Ieri è stato il primo giorno in cui tutti noi dottori commercialisti siamo stati chiamati in concreto ad interpretare e spiegare al mondo produttivo le disposizioni contenute nel D.L. “Cura Italia”.
In realtà avevamo già delle anticipazioni su quelli che sarebbero stati gli interventi messi in campo dal Governo con lo scopo di salvaguardare le attività economiche che, senza ombra di dubbio, costituiscono la linfa vitale del Paese.
Abbiamo vissuto il tempo di attesa dell’uscita del Decreto, con l’intima speranza che qualcosa in fondo sarebbe cambiato, compreso, migliorato, approfondito, tanto ci sembravano urgenti, legittime e tangibili le richieste e le grida di aiuto di professionisti e aziende.
La delusione è stata grande ed il destarsi dall’illusione è stato di un sapore amaro e la preoccupazione si è fatta forte: da subito è stata chiara la percezione che questa volta era diverso, non c’era da discutere o fare la solita polemica … c’era in gioco la tenuta dell’intero sistema.
Ho ascoltato e mi sono confrontato con tantissimi colleghi in questi giorni, dai più giovani ai più navigati e, ad accomunarci, è stata la stessa percezione di frustrazione e di sconfitta.
A parte l’enorme discriminazione perpetrata nei confronti dei professionisti (come se per noi il problema economico legato all’emergenza sanitaria non riguardasse), oggi, rispetto alle aziende che ci chiedono di indicare loro una via d’uscita, ci sentiamo come il personale medico che, nelle enormi difficoltà della desolata zona rossa, privo di strumenti e mezzi ed allo stremo delle forze, è consapevole che, nonostante gli sforzi profusi e la completa dedizione, verranno lasciate sul campo tantissime vittime innocenti.
Non mi soffermerò ad elencare le criticità del decreto: sarebbe un lista troppo lunga ed inquietante.
Mi limito solo a lanciare un accorato appello, un grido di dolore e di ribellione, con la speranza che insieme a me lo facciano in tanti e, soprattutto, che si sollevi un coro di voci autorevoli: intervenite subito, l’Italia che produce è ferma, è il tempo di salvaguardare le aziende ed i loro lavoratori, di tenerle in vita, perché sopravvivano a questo scenario angosciante e trovino la forza e il coraggio di rialzarsi e ripartire, tutte insieme.
E’ necessario “sospendere tutto” fino a quando non sarà finita l’emergenza sanitaria, bisogna dare tempo e credito alle imprese e professionisti per ripartire, senza “se” e senza “ma”!
In caso contrario la stragrande maggioranza delle nostre aziende morirà e lo Stato veramente non avrà più nulla su cui contare, imponibili e ricchezza da tassare e gli stessi stipendi pubblici e pensioni saranno a rischio.
Le risorse e le soluzioni vanno trovate nell’immediato! Ancora nulla è perduto, tutto è ancora possibile, ma il tempo scorre veloce, inesorabile … e sta scavando ferite sempre più profonde. Molte realtà, piccole e grandi, con questo scenario stanno già ragionando e sono proiettate verso una strategia d’uscita dal mercato.
I dottori commercialisti ci sono e vogliono dare, ora come mai, il loro contributo di conoscenze e professionalità ma tutto il resto non dipende da noi: aiutateci ad aiutare le nostre aziende, subito, prima che sia troppo tardi.