Da un paio di mesi ho lasciato Tim per aderire ad un’offerta Wind in apparenza molto conveniente. In realtà ero già loro cliente e il gestore mi ha proposto un rientro. Il servizio è ottimo, la cifra ragionevole ed il preavviso per ricaricare ogni 4 settimane sempre efficiente e puntuale. Con l’app sul cellulare, inoltre, oggi è ancora più semplice. Controllo, carico, verifico. Tutto perfetto… o quasi.
Il 13 dicembre effettuo la ricarica mensile. Ricevo la notifica dell’attivazione dell’abbonamento. Mi restano anche alcuni euro in attivo che però verranno prosciugati da qualche servizio non richiesto e la cui conferma mi arriva proprio la sera di fine anno.
Esco di casa, salgo in auto. Devo attraversare la città. Mi aspetta una cena tra amici. Approfitto del tragitto per fare un paio di telefonate importanti. Provo a telefonare ma il cellulare all’improvviso diventa un oggetto inanimato, senza vita, isolato dal resto del mondo. Non posso chiamare, non posso collegarmi ad internet, non posso inviare sms. Per quanto affascinante possa apparire la capitale illuminata a festa, provo un sottile senso di ansia.
Compongo il 155. Per fortuna l’assistenza clienti si può ancora chiamare. L’attesa è lunga, lunghissima, ed è giustificata dalla mancanza di personale la sera di fine anno. Io però sono paziente ed ho bisogno del telefono. Devo assolutamente fare due chiamate che hanno a che fare con il mio futuro e sono disposta ad attendere tutto il tempo che serve. Dopo quasi 40 minuti di attesa, riesco a mettermi in contatto con gli operatori. Dall’altra parte una voce femminile. E’ gentile. Risponde dall’Italia, mi dirà il sistema, e per un attimo tiro un respiro di sollievo: come avrei potuto litigare con uno straniero?
Qualche minuto dopo la voce gentile mi svela l’arcano: non posso usufruire del mio abbonamento già pagato in anticipo perché il mio credito è pari a zero. Il credito? Che c’entra il credito? Io ho pagato un abbonamento! Impreco, sbuffo, minaccio. Ripeto che avevo sul conto almeno 3 euro in più, e che non li ho di certo terminati. Avrò un’età, ma la memoria è ancora in uso.
L’operatrice, con fare molto diplomatico, sottolinea che con credito pari a zero non è possibile accedere ai servizi e che anche gli altri gestori lo fanno, non soltanto la sua azienda. Sembra calma ma io me la immagino con gli occhi in aria alla Verdone e la testa che annuisce stanca mentre pensa “eccone un’altra”. E’ stata talmente istruita a sopportare i clienti più scorbutici che riesce persino a darmi la buonasera dopo 3 minuti e 57 secondi di latrati. Se non fossi stata tanto indisponente, avrei chiamato una responsabile Wind per farle dare un premio. Capita sempre più raramente in Italia di trovare operatori telefonici gentili… o forse capita sempre più raramente a me. Non sono una cliente facilmente gestibile, io.
Chiudo la chiamata avvilita mentre realizzo che non posso neppure ricaricare il telefono online, perché non ho la connessione. Passa quasi un’ora, arrivo sul posto. Chiedo alla padrona di casa di usare il suo telefono. Nel frattempo inizia l’aperitivo.
Alla fine scelgo di fare una sola telefonata: quella a casa dei miei. Gli auguri ai miei non li posso proprio saltare. Per le altre telefonate sarei fuori luogo e fuori tempo ormai. Dovrei aggiornare alcune pagine importanti di cui mi occupo, fare gli auguri, ma è troppo tardi. Impreco contro Wind, sperando di recuperare le mie famose telefonate di lavoro in altro modo e rimandando l’impegno da social manager al primo dell’anno. Vedo sul display il wi-fi della casa che mi ospita. Potrei collegarmi e mettere del credito sulla scheda ma sta iniziando la cena e vorrei evitare di passare per la maleducata di turno.
Provo rabbia e impotenza. Siamo finiti nel vortice di un assurdo sistema che cerca di succhiarci anche il midollo. Mi siedo a tavola pensando a tutte quelle volte che ho dovuto disdire servizi non richiesti, giochini demenziali a pagamenti, oroscopi cinesi, indiani, sciamani e news di calcio a me che di calcio conosco solo il minerale! Badare a non rispondere a numeri strani che prosciugano credito e a convincere i miei a fare lo stesso. Subire ogni giorno la pressione dei callcenter che ti propinano di tutto ad ogni ora e nei momenti meno opportuni, e rispondere sempre con educazione perchè è gente che lavora. E tutte le volte che mi sono ritrovata a trafficare con il cellulare di mio padre o dell’anziano vicino di casa, per eliminare abbonamenti attivati senza consenso, che azzeravano sistematicamente il credito. Vogliamo parlare anche dell’inganno dei 28 giorni di abbonamento, ovvero le 4 settimane che diventano alla fine 13 mesi di pagamenti all’anno e non più 12? No, non ne parliamo, perché mi sale la pressione e il lisinopril comincia a non bastarmi più.
Faccio due conti veloci: un paio di euro spillati a ciascun utente per migliaia di utenti, e alla fine della giornata si allungano gli zeri e si incrementano i guadagni dei manager sulla pelle della povera gente! All’improvviso sento che mi chiamano e torno immediatamente nel mondo reale. Mi rendo conto che i problemi gravi sono decisamente altri e forse non dovrei neppure arrabbiarmi per un disservizio telefonico. Social come sono, mi mancherà forse comunicare, avrò nostalgia dei miei contatti facebookkiani, Instagram, LinkedIn, Twitter, ma ho davanti agli occhi una tavola imbandita con ogni bene ed è sufficiente a farmi tornare il sorriso e a dimenticare il mondo delle telecomunicazioni. In più sta arrivando il 2018, voglio farmi trovare serena da questo signore. Non si sa mai… dovesse scambiarmi per una musona!
Al ritorno a casa, il mio pensiero va inevitabilmente al mio gestore telefonico. Sapevano bene che a Capodanno avremmo fatto largo uso del telefono e che gli androidiani più incalliti come me, sarebbero stati costretti a ricaricare credito per usare un abbonamento già pagato.
Invece no cara Wind, stavolta hai perso. Ho trascorso una bella serata senza distrazioni da messaggi, post, commenti, tag, foto, inviti, menzioni. Non solo non ricarico la tua Sim, ma al primo giorno lavorativo cambio gestore ed invio questa denuncia al giornale per cui lavoro, all’Authority competente e alle Associazioni dei consumatori. Non è soltanto una truffa ai danni dell’utente, è interruzione di pubblico servizio, reato perseguibile penalmente.
Qualcuno deve pur cominciare a dire basta!
Lo faccio io, assumendomene ogni responsabilità con la speranza che chi ha dovere di vigilare agisca immediatamente nell’interesse unico dei consumatori e non più dei poteri amici dei poteri.
Alina Di Mattia
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