Anfrosina Berardi, fanciulla dell’Arcidiocesi di L’Aquila, venne colpita all’età di undici anni da un attacco di appendicite, degenerata successivamente in un’occlusione intestinale. Costretta a letto, cercò di sopportare i dolori che aveva, certa che il Signore aveva sofferto ben più di lei. Devotissima alla Vergine Maria, affermava di vederla spesso e di aver ricevuto da lei doni particolari, come il preannuncio del giorno della sua morte, sopraggiunta il 13 marzo 1933. Nel 1962 venne introdotta la sua causa di beatificazione. Attualmente riposa nella chiesa parrocchiale di San Marco Evangelista a San Marco di Preturo, in provincia de L’Aquila.Poco più di 12 anni di vita, tutti in salita, contrassegnati da una sensibilità straordinaria, esperienze mistiche e doni particolari e culminati in quasi due anni di sofferenze atroci. Che tuttavia non sia vissuta invano lo dimostra il fatto che, a più di 80 anni di distanza, si continua a parlare di lei e il suo processo di beatificazione, se pur lentamente, continua ad avanzare.
Nasce il 6 dicembre 1920 a San Marco di Preturo (nei pressi di L’Aquila), in una modesta famiglia contadinadi nove figli che non fatica ad accorgersiche l’ultima nata non è come le altre: per la sensibilità che dimostra, per l’inclinazione alla vita religiosa, per l’attenzione che pone a tutto quello che fa e dice. La chiamano Anfrosina, forse con riferimento a Sant’Ambrogio, la cui festa viene a cadere proprio il giorno dopo la sua nascita. Nell’aprile 1931 comincia ad accusare forti dolori addominali, che ne determinano il ricovero ospedaliero a L’Aquila e il 14 maggio viene sottoposta ad appendicectomia. L’intervento chirurgico non sembra tuttavia risolvere i suoi problemi, perchè continua a non aver appetito e ad accusare i soliti dolori, che anzi si fanno via via più insopportabili. Una successiva radiografia evidenzierà una progressiva occlusione intestinale, cui neanche chirurgicamente sarà possibile porre rimedio. Sempre più indebolita e sofferente, la bambina deperisce di mese in mese e la scienza medica si dichiara impotente anche solo a mitigarne il dolore.
Consapevole del suo progressivo peggioramento, si dice preoccupata soprattutto che la morte le impedisca di ricevere la Prima Comunione. Un’ulteriore sofferenza che le viene risparmiata, perché il 13 ottobre 1932, insieme alle sue compagne, ha la gioia di ricevere Gesù per la prima volta e anche il sacramento della Cresima. Non ha però la forza di partecipare al piccolo rinfresco che la famiglia le ha preparato: ormai, i forti dolori che prova e il continuo senso di nausea le impediscono di assumere cibi solidi, ma anche i liquidi le devono essere somministrati a piccolissimi sorsi. Proprio mentre le crisi aumentano di frequenza e di intensità, in Anfrosina cresce la consapevolezza, certamente non consona alla sua età, che la sua sofferenza può essere offerta per la propria e per l’altrui salvezza. Poco più che bambina, impara in fretta, ma con maggior intensità dopo la Cresima, ad unire i suoi dolori a quelli di Gesù sulla croce, trasformandoli in dono per tutti quelli che si avvicinano al suo letto per avere da lei un aiuto, un consiglio e magari una guarigione.
L’intero Abruzzo sente in quei mesi parlare di Anfrosina e davanti casa sua si forma ogni giorno una coda di persone che lentamente sfilano al suo capezzale: sono proprio questi i testimoni privilegiati delle sue frequenti estasie dei suoi colloqui soprannaturali, al termine dei quali, con assoluta semplicità, riferisce di aver incontrato la Madonna ed i messaggi che da lei ha ricevuto. Sembra, a detta dei suoi primi biografi, che si sviluppi in lei anche la capacità di leggere nei cuori, invitando alla conversione soprattutto chi le si avvicina in stato di peccato. Al fratello maggiore, che vorrebbe chiedere un ultimo consulto medico, dice apertamente che si tratterebbe di una spesa inutile, avendo avuto comunicazione dalla Madonna di una morte imminente. Anzi, arriva il momento in cui dalla Madonna conosce esattamente il giorno e l’ora in cui sarebbe morta e lo comunica ai parenti, con la tranquillità di chi sa di finire in braccia materne che la accompagneranno direttamente in paradiso. Il mattino del 13 marzo, autorizzata dalla Madonna a rompere il digiuno eucaristico, chiede un cucchiaio di caffè caldo e si prepara a ricevere quella che sa essere la sua ultima comunione, che il parroco le porta verso le 7; a metà mattinata, dopo aver sorriso ai genitori, alzando il braccio come per tracciare un segno di croce sui presenti, si addormenta dolcemente nella morte.
L’incessante e massiccio accorrere delle persone che vogliono vederla per l’ultima volta obbligano la famiglia, prima a trasferire il feretro in piazza e poi a spostare il funerale a fine giornata del giorno successivo. Cominciano subito a verificarsi fatti inspiegabili e guarigioni che hanno del prodigioso, che altro non fanno che aumentare la fama di santità di Anfrosina; molti riferiscono anche di averla vista in sogno, soprattutto come richiamo a conversione. Così nel 1962 la diocesi inizia il processo di beatificazione di Anfrosina Berardi, mentre la sua salma viene traslata nella chiesa parrocchiale.
( Cicchetti Ivan )