I Nurzia sono una famiglia di imprenditori dell’Aquila nel ramo dolciario. L’attività ebbe inizio con Gennaro, originario di Arischia, che nei primi anni Trenta del XIX secolo aprì una bottega nella quale distillava liquori e vendeva vino.
Suo figlio Francesco Saverio al mestiere di tinaro affiancò la produzione e vendita al minuto di prodotti dolciari e nel 1835 inaugurò nel cuore della città, in piazza Duomo (attuale ubicazione della pasticceria Fratelli Nurzia), l’Antica pasticceria e fabbrica di liquori Fratelli Nurzia, alla quale, a fine secolo, si aggiunsero un piccolo laboratorio sito in Porta Napoli e un secondo negozio in Corso Vittorio.
Francesco Saverio, sposato con Emilia Perrotti, ebbe cinque figli: Ulisse, Sirio, Teofilo, Lucrezia (detta Lisetta) e Silvia. Nel 1900 la ditta Saverio Nurzia & Figli era una delle migliori pasticcerie dell’Aquila. Fu merito di Ulisse (n. l’11 febbraio 1871) estendere progressivamente l’attività, inizialmente incentrata sulla produzione di prodotti dolciari e vinicoli destinati alla vendita al minuto, alla commercializzazione di prodotti alimentari di qualità pregiata, anche d’importazione. I Nurzia trattavano diverse varietà di cacao svizzero e champagne francese, servendosi delle ferrovie per la movimentazione dei prodotti; le prelibatezze erano contenute in eleganti scatole, fatte realizzare appositamente da artigiani milanesi.
L’estro di Ulisse, che coniugava la passione per la lavorazione del cioccolato ed esperienze maturate nel nord Italia e in soggiorni parigini, si manifestò, prima che nella bontà dei prodotti, nella loro presentazione, tangibile nella cura speciale per le confezioni, una cura ancor più rimarchevole se misurata alla luce della realtà economica di un centro montano di una regione periferica italiana. Esemplificativa l’immagine scelta per rappresentare la ditta: una donna prosperosa ed elegantemente vestita, in stile parigino, impegnata a costruire una torre con le confezioni di torrone. Anche i cataloghi e i dépliants con le specialità della ditta – frutto del lavoro commissionato a tipografi casertani specializzati nella produzione e stampa della carta pregiata nelle officine di S. Leucio – erano molto accattivanti per Foggia, eleganza e stile.
Con Ulisse i Nurzia si imposero come i migliori pasticceri della provincia. Nel catalogo del 1901 spiccava la produzione del «torrone vainiglia al cioccolato» venduto al prezzo di 5 lire al kg, affiancato al più comune torrone «uso Veneto in stecche, taglio a piacere del committente» da 3 lire al kg e a quello «uso Cremona sopraffino in astucci da g. 50 a 250» al prezzo di 3,5 lire al kg. Nel 1910 Ulisse depositò il marchio Torrone Nurzia, sempre più apprezzato e richiesto sul mercato, capace di veicolare la fama della famiglia ben oltre i confini regionali. Vincitore di premi, diplomi e medaglie d’oro alle principali esposizioni nazionali, il Torrone Nurzia ricevette le lodi persino di papa Pio X.
Si trattava di una piccola ‘rivoluzione’ nel settore: la specialità natalizia fino ad allora era rappresentata dal classico torrone bianco alle mandorle tipo Cremona, pregevole per l’ottimo sapore e la friabilità ma inadeguato per la durezza. La realizzazione del torrone tenero al cioccolato, frutto di una ricetta segreta messa a punto dallo stesso Ulisse, era basata su due caratteristiche: variante al cioccolato e tenerezza del prodotto non gommoso. In più si manteneva morbido anche in estate, donde il tentativo di Ulisse di affrancarlo da un consumo limitato solo al periodo natalizio, facendo apporre in primo piano sulle variopinte scatole di latta la scritta dorata «si vende in ogni stagione».
Il successo del prodotto spinse diverse società e imprenditori dell’epoca a chiedere ai Nurzia la cessione del marchio e della ricetta. Forte del risultato raggiunto, Ulisse tentò di impiantare l’attività anche a Milano, solleticato dalle prospettive di un mercato molto più ampio. Si trasferì quindi nel capoluogo lombardo dove iniziò la produzione del torrone, apponendo sulle confezioni «F.lli Nurzia. Cioccolato Nurzia tenero alla nocciola» oltre al nome dell’Aquila anche quello di Milano. I risultati però apparvero subito molto deludenti: la specialità non aveva né il sapore, né la consistenza di quella originaria e anche il confezionamento risultava spesso impossibile. Per raggiungere la qualità del torrone aquilano occorrevano un clima meno umido di quello milanese e l’acqua delle montagne abruzzesi. Ulisse tornò quindi all’Aquila, dove continuò la sua produzione di dolci nel locale in Piazza Duomo, restaurato nella foggia dei caffè parigini, con affreschi di Carlo Patrignani, allievo del pittore Teofilo Patini, suo grande amico.
Alla vendita di prodotti dolciari, aggiunse un servizio di rifornimento per «rinfreschi, matrimoni, battesimi, balli, serate, luncheons e déjeuners». Il catalogo fatto stampare a Milano, di aspetto meno vistoso di quello impiegato in precedenza, illustrava vari tipi di banchetti, sotto il nome di «servizi d’argento dorato» e «servizi d’argento» il cui prezzo a persona andava dalle 15 alle 4 lire, comprensivi di champagne, vini spagnoli, portoghesi, del Reno e italiani e di raffinate porcellane francesi, per un minimo di 40 persone.
L’Antica pasticceria Nurzia non subì danni materiali né durante il primo conflitto mondiale, né durante il terribile terremoto del gennaio 1915 che provocò in Abruzzo 30.000 vittime. Ulisse poté continuare la produzione di dolci e torrone tenero al cioccolato, che furono venduti in un presidio mobile in legno collocato in Piazza Duomo fino a quando, cessato l’allarme, non fu possibile rientrare nel negozio.
Nel 1922 il torrone dei F.lli Nurzia veniva pubblicizzato sulla rivista Noi e il Mondo, franco di porto, al prezzo di lire 6,60 al kg, mentre una confezione da 2 kg costava 11,10 lire. Ulisse applicava anche uno sconto per gli «abbonati» facendo pagare lire 4,80 e 8,25 le confezioni da 1 e 2 kg.
Durante il regime fascista i Nurzia riuscirono a fronteggiare i limiti imposti dall’autarchia all’importazione e impiego del cacao e della cioccolata, non subendo gravi perdite.
Negli anni Quaranta Ulisse si ritirò dagli affari, lasciando la sua attività nelle mani dei figli Tito, Ada e Ines, nati dal matrimonio con Vincenza Donatelli. Più precisamente, preoccupato per le esuberanze giovanili di Tito, applicò una sorta di fedecommesso, lasciando in eredità ai nipoti nascituri (Ulisse e Giovanni) il negozio in Piazza Duomo, il laboratorio e la casa di famiglia, una villa in stile liberty ubicata in centro città. Alle figlie Ada e Ines donò invece i suoi brevetti e la possibilità di utilizzare il marchio Nurzia per le produzioni dolciarie. Fu allora che presero avvio due diverse produzioni di torrone: quella dei Fratelli Nurzia e quella delle Sorelle Nurzia.
A dispetto dei timori paterni, Tito (n. all’Aquila il 10 gennaio 1900), sposato con Angela Gallo di origini piemontesi, continuò la produzione dolciaria, stampando sulle confezioni di torrone il logo «Antica ditta F.lli Nurzia di Tito Nurzia». Nel 1949 acquistò dalla ditta E. Melzi & C. di Milano, specializzata in macchine per l’industria dolciaria, un mescolatore per torrone del costo di 776.630 lire.
Nel frattempo Ada e Ines avevano iniziato la loro produzione sotto la ragione «Sorelle Nurzia di Ada e Ines Nurzia». Giocoforza si instaurò un’aspra concorrenza. La rivalità si fece sempre più accesa nel momento in cui Tito iniziò a esporre in città cartelli volti a denigrare il prodotto delle sorelle e a esaltare il proprio. Sulle confezioni di torrone col marchio F.lli Nurzia impresse inoltre la dicitura «L’inconfondibile».
Alla morte di Ulisse, il 19 novembre 1956, le sorelle Nurzia citarono la ditta di Tito in tribunale per porre fine a quella che reputavano una concorrenza denigratoria e sleale. Dopo circa due anni di contenzioso si addivenne a un accordo che riconosceva a entrambe le ditte il diritto di produrre il torrone, utilizzando ciascuna una propria confezione.
Tito si affrettò a comunicare ai suoi clienti di aver rinnovato l’involucro della sua specialità e che presto avrebbero ricevuto la visita del rappresentante di zona. Inoltre, col fine di attirare clientela, fece stampare sui suoi manifesti pubblicitari l’immagine di una ballerina in stile Moulin Rouge vestita con abito rosso corto e scollato, con una sigaretta tra le labbra rosse, un’immagine quasi trasgressiva per la morale comune dell’epoca. Per il resto le confezioni e gli involucri dei torroni rimasero del tutto simili.
All’inizio degli anni Sessanta Ines decise di cedere la sua quota della ditta Sorelle Nurzia alla famiglia Farroni, di origine marchigiana, a capo di una rete di distribuzione alimentare che serviva una serie di supermercati e negozi sparsi in centro Italia. Fu quindi posta in essere una società in nome collettivo tra le mogli dei tre fratelli Farroni – Romana Calisti, Concetta Giuliani, Marina Nocelli – ed Ada Nurzia; società che dopo la morte di Ada (3 luglio 1979), si trasformò nella società in accomandita semplice, tuttora esistente, «Ines Nurzia già Sorelle Nurzia» con l’ingresso, in qualità di soci accomandanti, degli eredi di Ada, Giorgio, Laura e Rosanna.
L’ingresso dei Farroni nella produzione dolciaria dei Nurzia determinò la fine della tregua tra le due ditte e l’inizio della ‘guerra dei torroni’. Il pretesto fu offerto dalle rimostranze avanzate da un acquirente romano, che in gita a L’Aquila aveva acquistato, tratto in inganno dalla somiglianza del marchio e degli involucri (con l’immagine di un pastore che difende il gregge dall’assalto delle aquile creata da Teofilo Patini, impiegata dalle Sorelle con sfondo giallo e da Tito con colori diversi), una confezione di torrone Fratelli Nurzia mentre intendeva comprare quello Sorelle Nurzia. Da ciò originò la citazione della ditta Sorelle Nurzia contro Tito, in seguito alla quale il tribunale ordinò ai Fratelli Nurzia la distruzione di tutti gli astucci e involucri illegittimamente utilizzati.
Negli anni Settanta il torrone F.lli Nurzia fu premiato per la qualità in alcune esposizioni nazionali e internazionali, mentre nel 1974 le Sorelle ricevettero in Campidoglio il premio europeo Mercurio d’oro quale riconoscimento per l’eccellenza e l’internazionalizzazione dei prodotti. Avevano iniziato infatti una produzione dolciaria, soprattutto nel campo di prodotti da forno, adeguata ogni periodo dell’anno. L’accesso alle grandi reti di distribuzione, come quelle del gruppo Rinascente, e la vendita ai consorzi permisero ai prodotti delle Sorelle Nurzia di trovare via via diffusione in tutto il territorio nazionale, anche se i principali mercati di sbocco rimasero quelli di Abruzzo, Marche, Lazio ed Umbria.
Attualmente la ditta esporta in Germania, Gran Bretagna, Francia, Stati Uniti e Canada.
Tito Nurzia morì il 20 gennaio 1985 a L’Aquila, lasciando la sua eredità a Ulisse (l’altro figlio Giovanni era morto prematuramente a 33 anni). Ulisse e la moglie Giuliana Dipietrantonio cedettero il negozio in piazza Duomo ai figli Natalia e Francesco Saverio i quali, più attenti agli aspetti manageriali e con progetti espansivi, mirano alla produzione su larga scala. La diversificazione dei prodotti ha contrassegnato il profilo dell’azienda: al tradizionale torrone sono stati aggiunti uova pasquali, gelati al torrone, cioccolato al torrone spalmabile e cioccolatini. Alcuni di questi dolciumi sono disponibili in Italia, nei negozi specializzati in prodotti alimentari di nicchia, e in alcuni supermercati dell’Abruzzo e del Lazio ove sono esposti, spesso, a fianco dei prodotti delle Sorelle Nurzia.
Il torrone tenero al cioccolato Nurzia, prodotto da entrambe le ditte, è tuttora fatto a mano, essendovi alcune fasi del processo di produzione (quali la spalmatura) che non è possibile meccanizzare. Il terremoto del 6 aprile 2009 ha risparmiato fisicamente l’antico stabile e il bar pasticceria dei F.lli Nurzia è stato il primo locale di tutto il centro storico dell’Aquila a riaprire l’8 dicembre 2009.
( a cura di Cicchetti Ivan)