​OPERAZIONE ANTIMAFIA 36 GLI INDAGATI E 19 LE PERSONE ARRESTATE, SEQUESTRATI BENI PER SVARIATI MILIONI DI EURO

Si chiama “DESIGN”, l’operazione antimafia diretta e coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di L’Aquila e condotta dai Carabinieri del Nucleo Investigativo Provinciale di Chieti, culminata alle prime luci dell’alba di oggi, 21 febbraio, con l’esecuzione di ben 28 ordinanze applicative di misure cautelari di cui 10 in carcere, 9 agli arresti domiciliari e 9 non detentive / interdittive, emesse nei giorni scorsi dal G.I.P. presso il Tribunale di L’Aquila, Dott. Giuseppe Romano GARGARELLA che, concordando con le risultanze investigative, ha accolto la richiesta avanzata dal P.M., Dr.sa Antonietta PICARDI. Le indagini certosine eseguite nell’arco temporale 2014-2016 dai Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Chieti, hanno consentito di portare alla luce, per la prima volta sin dalla fase investigativa, una consorteria criminale costituita, organizzata e consolidata sul territorio abruzzese, con le connotazioni tipiche della criminalità organizzata calabrese riconducibile alla “‘ndrangheta”, i cui promotori e sodali principali provengono dall’area Calabrese e sono strettamente collegati, per parentela diretta o indiretta e per fitte reti di scambio criminale, con le più note famiglie ‘ndranghetiste della cd. “Locale di Africo”. Tra i reati contestati a vario titolo agli indagati, ci sono i delitti di associazione per delinquere di stampo mafioso, con l’aggravante di essere associazione armata, associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, detenzione e spaccio delle medesime, tentato omicidio, detenzione illegale di armi da fuoco, estorsione, usura, incendio di esercizio pubblico e di autovettura e intestazione fittizia di beni, con l’aggravante di essersi avvalsi dei metodi mafiosi
Le investigazioni, condotte per oltre due anni nel più stretto riserbo, hanno consentito di evidenziare come la “cellula” ‘ndranghetista abruzzese, con a capo CUPPARI Simone, 36enne di origini calabresi e da tempo residente sulla costa chietina, avesse consolidato un efficiente e proficuo canale di approvvigionamento di ingenti quantità di stupefacenti (prevalentemente cocaina) da un analogo gruppo di affiliati alla ‘ndrangheta, stanziati in Lombardia, a loro volta riconducibili, per vincoli di sangue o parentela acquisita, alle famigerate famiglie della “Locale di Platì”, dai quali approvvigionavano carichi di cocaina con cadenza periodica.

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