di Maria Rosaria La Morgia e Mario Setta.
Ha raccontato la sua passione per la scrittura, Aida Stoppa. Una delle più grandi e interessanti scrittrici. Abruzzese, teramana, è andata molto al di là delle storie locali. Ha descritto fatti e personaggi di livello mondiale. Come nel libro Sette universi di passione. Leggendo la vita di Ipazia o dell’imperatrice Teodora, di Teresa d’Avila o di Emily Dikinson, di Apollonie nel rapporto con Baudelaire, o della divina danzatrice Isadora fino a Frida Kalho la pittrice messicana amata e disamata dal grande artista Diego Rivera, si ha l’impressione che queste donne ti entrino nel cuore e lo sconvolgano. Provi le stesse gioie e le stesse tensioni, le stesse speranze e le stesse delusioni, come se non fossero passate.
Aida Stoppa scrive queste biografie di donne per riportare alla luce saperi e passioni in nome della verità e della sua affermazione. Nella prefazione a Sette universi di passione, Franca Rame scrive: «M’ha coinvolto la chiave di scrittura. Sono biografie, ma l’autrice interpreta il personaggio in prima persona, entra nella sua vita. Lo scalda, lo fa splendere con chiarezza colta, in quanto conoscenza, né facile né semplicistica. […] Il “personaggio” è lì, davanti ai tuoi occhi. Ti entra nel cuore, nella testa. Lo vedi, lo senti. Tutto asciutto e pieno. Come ha fatto Aida ad entrarci dentro con tanta leggerezza, meticolosità, delicatezza, umiltà, forza e fragilità?»
In Delitto nel cuore l’autrice ricorre al romanzo diaristico-epistolare per narrare la storia di Théobald Praslin e Fanny Sebastiani, uccisa a Parigi il 18 agosto 1847. Un delitto in cui gelosia e disamore sembrano avere il sopravvento, alla luce del personaggio Henriette Deluzy, l’istitutrice, che assume il ruolo di “madre” dei nove figli e che alla fine, nel carteggio tra Victor Hugo e l’amico Cousin, sembra aleggiare il mistero dell’incesto madre/figlio, punito con l’uccisione della moglie da parte del marito e la morte per avvelenamento di quest’ultimo. Fatti e personaggi realmente esistiti, che segnarono la storia del tempo e che Aida Stoppa riesce a presentare con ricchezza di particolari e garbo stilistico.
Ma è nel caso italiano del delitto Murri, analizzato e approfondito nel romanzo Memorie dell’amore e del disamore che, impersonando la figura-protagonista di Linda Murri, Aida Stoppa descrive obiettivamente e spassionatamente tutte le vicende del caso. Un caso clamoroso che coinvolse personalità come Ada Negri e Anna Kuliscioff, Turati e Lombroso, Salvemini e Carducci. Uno scontro ideologico-politico tra laici e cattolici. Anche qui l’uccisione del coniuge, il marito di Linda Murri, il conte Francesco Bonmartini. Un delitto avvenuto a Bologna in via Mazzini e scoperto il 2 settembre 1902. Responsabile dell’uccisione è Tullio Murri, fratello di Linda, che agisce in difesa della sorella che vede maltrattata, tradita e braccata dal marito. Ma sarà il padre, il famoso medico Augusto Murri, laico, razionalista, che l’11 settembre dichiara al giudice che l’autore dell’omicidio è suo figlio Tullio. Un processo che si protrarrà per alcuni anni e che sancirà trenta anni di carcere a Tullio Murri e dieci anni alla sorella Linda.
La trilogia della Stoppa si conclude con un quarto libro, tanto da comporre una tetralogia. Si tratta della biografia di una grande donna italo-francese, Cristina da Pizzano (1365-1429) dal titolo Io, Cristina, stimolato dal film con la regia di Stefania Sandrelli, Christine Cristina. Una storia vera, rimasta per secoli sconosciuta, anche se la protagonista, ricorre alla penna, alla scrittura per diffondere le sue idee. Il padre, nato a Pizzano in provincia di Bologna, viene chiamato in Francia dal re Carlo V di Valois, in qualità di medico e astrologo di corte. Cristina sposa Étienne Castel, ma rimane vedova all’età di 25 anni, con tre figli e senza più il padre, morto nel 1387.
«Trasformai in professione quell’istruzione che mio padre mi aveva lasciata come intangibile e incorruttibile dote, tesoro impossibile da perdere, perché fatto di beni immateriali, quali virtù e sapienza». Con queste idee comincia a scrivere ballate, poesie e altre opere come Lettera del Dio d’Amore. Ma è la polemica contro Jean de Meun, l’autore della seconda parte del Roman de la rose (1401), che la rende famosa. Una parte, la seconda del Roman de la rose che, a differenza della prima scritta da Guillaume de Lorris, presenta la donna come oggetto dell’amore sensuale, affermando che nell’amore è meglio ingannare che essere ingannati e contro cui Cristina ingaggia con i suoi scritti una offensiva che scatena la Querelle des femmes. Siamo alle prime battaglie della rivoluzione femminista. Una rivoluzione non violenta ancora incompleta.
Aida Stoppa ha il coraggio di una novantenne che non ha mai ceduto ai richiami d’una fama banale e passeggera. Ha tenuto sempre in alto il concetto e il programma d’una vita “nobile”, irreprensibile, elevata culturalmente. Mai una cultura schiava dei potenti. Sempre a servizio dell’onestà e della verità. Una donna che proviene dalla borghesia intellettuale e che si impegna nella realizzazione dei valori fondamentali dell’umanità. Studia e si laurea in Lettere a Firenze. Si abilita in storia dell’Arte e in Lettere. Insegna prima a Firenze e poi a Teramo.
Oggi, a 90 anni che compirà il 14 luglio, confessa: “Ho avuto il tempo di scrivere, quando sono uscita dalla scuola, perché la scuola mi prendeva moltissimo. Ciò che mi porta irresistibilmente verso la scrittura è la passione per la parola, fuoco d’oro della vita, che dà la possibilità di comunicare agli altri sentimenti e pensieri, di raggiungere una autentica condivisione. Correggo molto quando scrivo per bisogno di perfezione, difficile da raggiungere, consapevole che se si usa una parola o un’espressione, ce ne può essere un’altra migliore. Vorrei che l’anima, dal fondo più profondo, venisse alla luce e, soprattutto, ciò che ho in comune con i miei simili. Vorrei donare qualcosa di significativo specie alle donne, che onoro e rispetto, che hanno talvolta il bisogno di conoscere il passato per orientarsi nel presente. Non ho fatto il concorso da preside, perché non mi piaceva comandare, anche se ho preparato altri a farlo. Mi sarebbe piaciuto di più fare la giornalista, piuttosto che l’insegnante”.
Aida Stoppa non ha la fama che le spetterebbe né i suoi romanzi sono da best-seller, ma la sua scrittura è scorrevole, affascinante, intensa. Non si corre il rischio dell’adulazione o dell’inattendibilità affermando che sia tra le più grandi scrittrici abruzzesi viventi.