma interdipendenti, perché l’uno implica l’altro: la vita corre
verso la morte. “La stessa cosa sono il vivente e il morto” afferma Eraclito.
Nella cultura occidentale, la morte è considerata come il male per antonomasia.
Il male dei mali. E per esorcizzarla si è ricorsi all’idea di immortalità.
Un’idea pre-cristiana, che il Cristianesimo
ha fatto propria, nel momento in cui ha accettato la dicotomia anima/corpo. Ma
l’uomo è tale solo nell’unione di anima e corpo. Al momento della separazione
non è più uomo. Come l’acqua non è più tale quando vengono separati i due
elementi di ossigeno e idrogeno. Una trasformazione sostanziale. Senza il
corpo, non ha senso parlare di gioie e dolori. Quindi non ha senso parlare di inferno
o di paradiso.
«La morte conforme a natura, – ha scritto Feuerbach
– la morte che è il risultato del compiuto sviluppo della vita non è un male.
L’immortalità è un bisogno dell’immaginazione umana, non della natura umana». E
nella sua opera più significativa, “L’essenza
del Cristianesimo”, accusa il cristiano di essere un egoista, perché adegua
il suo comportamento morale in funzione del castigo nell’inferno o della
felicità in paradiso.
Il paradiso conquistato sulla terra col denaro non è che nullità, mentre la
felicità del benessere per tutti gli uomini sarebbe il ritorno all’Eden. A quel
paradiso, sognato da millenni.
La ricchezza individuale è segno di inettitudine e inferiorità mentale. Ecco
perché Erodoto racconta che Solone, dopo aver dato la Costituzione
agli ateniesi, intraprese un lungo viaggio per il mondo, arrivando a Sardi,
dove comandava il ricchissimo Creso. Di fronte alla domanda di Creso se avesse
mai incontrato l’uomo più felice di tutti, Solone risponde con un’altra
domanda: “Che cos’è la felicità per gli uomini?” E risponde che nessun uomo può
essere considerato felice prima della morte e che la felicità consiste nel
“filosofare”, cioè nel rispondere ai perché della vita.
In
un periodo così particolare per l’umanità, con una pandemia che tende a colpire
ogni individuo in ogni parte del mondo, si pone l’interrogativo “chi e
cosa siamo”? Non raggiungeremo la verità, perché non lo sapremo nemmeno
con la morte. Ma sulle ceneri degli uomini che hanno dato la vita per il bene
dell’umanità, da sempre ed anche in questi giorni curando malati, nascerà un
mondo nuovo e uomini nuovi. Forse sono ancora valide le parole di uno scrittore
tedesco: “L’umanità è il lato immortale dell’uomo mortaleʺ.