L’anno scorso, nella seconda metà di ottobre, ero in Canada per partecipare al Forum “Selected Topics in Mediterranean Studies” presso l’Università di Ottawa, organizzato dal prof. Franco Ricci, docente di Lingua e Letteratura italiana nella Facoltà delle Arti di quell’ateneo. Ero stato invitato all’evento come “Special Guest”. Magnifiche le relazioni tenute in quel convegno sulle culture del Mediterraneo, in continuità con il colloquio interculturale che due anni prima si era svolto a Sulmona tra accademici e studiosi di varie nazionalità.
Ebbe un grande successo il Forum di Ottawa, aperto da una magnifica prolusione della prof. Graziella Parati (Dartmouth College, Usa), seguita da altre interessanti relazioni, tra le quali quella del prof. Martino Lovato, docente al Mount Holyoke College. Con il prof. Lovato, che insegna Letterature comparate e le loro influenze nel cinema italiano, francese ed arabo – con speciale attenzione interdisciplinare al Mediterraneo, alla storiografia nei romanzi storici e al medievalismo -, strinsi subito amicizia e siamo rimasti in corrispondenza.
L’università dove il prof. Lovato insegna, Mount Holyoke College, si trova a South Hadley, una cittadina del Massachusetts. Talvolta le perle si trovano proprio in piccole città, in questo caso in una contea interna del New England, come questa università con poco più di 2000 studenti, ma con una grande storia. Fu fondata, infatti, nel 1837 da Mary Lyon. Mount Holyoke College è stato il primo college esclusivamente femminile nella storia degli Stati Uniti, la prima delle “sette sorelle” che costituirono l’alternativa femminile alla Ivy League (o le Ancient Eight), che accomuna le otto più prestigiose ed elitarie università private degli Stati Uniti d’America
Tra le allieve più famose del Mount Holyoke College si ricordano la poetessa Emily Dickinson (1830-1886) e la dottoressa Virginia Agpar (1909-1974), da cui prende il nome un sistema di valutazione delle condizioni fisiche dei neonati – lo Agpar Score – in uso ancor oggi. Questo piccolo ateneo dalla grande storia produce attività di notevole rilievo culturale, con una vasta eco negli Stati Uniti e nel mondo.
Tra le preziosità nelle iniziative del College, infatti, va primariamente annoverata la prestigiosa “Giamatti Lecture”, istituita per commemorare Valentine Giamatti (1911-1982), il grande e famoso dantista che ha insegnato a Mount Holyoke College per oltre trent’anni. Inaugurata da Italo Calvino nel 1984, la Giamatti Lecture, in anni recenti, è stata tenuta da personalità del calibro di Dacia Maraini, Lucia Annunziata, Carmine Abate, Amara Lakhous e Jhumpa Lahiri.
Quest’anno, il 25 ottobre scorso, l’onore di tenere la Giamatti Lecture è andato a Laura Benedetti, professoressa di Letteratura italiana alla Georgetown University di Washington. Nel suo intervento, dal titolo “Cultural Responses to Natural Disasters: The Case of L’Aquila” (Risposte culturali ai disastri naturali: il caso L’Aquila), la prof. Benedetti – che è aquilana – ha ripercorso le tappe più importanti del dopo-terremoto del 2009, soffermandosi in particolare sulle modalità della ricostruzione, sulle iniziative intraprese da Georgetown University in collaborazione con l’Università dell’Aquila e sulle sfide che la città si trova ancora ad affrontare.
Brevi interventi sono stati poi svolti dallo storico dell’arte Nicola Camerlenghi (Darmouth College), che ha esaminato altre possibilità di reazione ad eventi sismici, come ad esempio la trasformazione di Gibellina nel Grande Cretto di Alberto Burri; dalla psicologa Amber Douglas (Mount Holyoke College), che ha illustrato le fasi di elaborazione di un trauma personale e collettivo; e dal geofisico Jack Loveless (Smith College), che ha ripercorso la sequenza del terremoto aquilano in relazione ad altri eventi sismici che hanno interessato l’Italia. Intensa e competente – mi viene riferito – la partecipazione del folto pubblico.
L’iniziativa è stata organizzata da Ombretta Frau, professoressa di italiano a Mount Holyoke College, specialista del Novecento – si richiama, in particolare, la sua edizione d’un quaderno di appunti di Pirandello, Il taccuino di Harvard, pubblicato in collaborazione con Cristina Gragnani -, che ha rivestito per anni il ruolo di direttrice del dipartimento di italiano e lingue classiche, nonché di direttrice del dipartimento di teatro. Il programma di italiano di Mount Holyoke comprende anche due altri valenti studiosi e insegnanti, i professori Morena Svaldi e appunto Martino Lovato.
Infine, tra gli eventi che hanno coinvolto Laura Benedetti, va sicuramente citata la partecipazione, il 15 ottobre scorso, alla presentazione del documentario Ferrante Fever, di Giacomo Durzi, proiettato presso l’Ambasciata d’Italia a Washington DC nell’ambito della 18^ Settimana della Lingua italiana nel mondo, sotto l’alto Patronato del Presidente della Repubblica. Alla proiezione è seguita una tavola rotonda, moderata da Laura Benedetti, con il regista Giacomo Durzi e Ann Goldstein, la traduttrice americana dei romanzi della Ferrante.
Girato tra l’Italia e gli Stati Uniti, Ferrante Fever nasce dalla stessa passione che divora i lettori di Elena Ferrante. Ma il film di Durzi non è alla ricerca dell’identità della “scrittrice senza volto”, i cui romanzi hanno venduto oltre cinque milioni di copie in tutto il mondo, non sta cercando di scoprire la verità dietro lo pseudonimo. Cerca invece di scoprire il segreto del suo successo, la natura della febbre che ha conquistato il mondo. Nel documentario testimoni eccezionali – Hillary Clinton, Roberto Saviano, Lisa Lucas – forniscono risposte, così come le stesse parole della scrittrice, i luoghi e i protagonisti dei suoi romanzi.