La nascita di Gesù, ormai storicamente acquisita, anche se non ne conosciamo con esattezza l’anno e il giorno del mese, era già celebrata agli inizi del IV secolo in Oriente e in Occidente. Sotto l’influsso di Roma prevalse ovunque la data del 25 dicembre, stabilita in opposizione alla festa pagana del culto del sole che coincideva con il solstizio d’inverno, il 25 dicembre. Per i cristiani quel giorno rappresentava la nascita del vero sole, Cristo, che appare al mondo dopo la lunga notte del peccato. In Oriente, il mistero dell’Incarnazione si commemorava il 6 gennaio col nome di Epifania. Ma da un discorso di S. Giovanni Crisostomo apprendiamo che anche ad Antiochia si festeggiava il Natale il 25 dicembre e l’Epifania il 6 gennaio. All’affermarsi di queste due solennità contribuirono anche le grandi eresie cristologiche del IV e V secolo, in particolare quelle di Ario, di Nestorio e di Eutiche che negavano la divinità consustanziale della persona del Verbo o confondevano la duplicità delle due nature, l’umana e la divina: eresie condannate dai grandi Concili ecumenici di Nicea (325), Costantinopoli (381), Efeso (431) e Calcedonia (451). Nei testi liturgici delle due feste si nota con quanta insistenza si ritorna sulla verità che il Verbo fatto carne è consustanziale al Padre ed ha assunto una vera umanità che rimane integra e distinta, senza mescolanze e assorbimenti. Per motivi devozionali e pastorali, a Roma nacque fin dai primi secoli la consuetudine delle tre messe di Natale. Celebrare questo evento cristianamente significa condividere le scelte di Gesù, scelte di povertà, di servizio e di dono totale della propria vita. Soprattutto i laici sono chiamati a vivere il mistero dell’Incarnazione contribuendo alla santificazione del mondo mediante l’esercizio del proprio ufficio e guidati dallo spirito delle beatitudini. Le iniziative natalizie (presepio, albero di Natale, carità verso i poveri, ecc.) da parte della comunità credente devono essere ispirate da una forte carica evangelizzatrice ed essere occasione per far sentire la luce del messaggio del Vangelo sull’uomo, sulla famiglia e sulla società.
( Cicchetti Ivan )