Una generazione che ha l’obbligo di pensare e costruire la città del futuro

Le elezioni amministrative rappresentano uno dei pochi “reali” momenti di rispondenza ai principi democratici che restano al cittadino, oltre che un palcoscenico utile a stimolare riflessioni ampie sulle possibili azioni di miglioramento della città.

L’elevato numero di giovani candidati in questa tornata elettorale, quelli della generazione che da Avezzano spesso è costretta ad andare via – circa duemila giovani tra i 24 e i 35 partiti negli ultimi tre anni – rappresenta un fattore positivo che evidenzia una controtendenza rispetto al trend nazionale di scarso interesse nei confronti della politica e delle Istituzioni di democrazia rappresentativa.

Il problema è che anche ad Avezzano il “giovanilismo tout court” è stato purtroppo in qualche occasione utilizzato per creare dei meri cartelli elettorali, che certamente hanno giovato alla pratica elettorale, ma che sono stati poco utili all’azione programmatica, all’elaborazione del pensiero e all’approfondimento nel merito delle questioni.

Organizzare un luogo per soli giovani è un artificio che produce ancor più marginalizzazione degli stessi rispetto ai luoghi reali di discussione e esercizio della politica, creando una ricettacolo estemporaneo che genera ancor più isolamento.

Il ricambio generazionale è fondamentale, ma alla base di nuove generazioni di politici e di una classe dirigente non gerontocratica devono esserci preparazione formale e capacità strutturali. Come è ovvio la giovane età non è di per sé una qualità, né una caratteristica che può esercitare una qualche influenza positiva sull’operato politico. Essa è rilevante da un punto di vista culturale se si fonda sul rispetto del patto generazionale e sull’appoggio di “anziani” o più esperti pronti a contribuire efficacemente alla formazione di una nuova classe dirigente. Giovani ripiegati su se stessi in maniera narcisistica non servono, specie oggi che inesperienza e giovanilismo sono quasi diventate una filosofia politica.

Avezzano vive una situazione drammatica e alle nuove generazioni è deputato più che ad altre lo sforzo di organizzazione la città del futuro, occorre assumersi delle responsabilità decisionali per adattare la città alle reali esigenze di chi dovrà viverla nel futuro, adottando una pratica amministrativa che sia realmente sostenibile e orientata alle attuali circostanze.

Occorre insomma trovare il tempo, se non le capacità, di elaborare, programmare e immaginare un’Avezzano diversa, senza elemosinare con un estremo affanno quel poco che il sistema  permette di cambiare, cose superficiali che non faranno la differenza per la città e che non permetteranno di uscire dalle sabbie mobili di una morente palude economica, culturale e sociale.

 

La città del futuro è la città con reti ciclabili, mezzi pubblici e auto elettriche, ecoquartieri, edifici che tornano a nuova vita grazie a progetti di rigenerazione urbana e riqualificazione energetica per un centro urbano sempre più smart, partecipativo e inclusivo.

È la città che esce dalla logica dell’emergenza e degli asfalti dell’ultima ora, la città che garantisce un diverso modo di pianificare gli spazi nelle aree urbane, gli investimenti nella riqualificazione e nell’innovazione nell’edilizia, i sistemi di mobilità innovativi e investimenti sul verde urbano.

Una città che crea un coordinamento forte e permanente tra i diversi livelli di governo del territorio, comuni limitrofi e i diversi soggetti interessati, per riuscire ad essere realmente efficace nell’azione e nel ruolo di città territorio.

Una città che guardi a Roma come fonte di reddito, che sappia leggere le opportunità europee e sappia utilizzare gli strumenti di finanziamento dei programmi operativi regionali, che siano possibilità di sviluppo dell’intero territorio.

Una città che sia capace di attrarre turismi vari, naturalistici, sportivi, archeologici, culturali, enogastronomici ed agroturistici, che riesca a pensare e a pianificare eventi che abbiano una continuità negli anni rispetto a quelli occasionali proposti ogni anno, che non lasciano nulla al territorio.

Abbiamo il compito di raccogliere questa sfida, lo scenario che ci aspetta è sempre più incerto e precario e dobbiamo essere pronti a gestire il futuro con determinazione, preparazione e autorevolezza.

 

 

Pierluigi Di Stefano

 

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