Il tema della donazione di cosa altrui ha creato un acceso dibattito di dottrina e soprattutto di giurisprudenza e pone numero problemi dal punto di vista dello studio legale del concetto di donazione, problemi che di recente la Corte di Cassazione ha affrontato al fine di dare una risposta univoca rispetto alla disciplina e agli effetti della fattispecie. Innanzitutto, per comprendere la portata della questione, vediamo cosa si intende per donazione di cosa altrui. Da sempre, l’istituto della donazione presenta degli aspetti poco chiari e giuridicamente controversi, soprattutto nel caso della cosiddetta “donazione di cosa di altri”. I problemi che sono sorti in relazione al fatto di colui che dona ad altri un bene che, al momento della stipulazione del contratto, non fosse presente nel suo patrimonio perché di altri. Come sappiamo la donazione va conclusa stipulando il contratto per atto pubblico, quindi di fronte al notaio, ed alla presenza di testimoni, come previsto dalla legge. La donazione è inoltre quel contratto nel quale, per spirito di liberalità, una parte arricchisce l’altra disponendo a favore della seconda parte un diritto, ovvero assumendo un’obbligazione nei suoi confronti. Due erano le grandi questioni problematiche che promanavano da questo fenomeno: in primis, se il negozio così stipulato fosse da considerare nullo ovvero valido ma inefficace; in secondo luogo, se si prospettava la soluzione dell’inefficacia, se tale contratto fosse comunque rilevante ai fini dell’usucapione abbreviata, ex articolo 1159 del Codice Civile. Si tratta, come è evidente, di questioni non di poco conto, soprattutto nella concretezza dei rapporto giuridici. L’articolo 771 del Codice Civile prevede la nullità della fattispecie della “donazione di beni futuri”. Chiarito questo, vediamo come il legislatore delinea il concetto di bene altrui. Cosa altrui non è la cosa futura, secondo un’interpretazione della Corte di Cassazione (5 febbraio 2001, numero 1569). Secondo tale sentenza, il concetto di “cosa futura” deve essere interpretato in maniera restrittiva e quindi non può comprendere anche i beni altrui. Adesso affrontiamo l’importante sentenza della corte di Cassazione, la sentenza 15 marzo 2016 numero 5068. Tale sentenza riguarda la vicenda di tre fratelli in stato di comproprietà immobiliare. La vicenda si riferiva alla donazione di una quota di un bene ereditario non diviso, e no facente parte, al momento della stipulazione del contratto di donazione, del patrimonio del donante. Il Tribunale aveva sancito la nullità della donazione. Era stato quindi presentato ricorso in Cassazione, ed alla Suprema Corte i ricorrenti avevano chiesto se l’articolo 771 del Codice Civile potesse essere interpretato ponendo che il concetto di beni futuri fosse equiparato a quello di beni altrui, facendo così la nullità del negozio stesso ex art 771 del Codice. La questione è stata affrontata dalla Cassazione a Sezioni Unite, le quali hanno analizzato i vari orientamenti della giurisprudenza che si erano intervallati nel corso del tempo.
Una prima tesi presa in considerazione dalla Cassazione è stata quella, sancita con sentenza del Supremo Collegio (numero 3315 del 1979) che sosteneva che la promessa di attribuzione dei beni propri a titolo gratuito configurasse un contratto preliminare di donazione, nullo, perché contrastante con la causa del contratto di donazione, che è lo l’arricchimento del donatario per spirito di liberalità. Un’altra importante sentenza della Corte di Cassazione è stata la numero 6544 del 1985, con la quale la Corte sosteneva che la donazione di beni altrui non configura alcun obbligo per il donante, dato che l’interpretazione dell’articolo 771 del Codice porrebbe che è invalida la donazione di beni altrui tanto quanto quella di beni futuri. Non solo: la donazione di bene altrui, essendo negozio invalido secondo tale sentenza, non fonderebbe neppure titolo idoneo all’applicazione dell’articolo 1159 del Codice, sull’usucapione abbreviata. Anche con la Sentenza numero 11311 del 1996 la Corte di Cassazione aveva configurato la nullità di un atto di donazione compiuto da un pubblico funzionario: fra i tanti motivi di nullità eccepiti, vi era anche quello per cui il bene non rientrava nel patrimonio della pubblica amministrazione donante.
Tuttavia nella sentenza 1569 del 2001, in contrasto con una sentenza precedente, la Corte di Cassazione aveva stabilito che la donazione di beni altrui non è paragonabile a quella di beni futuri. La Corte di Cassazione ha infine sancito che la donazione di beni altrui non è nulla in
quanto compresa nella fattispecie di beni futuri per la cui donazione l’articolo 711 del Codice predispone espressamente la nullità, ma bensì è nulla per mancanza di causa del contratto di donazione.
L’appartenenza del bene che si dona al patrimonio del donante è elemento essenziale, secondo la Corte, del contratto: la sua mancanza implica carezza di causa e quindi nullità del negozio giuridico.