Un terzo degli italiani resta senza Internet

Difficoltà infrastrutturali, diffidenza per la tutela dei dati, costi economici ma, soprattutto, disinteresse verso lo strumento: sono queste le motivazioni principali che stanno alla base di un fenomeno che in Italia continua a essere piuttosto significativo, quello dei “tecnoesclusi”.

Un’Italia offline. Come rivelato da un recente rapporto dell’Istat, infatti, da Nord a Sud del Paese (con una maggioranza concentrata nelle zone meridionali) ci sarebbe un terzo del totale della popolazione “attiva” che sceglie di non collegarsi a Internet da casa. Nessun tipo di abbonamento, nessun accesso, e di conseguenza nessuna connessione per leggere news online, fare acquisti, guardare film in streaming e così via.

Meno Internet rispetto all’Europa. Inoltre, è ancora molto lento (e inferiore rispetto alle performance degli altri Paesi europei) il tasso di penetrazione di Internet nel nostro Paese: in tutto il 2017, si è connesso effettivamente al Web “solo” il 65 per cento delle persone dai 6 anni in su, ma su base quotidiana chi è sempre stato online ogni giorno è appena il 47,6 per cento della popolazione, ovvero meno della metà dei nostri connazionali.

Poca banda larga. Come si diceva, poi, il paragone con quanto avviene nel resto d’Europa non lascia spazio a interpretazioni, anche per quanto riguarda altri tipi di statistiche: ad esempio, il tasso medio di penetrazione della banda larga tra le famiglie residenti nei Paesi del Vecchio Continente è pari all’85 per cento, ma in Italia si arriva appena al 79 per cento, con un gap di ben 6 punti percentuali.

Un quadro che però migliora. Eppure, la situazione nel nostro Paese sta cambiando, seppur a piccoli passi: basta guardare il tasso delle famiglie che hanno deciso di sottoscrivere abbonamenti per ottenere accessi a Internet da casa, che soltanto nell’ultimo anno è salito di due punti percentuali, passando dal 69 al 71 per cento del totale dei nuclei dello Stivale. Inoltre, l’Istat rivela che anche la banda larga è in diffusione, passando al 69,5 per cento delle scelte degli utenti, anche perché è la tipologia verso cui si stanno orientando gli operatori di tlc, come nel caso di Eolo e delle sue offerte Internet ultraveloce tramite tecnologia wireless.

Le scelte delle persone. Anche grazie a questi investimenti si sta riducendo il digital divide, che resta un problema avvertito “soltanto” dal 3 per cento delle famiglie che non hanno accesso a Internet. Per la rimanente parte dei tecnoesclusi, invece, sono altri i fattori discriminanti, come la disponibilità economica e motivazioni di carattere più “personale”, per così dire. L’ostacolo maggiore per chi non naviga è rappresentato dalle scarse competenze informatiche e digitali a disposizione (55 per cento delle risposte), ma esiste anche un 25 per cento di persone che definisce la Rete uno “strumento inutile e scarsamente interessante“, per quanto paradossale possa apparire.

 

Le motivazioni del no a Internet. L’analisi dell’istituto nazionale di ricerca, poi, mette in luce anche un legame che appare significativo tra divario digitale e fattori generazionali e culturali: le famiglie più connesse, infatti, sono quelle in cui è presente almeno un minorenne o comunque una persona giovane (che in qualche modo fa da “tramite” con le nuove tecnologie), mentre nei nuclei composti da soli ultra-sessantacinquenni l’accesso a Internet è più che residuale (presente solo in un caso su cinque). Allo stesso modo, la connessione a banda larga è in possesso del 93 per cento circa delle famiglie con almeno un componente laureato.

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